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Economia & Impresa sociale 

Unobravo, la startup che porta lo psicologo online

Danila De Stefano, 29 anni, è CEO e founder di Unobravo: una startup innovativa nata soltanto otto mesi fa che offre terapie psicologiche online. Ha già 2mila pazienti in tutto il mondo, una rete di 200 psicologi e un transato di 1 milione di euro. Il segreto? «La qualità. Non per niente ci chiamiamo Unobravo». È una delle 25 storie di giovani che raccontiamo sul nuovo numero di Vita

di Sara De Carli

Uno bravo, di psicologo, ha provato lei per prima a cercarlo, scoprendo quanto fosse difficile e costoso. L’idea di Unobravo a Danila De Stefano è venuta così, per esperienza. In sette mesi la sua startup innovativa ha raggiunto il break even e oggi conta 2mila pazienti in terapia in tutto il mondo, una rete di 200 psicologi e psicoterapeuti, 20mila sedute svolte e un milione di euro di transato su cui Unobravo trattiene una fee di circa un terzo, quindi al momento sono suppergiù 350mila euro. Non male per un’impresa nata soltanto a giugno 2020, con un capitale sociale di 5mila euro.

Danila De Stefano, CEO e founder, napoletana, ha 29 anni. È psicologa e da 5 anni vive a Londra. Forbes l'ha appena inserita fra i 30 under30 innovativi del 2021. ​Con lei, in questa avventura imprenditoriale ci sono altre due giovani donne, Corena Pezzella e Valeria Fiorenza Perris (nella foto di copertina) che gradualmente, come lei, hanno lasciato la professione dello psicologo, con le sedute e i pazienti, per seguire la crescita della startup. «Sono partita per Londra appena laureata e ho lavorato in diverse cliniche psichiatriche e in charities, in particolare con donne vittime di traffico, una cosa molto impegnativa. Avevo 24 anni, ero al primo lavoro, io per prima ho avuto bisogno di un aiuto», racconta De Stefano. Ecco l'intuizione che ci fosse sul mercato non solo una domanda di sedute psicologiche online ma nello specifico di uno psicologo bravo che parlasse italiano, da proporre alle comunità di expat: «Non è che gli expat abbiano un bisogno particolare, all’estero spesso trovi la felicità… ma quando capita come a tutte le persone di avere una difficoltà, trovare qualcuno che parli la tua lingua e che ti capisce perché come te è un expat è un valore aggiunto», sottolinea De Stefano. L’avventura inizia così, con la «value proposition» dello psicologo online per expat, con Danila che si licenzia dalla charity e inizia a fare terapia online, autopromuovendosi sui gruppi Facebook dei nostri connazionali all’estero. Trova il nome, va online con un sito (che ha fatto da sola), fa un po’ di marketing sui social: «Le richieste sono arrivate subito, ho messo a fuoco che poteva funzionare e ho chiesto aiuto ad alcuni amici». Per un anno e mezzo le cose vanno avanti così e alla fine del 2019 Unobravo è questa cosa qui, una sorta di studio online con alcuni professionisti a partita Iva.

A cambiare le cose è un’application per Foundamenta, il programma di accelerazione di SocialFare. «Siamo stati selezionati a febbraio 2020, è stato l’ultimo viaggio prima del Covid. Quando siamo andati a Torino avevamo una decina di psicologi e 40 pazienti. L’accelerazione è stata letterale… a settembre 2020 abbiamo concluso il programma che avevamo già un migliaio di pazienti e 70 terapeuti», ricorda De Stefano.

Siamo stati selezionati per Fondamanta a febbraio 2020, è stato l’ultimo viaggio prima del Covid. Quando siamo andati a Torino avevamo una decina di psicologi e 40 pazienti. L’accelerazione è stata letterale… a settembre 2020 abbiamo concluso il programma con già un migliaio di pazienti e 70 terapeuti

