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Cooperazione & Relazioni internazionali

Colombia e Perù: una continua e inesausta ricerca di verità e giustizia

Le storie della missionaria Nadia De Munari e della líder femminista Susana Muhamad ci interrogano sull'ondata di violenza che sta scuotendo le Americhe. Muhamad lancia un appello «Chiediamo all’Italia che, insieme all’Europa, esiga al Presidente Duque di fermare le violenze»

di Cristiano Morsolin

«Proprio poche settimane fa Nadia de Munari – ha spiegato il vescovo di Huari (Perú) Mons. Giorgio Barbetta, amico della missionaria uccisa in Perú –, preoccupata per i bambini dei sei asili che seguiva, aveva riunito le professoresse per riprendere le attività dopo la quarantena. Correva verso il bene, ma è stata fermata dalla violenza!»

«Quanto è accaduto – continua mons. Barbetta – è più grande anche di ciò che Nadia poteva immaginare, il suo sangue, la sua vita, sono diventati seme. E ha messo radici. A Chimbote nessuno potrà più dimenticarla, ma non solo: questo seme metterà radici ancora nel cuore di tanti ragazzi e chi riceverà questo seme sentirà dolore e amore, indissolubilmente uniti. Ma dal dolore, dal non senso, dal freddo scoprirà l’amore. Arriverà a regalare la vita, al desiderio di Dio…perché come ripeteva spesso Nadia “non tenere la vita per te, regalala”».

Sono 1.500 i giovani aderenti all’Operazione Mato Grosso OMG, provenienti da tutt’Italia, hanno partecipato al funerale di Nadia de Munari, realizzato al palazzetto dello Sport di Schio, sede del colosso tessile Lanerossi (come documentato da Vita), lo scorso 3 maggio.

Mons. Barbetta ha riassunto la vita di Nadia in cinque frasi. “Non tenere la vita per te, regalala”. “Arriva in fretta al dunque”. “Insieme da solo non vai da nessuna parte”. “Obbedisco”. “Preghiamo con la candela accesa”. Sono le cinque frasi con cui la missionaria insegnava ai suoi bambini di varie religioni a dialogare con Gesù.

Ricordo i campi di lavoro dell’Operazione Mato Grosso in Umbria, in Val Formazza, dove conobbi Giorgio Barbetta, originario della Valtellina ma seminarista ad Assisi, tra 1992-1994.

Ricordo le celebrazioni della settimana santa a Cittá di Castello dove realizzavamo piece di teatro per mettere in scena il Vangelo della Pasqua e come centurione trascinavo un Gesú, strattonato e umiliato, nei panni di Giorgio, allora seminarista garbato, nominato poi da Papa Francesco, Vescovo ausiliare delle ande peruviane nel dicembre 2019.

Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ricorda la missionaria Nadia De Munari

L’ Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha inviato una nota sottolineando che “esprimiamo profondo cordoglio per la brutale uccisione di Nadia De Munari, da 26 anni missionaria laica in Perù dove gestiva una casa famiglia e 6 asili nido per 500 bambini.

Lo spirito missionario ci porta ad incontrare l'altro nella sua diversità e bellezza in ogni angolo del mondo sino a donare la vita, come ha fatto Nadia, con infinito amore e dedizione in particolare ai piccoli, tanto amati da Dio.

La Comunità Papa Giovanni XXIII si stringe attorno alla famiglia, agli amici dell'Operazione Mato Grosso, alla Diocesi di Vicenza, alla Comunità di Schio, ai suoi piccoli in Perù. Uniti nella preghiera per Nadia De Munari”, conclude la nota del Direttore APG23, Giovanni Ramonda.

Questo messaggio viene consegnato a Katia de Munari, cugina di Nadia, assessore all’istruzione di Schio, da parte di Silvia de Munari, volontaria della Comunità Papa Giovanni XXIII da otto anni in Colombia.

