Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

Con Refiloe e Henoc il calcio fa scuola

Sono due giocatori del Milan: lei pilastro della squadra femminile, lui goleador in quella under 18. Hanno incontrato gli studenti di un grande istituto alle porte di Milano per discutere di razzismo e di discriminazioni di genere. Tante domande per due giocatori che hanno sempre reso pubblico il loro impegno e le loro idee

di Redazione

Campioni nel senso pieno del termine: lei, Refiloe Jane, detta Fifi, nata a Soweto, in Sudafrica, nel 1986; lui Henoc N’Gbesso, nato a Brescia nel 2003 da genitori ivoriani. Lei centrocampista e colonna del Milan femminile, lui attaccante goleador del Milan under 18. Sono stati i protagonisti di un incontro con oltre 200 studenti delle quinte liceo dell’Iss Falcone-Righi di Corsico, alle porte di Milano. L’incontro fa parte di un ciclo organizzato da Vita, “Tutti i colori dello sport” e voluto dall'Associazione Calcio Milan, per approfondire uno dei punti chiave del manifesto lanciato dalla proprietà del club, “Respact”. L’obiettivo è quello di combattere razzismo e discriminazioni di genere, iniziando proprio dalle scuole: uno dei pilastri del manifesto è proprio quell’educazione, e il ciclo si inscrive proprio in questo quadro. L’incontro è iniziato proprio con una berve presentazione del manifesto da parte di Martino Roghi, Csr e Sustainubilty manager di Ac Milan e un saluto della dirigente scolastica Maria Vittoria Amantea.

Il dialogo con quei campioni che hanno messo in campo un impegno personale su temi tanto d’attualità, è uno strumento molto efficace per aprire brecce e incentivare i ragazzi ad una riflessione profonda. È quanto si è riscontrato nell’occasione dell’incontro con Refiloe Jane ed Henoc N’Gbesso: gli studenti si sono presentati con una batteria di domande, messe a punto in confronti in classe guidati dai professori che hanno creduto molto in questa opportunità. Refiloe Jane viene da Soweto. Il suo nome, Refiloe, significa dono, perché per sua mamma fu una gravidanza inaspettata. A casa ha lasciato due fratelli, più altri sette, figli di suo padre. Il talento per il calcio l’ha portata in giro per il mondo, da Manchester a Canberra, in Australia, fino all’approdo al Milan. Alle domande con le quali i ragazzi la bersagliano, risponde sempre con calma e precisione, in inglese. «Il mio obiettivo tramite il calcio è cambiare quante più vite possibile, dare una speranza, aprire una possibilità, anche piccola, che magari si pensava insperata», ha spiegato. «Con il mio esempio dimostro loro che tutto è possibile e che nessun obiettivo è vietato. E voglio che sia così anche per le ragazzine che oggi vivono dove sono nata io». Racconta come il calcio sia stato per lei una salvezza: «Il calcio è stata la mia fuga da tutte le tentazioni: uscivo all’alba, tornavo a notte fonda, passavo la giornata a giocare a pallone. E così, dandomi un obiettivo nella vita, mi sono salvata».

Anche Henoc N’Gbesso è stato sottoposto ad un fuoco di fila di domande, alle quali ha risposto mostrando una consapevolezza fuori dal comune. Lui è nato nella stessa provincia dov’è nato Balotelli e proprio una sua uscita pubblica contro i fischi razzisti all’ex giocatore della nazionale e del Milan, aveva colpito tutti: «La ferita di Mario me la sono sentita addosso». Gli è stato chiesto quali misure secondo lui sono utili per combattere il razzismo negli stadi e lui ha indicato il modello inglese, dimostrando di conoscerlo molto bene: «Lì sono molto attenti ai comportamenti e alle parole. Ci sono tanti microfoni intorno al campo e anche sugli spalti che intercettano chi si abbandona a reazioni intolleranti». Secondo lui è giusto sospendere le partite in casi di “violenza verbale” da parte dei tifosi: «È una scelta dura, ma così i tifosi si accorgono di cosa perdono a comportarsi in quel modo». Uno studente gli ha chiesto come reagisce quando sente un insulto razzista: «Semplice, segno un gol. Così quel tifoso deve ricacciarsi in gola l’insulto». Sullo schermo della diretta si è visto più di qualcuno applaudire…


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA