Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

Gli Inuit si riprendono la Groenlandia

A febbraio in Groenlandia è caduto il governo social-democratico al governo dal 1979. Le elezioni sono state vinte dal partito ambientalista e contrario allo sfruttamento dei giacimenti di metalli rari del monte Kuannersuit

di Luca Cereda

In lingua groenlandese si chiama “Kalaallit Nunaat”, letteralmente la “terra degli uomini”: la Groenlandia ora è anche la terra dove la natura ha vinto anche in politica. E non solo perché in danese Grønland significa letteralmente “Terra verde”. Infatti i socialdemocratici del partito Siumut, che è al governo dal 1979 – con il 29% dei voti – è caduto ed è stato battuto dagli ambientalisti di sinistra e indipendentisti di Inuit Ataqatigiit (letteralmente, “Comunità Inuit”) che sono dal 26 al 37%. Al terzo posto i centristi indipendentisti di Naleraq con il 12% (stabili) mentre i Democratici, di centrodestra, sono crollati dal 19 al 9%.

Che significato sociale, politico e ambientale ha questa vittoria

Molto probabilmente Inuit Ataqatigiit formerà un governo insieme a Naleraq, ma le congratulazioni dei partiti della sinistra danese, la Lista Unita rosso-verde e il Partito Popolare Socialista cela, ma neppure troppo il carattere ambientalista di questa vittoria.

L’enorme isola – che costituisce dal ’79 una nazione autonoma in seno alla Danimarca – del Circolo Polare Artico ha solo 56mila abitanti, ma le elezioni per il rinnovo dei 31 membri dell’assemblea della Groenlandia sono state seguite con attenzione in tutto il mondo. In modo particolare dagli Stati Uniti – per la vicinanza geografica -, dalla Cina – per l’interesse nel creare una via della Seta marittima -, ma anche dalla Russia – che da sempre è geograficamente dominante nel “passaggio a Nord-Ovest” -.

Quella gigantesca isola nordamericana, già colonia dei vichinghi nel Medioevo, oggi è uscita dal suo dimenticatoio ghiacciato grazie, o meglio, a causa dell cambiamento climatico. Non soltanto sta tornando la “terra verde” come dice il suo stesso nome danese, e per questo fu apprezzata dagli agricoltori vichinghi, ma lo scioglimento dei ghiacci sta rivelando importanti giacimenti di terre rare, uranio, idrocarburi, oro.

La Groenlandia e le terre rare

Pochi, se non nessuno, prima di questo scioglimento dei ghiacci boreali, avrebbe considerato meno ancora che locali queste elezioni. Ma il fatto che con la fusione dei ghiacci le enormi risorse minerarie siano più accessibili ha acceso gli appetiti di molti. Anche perché nel cuore del Monte Kuannersuit, secondo alcuni calcoli, ci sarebbe il maggior giacimento in tutto l’Occidente di terre rare. Possedute o controllate ad oggi, al 90% dalla Cina.

Le terre rare sono fondamentali in ogni chip: in ogni computer e smartphone, ma anche in ogni altra apparecchiatura ad alta tecnologia, dalle automobili fino ai citofoni. Questi materiali, nonostante non siano preziosi in piccole quantità come l’oro e l’argento, lo sono in larga scala, dato appunto il largo utilizzo che ne viene fatto oggi e la crescita esponenziale della domanda negli ultimi anni. La fusione dei ghiacciai millenari della Groenlandia, espone giacimenti intatti di questi materiali che possono, perciò, essere raggiunti con sforzi relativamente bassi.

Ecco perché le elezioni della “Terra degli uomini” interessano tutti e sono, almeno nel post elezioni, una vittoria ambientalista.