Parallelamente al funerale della missionaria Nadia de Munari (che conobbi personalmente nel 1992), si sono realizzate altri momenti di preghiera come la S. Messa celebrata dal vescovo, monsignor Giuseppe Schillaci, a Lamezia Terme; a Perugia, dal Centro missionario diocesano di Perugia, attraverso l’iniziativa dei coniugi Diana Santi e Pippo Fiori, a Brescia, dove il centro diocesano Missionario ha sottolineato: “Nadia De Munari, missionaria in Perù uccisa mentre dedicava la sua vita agli altri, e P.Christian Carlassare, vescovo eletto, ferito in un agguato nella sua abitazione in Sud Sudan. La missione ci interroga, ci chiede molto ma ci spinge a non smettere di credere nell'uomo”.

Il padre Lorenzo Salinetti, nipote di padre Ugo de Censi (fondatore dell’OMG) e da quet'ultimo inviato in 'missione' in Italia, nella diocesi di Como per rinnovare e ravvivare il cammino della fede nel nostro paese, in particolare tra i più giovani, nel segno degli insegnamenti di San Giovanni Bosco, ha commentato in tre parole chiave la morte di Nadia De Munari: Semplicità, Povertà e Carità.

Anche nella parrocchia Jesus Obrero della Perseverancia di Bogotá abbiamo ricordato Nadia de Munari, “vocazione di educatrice, pura, povera, sacrificata in un luogo difficile come invasiones de Nueva Chimbote, la Luce di Nadia, illumina tutta la Chiesa per serviré l’umanitá che soffre”.

Le indagini proseguono

Proseguono, nel frattempo, le indagini degli inquirenti dopo il barbaro assessinato con machete di Nadia. A Chimbote è arrivato un nucleo specializzato della Direzione nazionale di investigazione criminale della Polizia nazionale. Si parte da un’evidenza: l’aggressione, per le sue modalità e la sua brutalità, è stata intenzionale e non legata a un tentativo di furto. L’unica cosa che l’aggressore ha portato sono due cellulari, tra cui quello della vittima. La Polizia ha informato che sta approfondendo la posizione di quindici persone, tra cui sei minori.

A livello politico, si registra l’importante presa di posizione della presidente del Congresso peruviano, Mirtha Vásquez, che in risposta a un tweet dell’esperto di diritti umani, vicentino d’origine, Cristiano Morsolin, così si esprime: “Sono costernata, la mia condanna e indignazione per questo attacco brutale. Nadia, come molti altri volontari stranieri, viene per vocazione ad aiutare in modo solidale il nostro Paese. Pretendiamo dal Ministero dell’Interno una seria indagine”.

Ho incontrato personalmente Mirtha Vásquez, coraggiosa avvocata, attivista ambientale e difensore dei diritti umani, a Cajamarca, nel 2004. Esprimo gratitudine per la sua presa di posizione, che è in sintonia con la richiesta di giustizia arrivata da varie componenti della società civile italiana, come Aspem, Mlal, Associazione Papa Giovanni XXIII.

La cugina Katia de Munari, assessore all’istruzione del Comune di Schio, 44 anni, ha spiegato a VITA:"chiediamo aiuto alle istituzioni italiane per riportare Nadia presto a casa e che sia fatta giustizia. Indaghi l'Interpol, hanno già perso tempo prezioso. Mia cugina non aveva soldi da rubare: era in Perù da vent'anni, ha creato sei asili e una scuola elementare ma non percepiva denaro".

Leggo a Katia la testimonianza di Rita Guerrero, accolta nella casa famiglia di Llamellin (Ancash) da Nadia, che considera una mamma: “È tanto il dolore che sentiamo, siamo molte figlie che abbiamo condiviso la vita con la señorita Nadia. Lei ha regalato tutta la sua gioventú – arrivó qui che aveva 24 anni, alla missione del Padre Ugo de Censi, nessun volontario merita questa disgrazia. L’unica cosa che fanno questi volontari italiani é aiutare la povera gente.

Il popolo, el pueblo de Nueva Chimbote deve ringraziare questo aiuto di Nadia ma anche aiutare nelle indagini per investigare questo crimine, che non continui questa maldad tan grande”, conclude Rita Guerrero.

