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La cura: piccoli, grandi gesti che diventano un film

Un progetto della Fondazione Policlinico Sant'Orsola di Bologna, ideato da Carlotta Cicci e Stefano Massari, raccoglie in una serie di cortometraggi d’autore le storie, le testimonianze, il punto di vista di medici e infermieri e di chi con loro condivide l’esperienza umana della cura all’interno dell'ospedale. Un piccolo universo che, quotidianamente, trasforma la sofferenza in relazione

di Laura Solieri

Un ospedale è un luogo unico, dove si intrecciano destini individuali e collettivi, una comunità, una città dentro la città, fatto dalle persone che ogni giorno ci lavorano e lo fanno vivere e funzionare. Ma com’è la loro vita? Qual è la loro storia? Come sono arrivati lì?

La Fondazione Policlinico Sant'Orsola dedica a queste vite un progetto che si propone di raccogliere in una serie di 12 cortometraggi d’autore le storie, le testimonianze, il punto di vista di medici e infermieri e di chi con loro condivide l’esperienza umana della cura all’interno del Policlinico di Sant’Orsola a Bologna.

Volti, gesti, voci, storie piccole e grandi, pensieri, sentimenti, aspettative. Questo progetto vuole intrecciare destini e raccogliere esperienze da restituire alla comunità dell’ospedale e a quella più estesa della città, per conoscersi, riconoscersi e ripensarsi insieme.

«I primi destinatari sono i lavoratori, dal primario al giardiniere all’amministrativo all’addetto in cucina – spiegano gli ideatori e registi de “La curaCarlotta Cicci e Stefano MassariL’obiettivo è offrire loro uno strumento di riflessione, autorappresentazione, di misura del proprio senso di appartenenza e partecipazione a un luogo le cui implicazioni facilmente ogni giorno travalicano le normali dinamiche ‘professionali’, investendo invece più spesso un piano emotivo e umano».

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Un viaggio di conversazione in conversazione, iniziato lo scorso dicembre e che si concluderà a maggio, con operatori che troppo spesso non hanno occasioni di conoscenza e confronto reciproco.

«Mettiamo al centro la cura delle 5mila persone che ogni giorno mandano avanti l’ospedale. Non solo medici e infermieri: sono oltre 40 i mestieri che fanno vivere i reparti e nel prendersi cura delle persone sono tutti fondamentali – afferma Giacomo Faldella, presidente Fondazione Sant’Orsola – Vogliamo dare loro voce, restando lontani da qualsiasi retorica. Non sono eroi e proprio per questo hanno qualcosa di essenziale da dire a ognuno di noi. Il prendersi cura parte, infatti, da un’accettazione, da un’accoglienza, della fragilità che la nostra società rifiuta sempre di più, producendo isolamento e solitudine. Come Fondazione Sant’Orsola lavoriamo per migliorare l’assistenza, ma soprattutto per questo: perché anche la malattia possa divenire un pezzo del nostro percorso di vita, da attraversare in un ambiente accogliente, accompagnati da altre persone. Una grande occasione per ripensare noi stessi».

«Non sapere niente di questo mondo è, paradossalmente, la parte fondamentale per svolgere questa ricerca al meglio, alla quale ci approcciamo come una pellicola vergine – dicono Massari e Cicci – Non anteponiamo opinioni e pensieri e questo favorisce molto la conversazione con gli operatori, condotta in modo assolutamente libero. Da molti di loro emerge il fatto che si trovano spesso impreparati ad affrontare il problema del linguaggio, di come comunicare una cura, una diagnosi, una situazione. La questione principale rimane come inquadrare il proprio lavoro in una dinamica di relazione, fuori dalle retoriche, dagli eroismi, dalle contingenze, avendo come unico obiettivo quel materiale incandescente che è l’umano. Aver incontrato persone che, ognuna a suo modo, ci hanno mostrato un pezzettino della loro scintilla, è la parte più bella di questo viaggio».

Come ha ben sottolineato Riccardo Masetti, medico in Oncoematologia pediatrica al Sant’Orsola, la cura è una relazione ignota, labirintica, in cui si entra ma non si sa sempre che direzione prenderà, perché la medicina e le persone sono piene di sorprese.

«La cura è un atto di fede tra esseri umani – conclude Massari – Prendersi cura, curare, non significa sistematicamente guarire. Significa accompagnare, sostenere, vigilare, aiutare, difendere, affiancare, ascoltare, incitare…. Una serie complessa di attività che coinvolgono ininterrottamente anima e pratica, sentimento e azione, desiderio e volontà».


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