Danila De Stefano

Cosa è cambiato? «Tutto. Soprattutto sono cambiata tantissimo io, sono un’altra persona rispetto a un anno fa. Ci ha dato una consapevolezza imprenditoriale che prima non avevamo: eravamo state delle sarte molto brave, ma a livello imprenditoriale ci mancava tantissimo, dalle competenze finanziarie a quelle di marketing. Ci hanno messo a disposizione un menton per il business development, abbiamo maturato un mind set diverso, da startup. Anche quella è una scelta, potevamo restare così. Io invece sono rimasta assolutamente affascinata dal mondo delle startup, così Unobravo l’abbiamo fatta nascere subito come startup. Ho deciso che dovevamo essere così, una cosa kamikaze, crescere tanto e velocemente». All’atto costitutivo, Unobravo si presenta forte di un primo round di investimenti che ha raccolto 150mila euro complessivi da Social Fare e Cassa Depositi e Prestiti: «Ora puntiamo direttamente a un serie A a fine anno, per diventare un'azienda ancora più solida». «Ho capito che poteva funzionare davvero perché man mano che ci allargavamo le cose continuavano ad accadere nello stesso modo. Funzionava e avevamo un ottimo riscontro. E poi abbiamo attratto l’interesse di investitori e potenziali partner, anche questo ci fa dire che l’idea funziona», ammette De Stefano.

Intanto la svolta c'è stata, complice anche il Covid che ha sdoganato la terapia online e «ha mostrato che non è così diverso, negli USA da 10 anni ci sono studi che mostrano che terapia online è parimenti efficace… Adesso l’abbiamo sperimentato tutti, anche se è ovvio che ci sarà sempre chi preferisce il vis à vis», dice De Stefano. A dicembre 2020 Unobravo ha raggiunto il break even, gli psicologi e psicoterapueti che collaborano sono più di 200, per il 98% in Italia «ma anche con quattro colleghi all’estero, in Usa, Canarie, Barcellona e Polonia. Siamo stati di grande aiuto anche per gli italiani in Italia, la terapia in Italia la facciamo con tutti, non solo per gli expat anche se abbiamo pazienti in tutto il mondo, per esempio in Nuova Zelanda o in Sudamerica».

È un attimo che si sbaglia. Il nostro punto di forza è l’organizzazione, perché chi ben si organizza è a metà dell’opera. Posso dire con fierezza che la nostra struttura, per quanto di giovani che non hanno mai fatto corporate, non è niente male perché non lascia niente al caso

«È una faticaccia», ammette De Stefano. «È un attimo che si sbaglia. La nostra fortuna è il team, nato anche grazie all’incontro con SocialFare. Eravamo tre, poi si è appassionato il mio compagno, Gregorio Diodovich, che è ingegnere e analista e fa monitoraggio dei dati, poi ho cercato e scelto un programmatorie per un nuovo sito, adesso c’è un team di sviluppo… Per l’acquisizione usiamo Facebook Ads, Google Ads, tra poco con Youtube. È un’acquisizione full digital. Il nostro punto di forza è l’organizzazione, perché chi ben si organizza è a metà dell’opera. Posso dire con fierezza che la nostra struttura, per quanto di giovani che non hanno mai fatto corporate, non è niente male perché non lascia niente al caso. Se la qualità non viene rispettata agiamo, non c’è nulla di arrabattato. Per esempio non tutti i colleghi hanno fatto esperienza di terapia online prima di arrivare da noi, quindi li formiamo perché se è vero che adesso tutti siamo più aperti a questa opzione, è anche vero che non si può improvvisare soprattutto se si trattano casi complessi, ci sono alcune difficoltà che preferiamo non trattare infatti: entriamo nella case delle persone, a volte succede qualcosa proprio durante la terapia… è diverso da quando hai uno studio. Online si sdoganano tantissime cose e come su internet tutti scrivono commenti più facilmente, così online ci si apre prima, ci vuole paradossalmente meno tempo per instaurare un legame di fiducia».

Ecco il punto. La promessa di Unobravo viene mantenuta? «Certo. È il motivo per cui funzioniamo. Abbiamo un dipartimento di 10 persone che si occupano solo di supervisione e monitoraggio e uno di altre 10 persone per la selezione e il recruitment. Siamo molto attenti. Selezioniamo, formiamo, monitoriamo gli psicologi, chiediamo feedback in continuazione ai pazienti, se qualcosa non va non facciamo finta di nulla».

Quella di Unobravo è una delle 25 storie di giovani che si sono messi al lavoro che raccontiamo sul nuovo numero di Vita, in distribuzione dal 5 marzo. Siamo andati a conoscere tanti startupper, imprenditori sociali, benefit manager, cooperatori e worker buyout. Per scaricare il numero vai allo shop online.


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