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Emmanuel Mounier: attualità di un inattuale

La crisi che stiamo attraversando non ha soluzioni facili, ma la riflessione di un grande pensatore come Emmanuel Mounier può aiutare a tracciare una rotta. Con alcuni punti fermi: la dignità della persona umana e il necessario legame tra libertà e sviluppo

di Giuseppe Capsoni* e Angelo Palmieri

Il pensiero filosofico di Mounier si sostanzia nel considerare il richiamo alla persona umana nella sua dignità, nella sua capacità di espansione verso la pienezza di sé e quindi alla dimensione esistenziale della soggettività come resurrezione spirituale, come libertà e capacità di conquista.

Viviamo oggi un particolare contesto di smarrimento e di scissione, di pluralità conflittuale e di smarrimento, di contrasto tra saperi e credenze, un tempo caratterizzato da riferimenti etici sempre più deboli. La pandemia, che a livello mondiale stiamo vivendo e sperimentando, ne è eloquente segno. La società liquida dipinta dai sociologi sposa perfettamente con la società relativista palesata dal pensiero ratzingeriano fino a giungere alla societas ora non più perfetta, ma in-perfecta propria dei giuristi cattolici.

Viviamo in tempi in cui la frammentazione dei riferimenti etici fa assumere ad «ogni gruppo le sue regole come referente, anche se spietate».[1] Nella dinamica sociale complessa in cui esistiamo va affermandosi sempre più il sistema autoreferenziale che finisce per valere più della dignità. Quanto più sono in crisi le ideologie e i sistemi, tanto più emerge la necessità di affermare la persona e di individuare nuovi modelli sociali e istituzionali che traducano nella realtà la sua proclamata titolarità di sovranità sociale e politica. Ciò di cui abbiamo bisogno oggi è una democrazia aperta. L’esigenza avvertita dell’unità dei popoli del mondo, deve portare a valorizzare la diversità, a vederla in un’ottica di ricchezza reciproca, affinché ogni essere umano possa arricchire l’altro e ciascun popolo aprirsi all’alterità per costituire quella società aperta tanto cara a Mounier e da lui stesso definita “società personalista”, comunità di “persona di persone”.

Sviluppando la critica dell’individualismo borghese, senza allinearsi al pensiero marxista, egli propone la prospettiva di una società a un tempo personalista e comunitaria, dove la persona è intesa come centro di una presenza spirituale, come apertura al trascendente in senso religioso e in vista di un impegno storico per il Regno delle libertà.[2] La persona non è il semplice individuo, ma porta in sé stessa la dimensione della vita comunitaria che è insieme compito profetico e riferimento costante per un impegno politico a tutto campo.

Al paradigma filosofico-razionalista, Mounier oppone l’uomo libero e responsabile nell’affrontare il suo destino. Per questo motivo, il filosofo francese giudica severamente tutti quei regimi totalitari che negano la persona come libertà.

Il pensatore francese afferma la necessità di “Refaire la Renaissance”, nel senso di fare nuovamente il Rinascimento in nome della persona, per superare da un lato la esaltazione dell’individualismo e dall’altro quella del collettivismo, veri elementi caratterizzanti il XX secolo, per abbattere i quali il personalismo mouneriano nasce e si contraddistingue nel ripresentare l’originaria visione vetero-testamentaria dell’uomo come soggetto di libertà scaturita dalla mano ideatrice del Creatore, aperto alla comunità e spalancato alla trascendenza. Proprio per le argomentazioni sopra esposte, il pensiero del personalismo non è equiparabile ad alcun sistema istituzionale o politico.

La centralità della persona e della sua dignità, contro ogni forma di sopraffazione materiale, spirituale, morale e culturale, deve ridare alla creatura essere umano la coscienza di quello che egli è, al fine di gettare le basi per un rinnovamento della civiltà, vera forza del personalismo comunitario e sfida etica quanto mai opportuna nel vedere il cristianesimo solidarizzare con il disordine eretto a sistema al fine di operarvi una netta scissione con la crisi economica segno eloquente del crollo di civiltà.

Dagli scritti del filosofo si evince che bisogna impegnarsi sino in fondo, concretamente, per costruire una “Città dell’uomo aperta”, serena, accogliente, alla cui costruzione i cristiani sono chiamati come a un compito irrinunciabile.

