Cooperazione & Relazioni internazionali

Oxfam: «Aumenta l’aiuto ai Paesi poveri dalla Ue, ma l’Italia taglia 270 milioni»

Oltre 72 miliardi di dollari in Aiuto Pubblico allo Sviluppo ai paesi poveri dai 19 maggiori donatori europei, 161 miliardi dal totale dei paesi Ocse. Italia in controtendenza in calo del 7,1%: da 3.940 milioni nel 2019 a 3.670 milioni di euro nel 2020

di Redazione

Mentre l’impegno dei maggiori paesi donatori europei a sostegno della cooperazione cresce nel 2020, l’Italia taglia di ben 270 milioni i fondi dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), destinati a sostenere la ripresa dei paesi poveri dalla pandemia, passando da 3.940 milioni nel 2019 a 3.670 milioni di euro nel 2020, con un calo del 7,1% in termini reali. Un dato su cui incide da un lato il crollo del 23% dell’aiuto bilaterale – ossia dell’impegno diretto dell’Italia nel sostegno ai paesi in via di sviluppo – e dall’altro la mancanza di trasparenza, anche per il 2020, negli stanziamenti in aiuto allo sviluppo gestiti dal Ministero degli Interni, che vengono riconosciuti come tali solo in minima parte dall’Ocse. Un quadro quindi che vede l’Italia fare marcia indietro nel proprio impegno a sostegno dei paesi poveri, nel momento in cui sarebbe ancora più necessario a causa dell’impatto devastante della pandemia.

Oxfam, commentando i nuovi dati Ocse ha parlato di promessa tradita. «Il quadro generale mostra uno stanziamento totale in aiuto pubblico allo sviluppo dai Paesi Ocse di 161,2 miliardi di dollari nel 2020 (+3,5% rispetto al 2019), di cui 72,7 miliardi dai 19 maggiori donatori europei, con un aumento del 7,8% rispetto al 2019 e una media dello 0,50% in rapporto al loro reddito nazionale. Solo 6 i paesi che centrano l’obiettivo dello 0,7%, in linea con gli impegni presi in sede internazionale oltre 50 anni fa e con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: Svezia, Norvegia, Lussemburgo, Danimarca, Germania e Regno Unito, che comunque riduce il proprio impegno».

Al contrario, secondo le stime di Oxfam, se i paesi ricchi avessero mantenuto la loro promessa, i budget per gli aiuti sarebbero stati aumentati di 190 miliardi di dollari nel solo 2020, più che sufficienti per i paesi a reddito medio-basso per vaccinare l'intera popolazione dei paesi a basso e medio reddito e garantire l'istruzione di base per tutti.

Nel complesso dei paesi Ocse, gli Usa restano il maggiore donatore, seguiti da Germania, Regno Unito, Giappone e Francia. Tra i paesi che hanno fatto registrare gli aumenti più significativi Canada, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Ungheria, Norvegia, Repubblica slovacca, Svezia e Svizzera.

In totale controtendenza, specie tra i paesi Ue, l’Italia che nel 2020 si ferma appena allo 0,22% dei fondi destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo, in rapporto al proprio reddito nazionale, nonostante il calo del Pil dovuto alla pandemia, senza il quale si sarebbe attestata allo 0,20% o anche più giù. Nella lista dei 13 paesi che diminuiscono il loro impegno, spiccano inoltre Australia, Corea e Regno Unito.

«I dati generali pubblicati oggi da Comitato Sviluppo dell'OCSE sono un primo passo positivo a livello globale, ma rappresentano una goccia nel mare», ha detto Francesco Petrelli, senior policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia, «Sebbene in generale questo aumento fornisca un'ancora di salvezza per milioni di persone che vivono in povertà in tutto il mondo, non basta ai paesi più poveri per rispondere alla crisi imposta dal Covid-19. Nel 2020, i paesi ricchi hanno speso lo 0,32% del loro reddito nazionale lordo in aiuti, rispetto allo 0,30% del 2019. Un aumento positivo, ma in parte dovuto al calo dei redditi nazionali, che tiene ancora la stragrande maggioranza dei paesi lontani dall’obiettivo dello 0,70%».

L’aiuto italiano cala e continua ad essere distorto dalla mancanza di trasparenza del Ministero dell’Interno

Anche nel 2020, nonostante il calo degli arrivi di migranti degli ultimi anni, si aggrava il tema della mancanza di trasparenza dei fondi gestiti dal Ministero dell’Interno. Quelli rendicontati all’OCSE nel 2020 passano da 397 milioni a 206 milioni, pari alla metà dell’anno precedente, a fronte di un 1,5 miliardi inseriti inizialmente in legge di bilancio, come “spesa rifugiati” in Italia. Allo stesso tempo cala da 248 a 233 milioni di euro, anche l’aiuto italiano per i paesi più poveri e (estremamente) fragili.

«Mentre l’impegno italiano si riduce», aggiunge Petrelli, «La mancanza di trasparenza nelle allocazioni del Ministero dell’Interno, fa sì che ben oltre 1 miliardo di euro anche nel 2020 non venga correttamente destinato allo sviluppo dei Paesi più poveri, ma nemmeno al miglioramento delle politiche di integrazione dei migranti arrivati in Italia. A destare inoltre enorme preoccupazione, a causa dell’ingente calo dell’aiuto bilaterale, è la rinuncia dell’Italia a giocare qualsiasi ruolo e funzione in aree strategiche anche per gli interessi del nostro Paese, come il Mediterraneo e l’Africa. Al contrario di quanto esternato più volte recentemente sia dal Ministro degli Esteri Di Maio, che dal Premier Draghi. A questo si aggiunge l’impatto umanitario di una riduzione dell’impegno in aree e paesi stremati da conflitti, cambiamento climatico e adesso dalla pandemia, che eppure sono indicati come prioritari nei documenti strategici delle politiche di cooperazione italiane. Da paesi mediterranei quali la Tunisia o il Libano, africani dal Sudan all’ Etiopia a rischio di catastrofe umanitaria all’Iraq nell’area medio orientale».

Aumentano dai paesi Ocse gli aiuti sotto forma di prestiti: urgente lavorare per la cancellazione del debito dei paesi poveri

Mentre i paesi ricchi hanno adottato misure eccezionali per rispondere alla pandemia impiegando migliaia di miliardi per finanziare i piani nazionali per la ripresa – avverte Oxfam – la stessa urgenza dovrebbe guidare la loro risposta internazionale: aumentando i budget per gli aiuti, riallocando i loro diritti speciali di prelievo e agendo con urgenza sulla cancellazione del debito dei paesi poveri. Al contrario molti aiuti continuano ad arrivare tramite prestiti.

«Siamo di fronte a un’azione paradossale che rischia di non lasciare nessuna possibilità di ripresa ai paesi più poveri», conclude Petrelli, «Adesso è il momento delle sovvenzioni a dono, non dei prestiti seppure a interessi agevolati, che paesi in ginocchio, non sono in grado di pagare. È necessario consentire ai paesi a basso reddito di rafforzare tutte le forme di protezione sociale, di investire in ospedali e scuole, fornire vaccini, test e trattamenti COVID-19, sostenere i loro sistemi sanitari e la capacità di produrre vaccini. Un passo importante, che deve essere accompagnato dal rendere i brevetti dei vaccini Covid un bene pubblico globale».

Sul tema colpisce infatti quanto poco ha fatto la cooperazione italiana sul fronte della pandemia e nel settore sanitario.

«Nei dati disaggregati forniti dall’OCSE espressi in dollari, l’Italia nel 2020 ha impegnato 98 milioni in attività relativa al Covid e solo 11 nel settore sanitario, nulla a fronte ai più di 2 miliardi della Francia o al miliardo e mezzo della Germania e persino inferiori ai 208 milioni della più piccola cooperazione spagnola di cui ben 48 impiegati nel solo settore sanitario», conclude Petrelli, «Probabilmente a causa degli effetti ritardati della recessione globale imposta dalla pandemia, nel 2021 assisteremo a maggiori tagli negli aiuti da parte dei paesi ricchi. Fin da ora lanciamo quindi un appello a compiere prima di tutto una scelta politica, dimostrando lungimiranza e solidarietà nel momento più necessario».


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