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Dopo vent’anni di crescita l’immigrazione è quasi a saldo zero, ed è un problema

Dopo quasi un ventennio di dinamica migratoria impetuosa, i dati di bilancio demografico mostrano che nel 2020 gli ingressi dall’estero hanno grossomodo corrisposto alle uscite. Lo studio e l'analisi dell'Istituto Carlo Cattaneo

di Redazione

Dopo quasi un ventennio di dinamica migratoria impetuosa, il nuovo bilancio demografico diffuso dall’Istat mostra che nel 2020 gli ingressi dall’estero hanno grossomodo corrisposto alle uscite. La pandemia, e le restrizioni con cui si è cercato di combatterla, hanno molte responsabilità in questo calo, ma uno sguardo di più lungo periodo sui dati rivela che, pur avendo mantenuto il segno positivo, il saldo migratorio aveva smesso di crescere già dopo il 2008, con lo scoppio della prima crisi economica. Tanto l’espansione quanto la contrazione successiva sono largamente da imputare a cambiamenti strutturali avvenuti nella demografia e nel mercato del lavoro. L’analisi dell'Istituto Cattaneo mostra che la composizione demografica del mercato del lavoro italiano nel primo decennio del nuovo secolo soffriva di livelli di carenza di manodopera decisamente elevati, in particolare nelle aree del Centro-Nord e nei settori del mercato del lavoro in cui le mansioni sono poco qualificate, poco remunerate e faticose.

Il futuro, però, sembra riservare livelli di carenza di manodopera non solo superiori a quelli attuali, ma estesi anche a settori dell’offerta fino a oggi sovrabbondanti, in particolare nelle regioni meridionali del paese e perfino tra i diplomati e i laureati. Il carattere recessivo della dinamica migratoria si somma al declino demografico in atto da tempo aggravando potenzialmente difficoltà già molto estese nei processi di ricambio della forza lavoro. Se, come tutti ci auguriamo, l’economia si riprenderà, è quindi probabile che le immigrazioni riprendano con rinnovato vigore.

Il 26 marzo di quest’anno l’Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica, ha diffuso i dati relativi al bilancio demografico per l’anno 2020. Tra le molte peculiarità di un anno diverso da tutti quelli che l’hanno preceduto – a causa della pandemia e delle restrizioni che ne sono conseguite, tra le quali quelle riguardanti la mobilità delle persone – una rischia di passare inosservata. Eppure si tratta di un dato davvero sorprendente. Come mostra la figura, infatti, dal 1972 l’Italia ha interrotto una tendenza secolare e invertito per la prima volta il suo saldo migratorio da negativo a positivo. Da quell’anno, con alcune eccezioni negli anni Ottanta, gli ingressi hanno costantemente superato le uscite. Ma è in particolare nel nuovo secolo che la crescita è stata impetuosa, fino a toccare un picco nel 2007, quando le iscrizioni in anagrafe dall’estero superarono le cancellazioni di quasi mezzo milione di unità.

Nel 2020 però, il saldo migratorio italiano ha registrato un vero e proprio brusco crollo, tornando ai livelli precedenti il boom migratorio avviatosi a inizio secolo. Gli ingressi hanno sperato le uscite di poco meno di 80 mila abitanti. In un paese in cui, nel decennio precedente, gli ingressi avevano superato le uscite al ritmo di 200 mila unità in media ogni anno, e in quello 2000-09 le avevano superate addirittura di 250 mila unità in media ogni anno, si tratta di una svolta storica.


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