Si tratta, allora, di individuare nuovamente, per riproporlo, il messaggio delineato nel primo “annuncio” ovvero dar corso ad una nuova rinascita dell’essere e ancorarlo alla concezione unitaria dell’uomo per sanare la separazione prodottasi nell’umanesimo individualista tra l’uomo e la natura, l’uomo e la materia, l’uomo e la comunità, ritrovandone così le inscindibili caratteristiche di unità e fraternità universale che il cristianesimo aveva saputo dimostrare contro il particolarismo delle antiche pòleis.

Per concretizzare questa visione di pensiero, il pragmatismo del nostro pensatore, ha ritenuto irrinunciabili come punti rilevanti il dissociare lo spirituale dal reazionario; il distinguere i valori cristiani dal mondo del denaro e dal mondo borghese; l’indagare la verità che dà un senso all’agire morale, nella certezza che sia possibile ritrovare, pur in presenza di una condizione esistenziale drammatica, un nuovo cammino per gli uomini; opporsi ad una democrazia apparente e borghese facendo leva sulla “rivoluzione personalista e comunitaria” protesa ad instaurare una democrazia sostanziale.[3]

In ultima analisi, una riflessione seria sull’uomo concreto, libera dal razionalismo e dalle concezioni moralistiche, con l’intento di riguadagnare tutto lo spazio di significato dell’essere persona per una considerazione dell’uomo incarnato che diviene consapevole del suo destino ed opera nella storia per il comune destino degli uomini. Una vita concepita come un’avventura cristiana che deve mirare alla testimonianza e non al successo e che deve comportare di conseguenza l’attuazione di una terza modalità, che deve estrinsecarsi in una disponibilità d’accoglienza, di rinuncia a sé stessi e di dono agli altri, supportata da autentico spirito di fraternità e di solidarietà. Tutto ciò presuppone, poderosamente la struttura etica della persona come contemporaneo convergere di tre dimensioni: la vocazione, l’incarnazione (come esercizio all’impegno), la comunione (realtà dell’esistere modus della prova di abdicazione da se stessi e conseguire l’oblazione altrui).[4]

Tuttavia, il personalismo, non è da intendersi meramente come una utopica variazione dell’essere, ma è sostanzialmente realistica coscienza dei limiti e del male: è una profezia ma anche azione politica e lotta per superarla.

Il personalismo comunitario del filosofo può oggi infatti costituire il punto di incontro e di confronto fra specialisti di diverse discipline sulle grandi questioni scientifiche, biomediche, teologiche, culturali e sociali del nostro tempo, convinti dell’aiuto che il pensiero personalista può dare ad un progetto di liberazione e di promozione dell’uomo che offra risposte positive, di vita e non di morte, ai numerosi problemi della nostra civiltà.

Un progetto oggi tanto più necessario quanto più, agli inizi del terzo millennio, l’uomo è dimenticato e spesso oltraggiato da uno scientismo imperante e da un anti-umanesimo teorico e pratico che, misconoscendo ogni concetto di limite, non attribuisce più alla persona alcuna consistenza e dignità.

Il suo personalismo ha ancora molte cose da dire a noi che stiamo in parte smarrendo le nostre migliori tradizioni e siamo alla ricerca di una nuova riscoperta di noi stessi. L’uomo, la persona non è – come aveva preteso Jean-Paul Sartre – «una passione inutile», ma è ancora, nonostante tutto, un protagonista della storia: di una sua storia (appunto quella di tutto ciò che è umano) che non può essere ridotta ad una mera successione di avvenimenti e men che meno ad un rapido mutamento di modelli di sviluppo economico.

E siccome non possiamo non dirci cristiani, occorre che il nostro cristianesimo – come auspicava Mounier in uno dei suoi ultimi scritti – «metta la vela grande all’albero di maestra e, uscendo dai porti in cui vegeta, salpi verso le stelle più lontane, senza badare alla notte che l’avvolge».

Note

[1] Michele Indellicato, E. Mounier: Maestro del Terzo Millennio, Bari 2018.

[2] Idem.

[3] Idem.

[4] Idem.

*Giurista

**Sociologo


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