Il ruolo del Monte Kuannersuit alle elezioni

Il cambiamento climatico e i suoi effetti siano già attori fondamentali – in Groenlandia ma non solo – degli stravolgimenti socio-economici, geopolitici e ambientali in corso. La Groenlandia, infatti, risente sempre più degli effetti del riscaldamento globale, vedendo sciogliere ogni anno circa 280 miliardi di tonnellate di ghiaccio. Mentre le forze politiche locali si sono divise sul progetto di sfruttamento del grande giacimento di terre rare e di uranio – e il quinto al mondo, secondo le stime – del Monte Kuannersuit, il partito “Comunità Inuit” che si fonda sulla protezione di istanze ambientaliste, ha ottenuto la vittoria: puntando anche a preservare i ghiacci, senza opporsi all’estrazione di Terre rare o uranio del sottosuolo. Ma non dal Monte Kuannersuit.

Inoltre va detto che sono state questioni ambientali a far cadere il precedente governo: le proteste degli ambientalisti e degli abitanti di Narsaq, una cittadina vicina al sito minerario, preoccupati dell’impatto sull’ambiente e sulla pesca dei detriti radioattivi, hanno convinto alcuni democratici a a far rivedere al Premier alcune concessioni rilasciate per la realizzazione di una miniera sotto il. Monte Kuannersuit all’australiana Greenland Minerals, la cui maggiore azionista è la Shenghe Resources, ovvero una delle più grandi società cinesi specializzate nell’estrazione dei metalli rari, fondamentali per la realizzazione di dispositivi high-tech come smartphone, turbine eoliche, monitor, ma anche automobili elettriche e armi. A quel punto i Primo ministro ha ritirato la concessione e i favorevoli allo sfruttamento del giacimento, hanno ritirato l’appoggio e sono state indette le elezioni anticipate vinte però da Inuit Ataqatigiit.

Gli interessi internazionali influiranno anche dopo il voto in Groenlandia?

Il voto dei 56mila abitanti della Groenlandia tiene con il fiato sospeso Stati Uniti e Cina che si contendono da tempo l’isola delle terre rare. Gli appetiti – è forse il cado di definirli così – dei diversi contendenti mondiali, però, puntano ancora a giocare un ruolo attivo nella zona, nonostante la direzione intrapresa dalla elezioni. Washington da decenni possiede in Groenlandia varie basi militari della Nato, tra cui una per il lancio di missili balistici, ma l’isola “interessa” soprattutto per le sue risorse: tanto che nel 2019 il governo di Copenaghen dovette declinare l’offerta dell’allora presidente Trump di acquistare il protettorato danese. Recentemente, gli Usa hanno offerto la loro collaborazione per la realizzazione di tre nuovi aeroporti nell’isola ricoperta quasi interamente dai ghiacci.

Anche alla Cina fanno gola le strategiche riserve di terre rare, ma il colosso asiatico è interessato a costruire una “via della seta marittima”, che si sta aprendo con la riduzione dei ghiacci che sta facendo diventare praticabili i collegamenti commerciali nella regione artica.

Il futuro della Groenlandia: pedina o protagonista?

Il futuro della Groenlandia potrà essere quello di una pedina nel gioco (e conflitto economico) mondiale che stiamo vivendo. Tornerà di attualità il controllo dei mari, laddove essi rappresentano passaggi chiave per il traffico di merci. Così come potrà diventate all’improvviso appetibili per Corporation e potenze, come da anni è l’Amazzonia, il delta del Niger o il Congo – come testimonia drammaticamente la “vicenda Attanasio” con la patria degli Inuit che conoscerà uno sfruttamento selvaggio delle proprie risorse naturali e sociali, e una indelebile contaminazione ambientale.

Ma “Kalaallit Nunaat”, la “terra degli uomini”, la Groenlandia potrà anche avere un altro ruolo, la cui recente elezione ha segnato forse il primo passo: mediare tra lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo – utile a rafforzare l’economia di un territorio che dipende in particolare modo dalla pesca, dal turismo e dai sussidi del governo danese – e la volontà di salvaguardare l’ambiente e di evitare eccessive ingerenze da parte di paesi e Corporation straniere.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA