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Welfare & Lavoro

Di Matteo: «Draghi metta mano a una riforma fiscale sulle grandi rendite finanziarie e immobiliari»

Parla il presidente nazionale del Movimento Cristiano del Lavoratori: «Dobbiamo lasciarci definitivamente alle spalle il tempo dei sussidi a pioggia e dell’assistenzialismo, che tanto male hanno fatto alla nostra economia. Servono piuttosto politiche attive del lavoro, insieme a un programma di rilancio della competitività delle nostre aziende. Oltre a un progetto corposo di formazione per i giovani, per i lavoratori e per chi ha perso il lavoro: misure poderose per rimettere al centro la dignità dei cittadini rilanciando l’occupazione e la qualità della vita»

di Redazione

Dallo scorso 23 gennaio Antonio Di Matteo è il presidente nazionale del Movimento Cristiano Lavoratori. Di Matteo, lei eredita la guida del Movimento Cristiano Lavoratori in un momento delicatissimo per la vita economica e sociale del Paese. Il primo riferimento è a papa Bergoglio: «La pandemia ha fatto luce su tutta una serie di criticità che finora giacevano più o meno nascoste nelle pieghe della società. E’ un fatto che temi come il lavoro che manca, la disoccupazione specie giovanile, il gap esistente tra livelli retributivi delle donne rispetto agli uomini, un sistema di welfare che non è più in grado di dare risposte adeguate alle emergenze sociali sono tutte questioni che già esistevano, solo che oggi non possiamo più nasconderci dietro un dito. Quello che come organizzazione cattolica incentrata sui temi del lavoro ci sentiamo di fare è rilanciare la speranza nel futuro, ripartendo da quelle che sono le parole di papa Francesco nella sua Enciclica Fratelli tutti: “il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo per guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere se stessi” (punto 162). Ecco, qui sta la chiave di volta del nostro essere cattolici impegnati nel sociale e sul fronte del lavoro: pensare alle ragioni dell’economia ma sempre in una chiave che ponga al centro la persona nella sua interezza e in funzione di uno sviluppo che non perda mai i connotati ‘umani’ e l’attenzione al ‘creato’.

I dati ufficiali dicono che alla fine dell'anno scorso la perdita di occupati si è attestata sulle 444 mila unità. Prevalentemente donne. I giovani risultano meno, semplicemente perché è aumentato il tasso di inattività. Come intervenire? Basta la proroga dello stop ai licenziamenti fino a giugno?
La proroga dei licenziamenti è sicuramente una misura necessaria per non aggravare nel breve periodo la situazione già pesantissima dell’occupazione. E tuttavia si tratta solo di una misura tampone, che servirà solamente a spostare il problema in là nel tempo. Quello che davvero serve è proteggere il futuro mettendo in campo investimenti lungimiranti, da accompagnare a politiche attente anche all’aspetto ecologico, che siano in grado di rilanciare il circuito virtuoso della produzione, rimettendo in moto la domanda interna. Solo in questo modo si potranno dare risposte vere ai nostri giovani, i più penalizzati dalla crisi occupazionale. E’ un preciso compito che ricade sulla nostra generazione, questo: occuparsi dei giovani significa occuparsi responsabilmente del futuro. E negare loro la possibilità di studiare, di lavorare e di progettare la vita, costringendoli tra il precariato e la fuga all’estero, significa non avere a cuore il futuro del Paese.

Lo ha detto lo stesso ministro Di Maio: il Reddito di Cittadinanza va riformato. In quale direzione secondo lei?
Noi del Mcl siamo convinti che dobbiamo lasciarci definitivamente alle spalle il tempo dei sussidi a pioggia e dell’assistenzialismo, che tanto male hanno fatto alla nostra economia. Servono piuttosto politiche attive del lavoro, insieme a un programma di rilancio della competitività delle nostre aziende. Oltre a un progetto corposo di formazione per i giovani, per i lavoratori e per chi ha perso il lavoro: misure poderose per rimettere al centro la dignità dei cittadini rilanciando l’occupazione e la qualità della vita.

Ritiene necessario un intervento sulla fiscalità in modo da alleggerire imprese e lavoratori a scapito per esempio delle rendite finanziarie e immobiliari?
Da tempo andiamo invocando una riforma fiscale che alleggerisca il carico sul lavoro dipendente per ridare respiro alle imprese e ai lavoratori stessi. Sotto questo punto di vista potrebbero avere una logica anche misure che puntino a spostare sulle rendite finanziarie e immobiliari il carico delle imposte, ma senza colpire i piccoli patrimoni, magari frutto di eredità familiari e di tanti sacrifici. Insomma la logica deve essere quella di mantenere la gradualità del carico fiscale. Serve, come anche il premier Draghi ha indicato, una riforma complessiva, che sia guidata da una capacità di visione che finora è mancata. Noi ci battiamo da sempre per un fisco più equo, a misura di famiglia, con provvedimenti che, se ben ponderati, potrebbero dare sollievo a tante famiglie rilanciando anche i consumi.


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