L’assessore Katia De Munari, cugina di Nadia, risponde: “Carissimo Cristiano, io ti ringrazio infinitamente per quanto hai fatto…un insieme di forze positive hanno fatto in modo di portare a casa Nadia in tempi rapidissimi…. Appena possibile vorrei tanto conoscerti di persona. Nel frattempo condivido l'epigrafe che è stata appena ufficializzata. Un caro abbraccio a chi lavora in America Latina, non vi dimentico mai! Ora vado dai miei zii… Ci sentiamo presto… Con calma!”.

Andrea Riccardi, storico fondatore della Comunitá di Sant’Egidio sottolinea che “la vita della Chiesa apre all'amicizia con gli altri e alla solidarietà con i loro dolori. È la storia di Nadia, maestra da quattro anni a Nuovo Chimbote, in Perù (ma dal 1995 in quella nazione latinoamericana), una baraccopoli di più di 80 mila immigrati senza servizi. Perché uccidere una donna che faceva solo bene? La sorella avanza un'ipotesi: «Scuola significa istruzione, emancipazione. Non vorrei che questa attività di mia sorella avesse dato fastidio a chi gestisce quelle persone con violenza, sfruttamento e oppressione».

È la forza dell'amore e dell'educazione che scuote le radici di poteri oscuri. Nadia ha alle sue spalle la corrente "gloriosa" di solidarietà e volontariato, messa in movimento dall'Operazione Mato Grosso, che ha convogliato tanti verso la partecipazione e la solidarietà con i bisogni del mondo. Uno dei principi ispiratori era all'inizio: «Rompere il guscio della famiglia, della parrocchia, della nazione: è essere missionari», conclude Riccardi.

La mobilitazione popolare in Colombia provoca le dimissioni di due ministri

Il 28 aprile ho seguito via Facebook il funerale di Nadia de Munari in Nuova Chimbote e cosí arrivai tardi alla marcia nel centro storico di Bogotá, che dopo 16 giorni ha provocato un trágico bilancio di 50 giovani manifestanti uccisi dalla polizia ed Esmad (forze di sicurezza anti-sommossa), 1.400 giovani vittime di abusi arbitrari della polizia, centinaia di arresti illegittimi, 30 feriti agli occhi, per soffocare la protesta sociale, secondo organismi come ONG Tambores.

Come punto di osservazione utilizzo la piazzetta davanti al Museo Nazionale; arrivai mezz’ora dopo che un poliziotto in moto, uscito dalla sede di San Diego, ha sparato contro la studente Natalia, 21 anni, che ha perso l’occhio destro dopo un’operazione d’emergenza all’ospedale San Ignacio.

Credo che Nadia de Munari mi abbia protetto la vita…

Benedetto della Vedova, sottosegretario agli Esteri, chiede al Presidente Duque un dialogo con gli organizzatori del paro nacional, affermando que “la situazione in Colombia dal 28 aprile, primo giorno dello sciopero generale per protestare contro la riforma fiscale, a oggi è sempre più fuori controllo, con un numero di morti e feriti inaccettabile. Il governo deve garantire il diritto legittimo di manifestare mettendo sotto controllo l’uso eccessivo della forza da parte degli apparati di sicurezza. Il Presidente Duque intavoli subito un dialogo reale con i leader della mobilitazione sociale per trovare soluzioni condivise.

Con 3 milioni di positivi e 77 mila morti da coronavirus, un debito pubblico balzato a 20 miliardi di dollari e un tasso di disoccupazione raddoppiato negli ultimi cinque mesi, è urgente concentrare ogni sforzo sulla lotta alla pandemia, mettendo fine alle violenze e garantendo il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto”, conclude Della Vedova.

