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Cancro alla tiroide, in Italia -30% degli interventi chirurgici

Un’indagine condotta dall’Università di Cagliari, che ha coinvolto 1.570 pazienti in tutta l’Italia, ha messo in evidenza una drastica riduzione degli interventi chirurgici per questa patologia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dagli specialisti la richiesta di proseguire con adeguate attività di screening, chirurgiche e di follow-up per le neoplasie tiroidee

di Luigi Alfonso

La pandemia Covid-19 in Italia ha ridotto del 30% gli interventi chirurgici relativi al cancro alla tiroide. Il dato, davvero allarmante, scaturisce da un’indagine condotta dall’Università degli Studi di Cagliari, che ha coinvolto 1.570 pazienti in tutta l’Italia. Lo studio retrospettivo nazionale pubblicato sul British Journal of Surgery, promosso da Pietro Giorgio Calò e Fabio Medas del Dipartimento di Scienze chirurgiche dell’Ateneo cagliaritano, ha monitorato 28 tra i maggiori centri italiani di endocrinochirurgia. Tra gli autori dell’articolo, dal titolo “Thyroid surgery during Covid-19 pandemic in Italy”, figurano numerosi luminari della chirurgia italiana.

«Si tratta di una ricerca multicentrica che ha avuto come scopo la valutazione dell’attività chirurgica per tumori maligni tiroidei durante i primi sei mesi della pandemia in Italia», spiegano Calò e Medas, rispettivamente ordinario e ricercatore di Chirurgia generale del Dipartimento di Scienze chirurgiche. La pandemia ha rappresentato un grave onere per la salute pubblica. L’Italia è stata pesantemente colpita, con oltre 2 milioni di casi confermati e 100mila decessi. A livello globale, le autorità sanitarie hanno limitato l’assistenza medica alle procedure di emergenza, rinviando l’attività chirurgica elettiva».

Il lavoro promosso dai due specialisti dell’Università di Cagliari ha incluso in tutto 1.570 pazienti affetti da carcinoma tiroideo e ha messo in evidenza una riduzione degli interventi chirurgici per questa patologia di circa il 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. «Dallo studio è emerso inoltre che, durante i primi mesi della pandemia, le risorse sono state concentrate dalle unità operative per non ritardare gli interventi dei tumori maggiormente aggressivi», spiega Calò, che è anche direttore del Dipartimento di Scienze chirurgiche dell’Ateneo cagliaritano.

«Il nostro studio sottolinea la necessità di proseguire con adeguate attività di screening, chirurgiche e di follow-up per le neoplasie tiroidee – rimarca Medas – perché un rallentamento di queste attività potrebbe portare nel breve futuro ad un incremento dell’incidenza di tumori con caratteristiche aggressive e prognosi peggiori. È auspicabile che non siano più ritardati i programmi di screening e le visite programmate, le quali potrebbero essere spostate in contesti non ospedalieri».

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