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Povertà educativa: una proposta di legge per stabilizzare il fondo

Paolo Lattanzio e Michele Nitti (PD) hanno depositato una proposta di legge che stabilizza a 55 milioni annui l'esistente fondo sperimentale per il contrasto della povertà educativa minorile. In più propongono un fondo ad hoc per contrastare la povertà educativa minorile attraverso le arti performative, con una dotazione di 10 milioni

di Sara De Carli

Una proposta di legge per rendere strutturale dal 2022 il già esistente “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile”, stabilizzandolo agli attuali 55 milioni. Con l’aggiunta di un nuovo fondo ad hoc, il “Fondo a contrasto della povertà educativa minorile attraverso le arti performative”, con una dotazione di 10 milioni di euro annui, finanziato anche da erogazioni liberali cui viene riconosciuto un credito di imposta. L’hanno depositata Paolo Lattanzio e Michele Nitti, deputati Pd, che ci lavorano da settembre 2020 e che ora ne auspicano quanto prima la calendarizzazione.

«La presente legge ha la finalità di contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa minorile attraverso le arti performative, nonché di promuovere il contrasto alle diseguaglianze culturali e alla sperequazione sociale favorendo le realtà e i contesti territoriali più svantaggiati e maggiormente esposti al rischio di criminalità», recita l’articolo 1.

«Abbiamo moltissimi indicatori che ci dicono che la povertà educativa e la dispersione scolastica non sono qualcosa che si risolverà in pochi anni. È un tema entrato anche nel PNRR. Per quanto riguarda il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile l’obiettivo principale è la sua stabilizzazione, per garantire stabilità a questo intervento, con la presa in carico definitiva da parte dello Stato di questi temi, anche rispetto alla prevenzione di nuove sacche di povertà educativa. La valutazione di ciò che è stato fatto in questi sei anni dal fondo, nato come fondo sperimentale, è assolutamente positiva: sono stati premiati progetti di grande qualità e si sono accelerati processi in atto sui territori. Grazie al lavoro del Fondo il tema della povertà educativa è ormai entrato nella sensibilità e nel linguaggio di una ampia parte della società e della politica», dice Paolo Lattanzio.

Il nuovo fondo, che nascerebbe subito come strutturale e con una dotazione di 10 milioni di euro, vede passare il punto di incontro fra il contrasto alla povertà educativa e l’inclusione sociale dalla cultura e dall’arte, dall’avvicinare i ragazzi alla bellezza. L’idea è quella di «valorizzare progetti che portino la bellezza a chi vive in situazioni di disagio ma anche al contrario di portare questi ragazzi a fruire ciò che le città offrono dal punto di vista artistico e culturale, in un duplice movimento. Un altro aspetto è che quando si parla di arte si rischia di scivolare solo sui contenitori, ma lo spettacolo da vivo, le arti performative, sono ciò che ci mette anima e sostanza», prosegue Lattanzio.

Un aspetto fondamentale di questa proposta di legge è il contrasto alle sperequazioni socio-culturali ed economiche favorendo i territori più svantaggiati nelle dinamiche Nord-Sud, centro-periferia, piccolo-grande; sia l’attuale ripartizione del FUS che quella delle risorse distribuite grazie al meccanismo introdotto dall’Art-Bonus hanno, infatti, hanno rivelato elementi sperequativi ai danni di alcune regioni, in particolare del Centro e del Sud. Per ribilanciare questi squilibri la proposta di legge va a favorire maggiormente proprio i soggetti privati che investano in territori regionali, provinciali e comunali più svantaggiati: l’articolo 3 infatti prevede che il credito d'imposta riconosciuto ai versamenti effettuati al fondi, pari al 65 per cento dei versamenti, salga al 75 per cento qualora i progetti finanziati siano realizzati o promossi da realtà culturali operanti in contesti di marginalità sociale, in zone periferiche o svantaggiate, con minor domanda di pubblico e con minor copertura distributiva e pubblicitaria secondo appositi criteri stabiliti con decreto del Ministero della Cultura.

Terzo tassello della proposta di legge è un azionariato popolare sulle produzioni, «per stimolare e rafforzare il senso di appartenenza alle istituzioni culturali di prossimità e lo spirito di comunità», sottolinea Michele Nitti. «Si riconosce la possibilità in capo agli investitori privati di scegliere quali tra gli spettacoli di teatro, danza, musica e di tutte le altre forme rientranti nel concetto di “arte performativa”, sostenere nello specifico: una sorta di co-partecipazione all'attività di programmazione culturale da parte dei privati. Tanti chiedono l’estensione dell’Art bonus a più beneficiari, noi abbiamo cercato di coniugarlo con il contrasto alle sperequazioni e creando una novità rispetto al coinvolgimento dei mecenati, con una co-partecipazione del pubblico anche nella fase di programmazione, importante perché dà un senso di partecipazione dal basso… Un azionariato popolare o un mecenatismo evoluto, disarticolato dalla logica dell’investimento remunerativo».


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