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Astarte, la casa editrice “al femminile” sul dramma delle migrazioni

La prima spin-off umanistica dell’Università di Pisa è nata in tempi di pandemia dal sogno delle tre fondatrici Carolina e Anita Paolicchi e Francesca Mannocci che attraverso la narrativa, la poesia, l’arte e la saggistica danno voce agli autori del bacino Mediterraneo per raccontare al meglio la complessità del presente

di Alessandro Puglia

«Dichiaro che non c’è altro essere umano/ all’infuori di colui il cui cuore trema di amore». Sono versi del poeta e romanziere marocchino Abdellatif Laâbi, fondatore nel 1966 della rivista letteraria Souffles e condannato a dieci anni di prigione per la sua attività di intellettuale dal regime dittoriale di Hassan II. I versi di Laàbi, come i testi di altri autori del bacino Mediteranneo trovano oggi uno spazio interamente dedicato a loro nella casa editrice Astarte, nata in tempi di pandemia a Pisa, dal sogno diventato realtà delle tre fondatrici: Carolina e Anita Paolicchi e Francesca Mannocci. Carolina e Anita, 27 e 31 anni sono sorelle. Carolina è una linguista, specializzata in traduzione letteraria ed esperta di letteratura sulla migrazione. Anita è una storica dell’arte, con un percorso universitario tra l’Italia e l’Est Europa dove ha studiato i fenomeni di transculturalità artistica. Nel 2009 conosce Francesca al primo anno di università a Pisa e nasce subito una profonda amicizia proiettata a quel “creare” qualcosa insieme che si concretizza 10 anni dopo, anche grazie alla complicità del papà di Carolina e Anita, Aldo Paolicchi che da grande amante della letteratura crede nel sogno delle tre fondatrici.

Astarte edizioni, dal nome di Astarte, figura mitica che porta luce nelle tenebre, è da settembre 2020 anche un’azienda Spin-Off dell’università di Pisa, la prima nel settore umanistico. Oggi ha all’interno più comitati scientifici di cui fanno parte ricercatori e professori delle università di Pisa, Firenze, Salerno, Roma 1, Venezia e Aix-Marseille. Per sostenersi economicamente ha avuto accesso agli strumenti di microcredito della Regione Toscana destinati alle start-up al femminile.

«Ci chiedevamo cosa fare per mettere in piedi una casa editrice non generalista convinti che la lingua strutturi la complessità », spiega oggi Carolina Paolicchi dal suo divano di casa, già perché è proprio in casa di Carolina che la casa editrice Astarte ha la sua sede fisica. «Così è stato anche più facile lavorare, soprattutto in tempi di pandemia», chiosa.

Astarte ha una collana di poesia e narrativa, Azzurra, nata proprio per raccontare il Mediterraneo e ha già all’attivo varie uscite: i poeti marocchini Abdellatif Laabi e Hassan Najmi e l’autrice algerina Maissa Bey. La collana Arti congeneri sulle arti applicati in un ottica di transculturalità e poi ancora Livorno città gente mare, più incentrata a livello locale e Mediterranea 22 con album illustrati tra parole, fotografie e documenti antichi. E presto ci sarà anche una collana di saggistica.

La carta utilizzata: «è quella buona, dall’odore buono», dice Carolina spiegando l’utilizzo di materie prime che derivano esclusivamente da materiale riciclato e derivanti da piantagioni e foreste gestite in maniera sostenibile.

Con Astarte edizioni il racconto sul Mediterraneo diventa declinazione di popoli e culture rendendo così la narrazione priva di quei luoghi comuni imperanti sul grande tema delle migrazioni. Portando a galla i versi, le parole più feconde dell’anima nelle storie di chi ha subito e continua a subire violenze indicibili nella speranza di raggiungere un luogo migliore.

Versi come quelli dedicati proprio dal poeta marocchino Laabi al piccolo Aylan Kurdi nella poesia Aylan di Siria, il bimbo siriano di tre anni fotografato nel 2015 senza vita nella spiaggia di Bodrum in Turchia e diventato uno dei simboli del mondo sulle migrazioni del nostro tempo. Oggi, recitano quei versi, Aylan è sulla «spiaggia di un altro mondo/ per andare a saltare sulle ginocchia e la schiena/ di un altro mare/ che non gioca a giochi da villani/ Aylan è cresciuto/ quest’anno/ finisce la materna».

Credit foto: Anita Paolicchi, Carolina Paolicchi e Francesca Mannocci. Foto di Roberto Cappai


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