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Naufragio 22 aprile: perché quei corpi non sono stati recuperati?

Secondo la ricostruzione di Sos Mediterranee l'Ocean Viking aveva comunicato di avere le capacità e le strutture per recuperare i corpi, in attesa dell'intervento delle motovedette libiche a cui spettava il coordinamento del caso. Ora i familiari si chiedono: "dove sono i nostri figli"?

di Alessandro Puglia

Come in ogni naufragio inizia l’odissea dei familiari delle vittime che vogliono informazioni dei loro cari scomparsi. Famiglie originarie del Sudan, Eritrea, Somalia che in queste ore stanno cercando di sapere che fine hanno fatto i loro figli. Alarm Phone, la piattaforma di oltre 100 volontari sparsi nel mondo, che raccoglie gli Sos delle imbarcazioni in difficoltà – contattata da Vita – sta cercando, ma ci vorrà del tempo, di ricostruire frammenti di storie dei 130 migranti annegati nel Mediterraneo centrale il 22 aprile.

Le famiglie cercano risposte e si chiedono: «Dove sono i corpi dei nostri figli?». A questa domanda nessuno oggi sa rispondere perché quei corpi che abbiamo visto galleggiare, che eppure sono stati fotografati, non sono stati recuperati. Le difficili condizioni del mare sicuramente sono state determinanti per un tentativo di recupero dei corpi, ma secondo le prime ricostruzioni, quell'operazione assai tragica sarebbe spettato a chi effettivamente stava coordinando i soccorsi. Come avveniva, ad esempio, durante l'operazione Mare Nostrum, quando nei porti siciliani insieme ai vivi sbarcavano anche i morti.

Scorrendo il diario di bordo di Sos Mediterranee che ricostruisce quanto avvenuto tra il 21 e 22 aprile riprendiamo alcuni passaggi decisivi:

Nelle prime ore di giovedì 22 aprile, la Ocean Viking arriva sul luogo dell’ultima posizione conosciuta del gommone in difficoltà, ricevuta via radio nella chiamata MAYDAY circa 9 ore prima (mentre Alarm Phone aveva segnalato per la prima volta questo caso di emergenza circa 20 ore prima) e inizia la procedura di ricerca attiva in coordinamento con le navi mercantili M/V MY ROSE, M/V ALK e M/T VS LISBETH. La Ocean Viking chiama il Centro italiano di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) alle 7:35 del mattino, chiedendo supporto aereo. Più tardi, alle 8:55, la Ocean Viking chiama anche l’ufficio di Frontex per chiedere supporto aereo nella ricerca della barca in difficoltà. In entrambi i casi, la nostra nave non riceve informazioni sul fatto che Frontex abbia inviato o abbia intenzione di inviare mezzi nella zona, ma il velivolo Osprey 3 di Frontex arriverà sulla scena più avanti, nel corso della mattinata. A mezzogiorno, la M/V MY ROSE informa il velivolo Osprey 3 di Frontex di aver avvistato tre corpi nell’acqua. La Ocean Viking chiama Osprey3 per chiedere informazioni sul caso, chiedendo anche chi stesse coordinando le operazioni. Osprey3 risponde che loro stanno partecipando solo alla ricerca e non coordinando il caso. La Ocean Viking informa allora l’Osprey3 e la nave mercantile M/V ALK di avere la capacità e le strutture per recuperare i corpi. Ciononostante, non abbiamo mai ricevuto risposta o istruzioni in merito da parte delle autorità marittime. Venti minuti dopo, Osprey3 individua il relitto del gommone e trasmette la sua posizione tramite il canale radio VHF 16 alle navi impegnate nella ricerca. Una delle navi mercantili presenti, M/V ALK, lascia successivamente la scena, comunicando via radio che la nave di pattuglia della Guardia Costiera Libica UBARI avrebbe coordinato il caso. Tuttavia, la UBARI non si trova sul posto in quel momento. Alle 14:00, l’equipaggio della Ocean Viking avvista il relitto del gommone e diversi cadaveri nell’acqua circostante. Per tutto il pomeriggio, la Ocean Viking chiama più volte il Centro libico di Coordinamento dei soccorsi (LYJRCC) per chiedere quando la pattuglia della Guardia Costiera Libica sarebbe arrivata. Il LYJRCC conferma che la nave di pattuglia UBARI è in arrivo, ma al tramonto, la UBARI non è ancora arrivata e la Ocean Viking non riceve ulteriori istruzioni da parte delle autorità marittime .

Ocean Viking comunica quindi di avere «la capacità e le strutture per recuperare i corpi», ma non riceve alcuna istruzione. Al momento è questo e poco altro ciò che conosciamo. E ora chi indagherà oltre che sul fatto che quelle persone potevano essere salvate sul perché quei corpi non sono stati recuperati? Chi darà una risposta a quei familiari che non potranno neanche piangere i corpi dei loro figli?


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