Ma la lotta alla pandemia é davvero la prioritá del popolo colombiano? Lo domandiamo in intervista esclusiva per Vita, a Susana Muhamad, líder feminista, attuale consigliera comunale trentenne (Colombia Humana) e nel 2014 giovanissima Assessore all’Ambiente di Bogotá (con il sindaco progressista Gustavo Petro), che mi ha invitato all’udienza aperta del Consiglio Comunale della capitale colombiana nella plaza Bolivar, per ascoltare le vittime della repressione statale, in maggioranza giovani, svoltasi sabato della settimana scorsa.

Susana Muhamad, leader femminista, spiega in esclusiva a Vita: “Ringraziamo Papa Francesco per la sua preoccupazione per il popolo della Colombia. La notte scorsa di mercoledi 12 maggio abbiamo accompagnato, insieme a altri colleghi della Commissione Diritti Umani del Consiglio comunale della nostra metrópoli Bogota, il corridoio umanitario nella Piazza davanti al Portal Americas del Transmilenio. Da 16 giorni osserviamo le varie assemblee popolari che migliaia di giovani, donne, operai, maestre, sindacalisti stanno organizando nelle varie periferie di Bogotá, ma paralelamente anche a Aguablanca, Puerto de la Resistencia in Cali, Comuna 13 di Medellin e molti altri posti.

Sono forme di democrazia partecipativa, iniziata dal 28 Novembre 2019 (che ha coinvolto 3 milioni di colombiani in un solo giorno), dove la cittadinanza si organizza in modo pacifico senza usare armi, senza violenza di genere, forme di resistenza e non-violenza attiva per costruire dal basso alternative di base contro la povertá, la diseguaglianza, l’esclusione. Esplode l’indignazione di un intero popolo perché con la pandemia il 40% dei bogotani soffre fame ed esclusione, con tragici livelli di povertá come vent’anni fa nel 2000.

Solo la notte scorsa la polizia ed Esmad ha represso con spari, assalti con blindati, gas lacrimogeni lanciati indiscriminatamente anche nei condomini attorno Portal Americas (zona Kennedy, al sud del mercato all’ingrosso di frutta e verdura Corabastos, un milione di abitanti), mettendo in pericolo la vita di bambini e anziani (come settore Alamedas de San José 2), una notte di terrore con 10 casi di tortura, 30 giovani feriti per l’uso di armi da guerra come Vernon, blindati ed elicotteri, uno stato di guerra inacettabile contro i civili: Dyana 17 anni, ferita gravemente alla testa ed Esmad (forze anti sommossa) non permetteva arrivo ambulanza, spari alle missioni mediche”.

Susana Muhamad ha rifiutato la scorta e l’auto blindata per rimanere a fianco del suo popolo, senza “privilegi”. Ha incontrato Papa Francesco in Vaticano nel luglio 2015, sembra fragile per il suo portamento minuto ma leggo nei suoi occhi la passione della militanza sociale e política.

La mobilitazione della moltitudine, della protesta sociale in 16 giorni di marce, assamblee, ollas populares (mense popolari) spesso represse nel sangue, ha provocato la dimissione del ministro dell’economia Carrasquilla, e proprio oggi della Ministra degli Esteri Blum, il rifiuto della reforma tributaria, ma el pueblo continua a protestare, a marciare, a scendere in Piazza.

Susana Muhamad lancia un appello finale dalle colonne di Vita: “Chiediamo all’Italia che, insieme all’Europa, esiga al Presidente Duque di bloccare il massacro del pueblo, di adottare il reddito di cittadinanza universale come chiede Papa Francesco, di adottare politiche di inclusione, sostenendo l’economia civile e popolare, lottando contro la corruzione e i privilegi dell’elite dopo 50 anni di conflitto armato interno e 8 milioni di vittime”.

Chiediamo all’Europa che utilizzi la cooperazione internazionale per proteggere le donne difensoras dei diritti umani, perseguitate come Daniela Soto, 19 anni, orgoglio della lotta non violenta della guardia indígena del Cauca, ferita gravemente la domenica scorso a Cali da civili, a fianco di poliziotti, che le hanno sparato in un convoglio umanitario della Minga dell’organizzazione indígena del CRIC”.

*Esperto di diritti umani in America Latina, dove vive dal 2001.


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