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Figli: la speranza che fa rinascere un popolo

È in corso la prima edizione degli Stati generali della natalità, promosso dal Forum delle associazioni familiari. Ecco alcuni stralci degli interventi di apertura: Gigi De Palo, Mario Draghi e Papa Francesco

di Sara De Carli

È in corso la prima edizione degli Stati generali della natalità, presso il Foyer dell’Auditorium della Conciliazione a Roma. A promuovere il primo meeting sul futuro dell’Italia è stato il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo. Ecco alcuni stralci degli interventi di apertura: Gigi De Palo, Mario Draghi e Papa Francesco.

Gigi De Palo, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari

Senza figli crolla tutto


«Il declino demografico è un'emergenza non solo italiana ma europea. Si parla tanto di sviluppo sostenibile. Ma occorre essere chiari: non ci sarà alcuno sviluppo sostenibile, in Italia come in Europa, senza equilibrio intergenerazionale. Perciò dobbiamo capire che le politiche demografiche non sono costi ma investimenti. Che cosa può accadere se nascono meno bambini? Perché dovrebbe toccare le nostre vite? Meno siamo e meglio stiamo. O no? Purtroppo no. E non è solo una questione demografica. Lo sarebbe se le donne italiane non volessero – lo dicono tutti i dati – due figli e invece ne fanno in media solo 1,24. Lo sarebbe se l’80% dei giovani italiani – come mostrato da uno studio dell’Istituto Toniolo pubblicato qualche anno fa – non avesse risposto: vorrei due o più figli. Ecco, allora, che la natalità diventa una questione più grande. Un tema che ha che fare con i desideri e i sogni degli italiani. Nessuno escluso. […]

Non ci sono dubbi la natalità è la nuova questione sociale perché se non interveniamo ora, crolla tutto. Ed è una questione sociale universale, che riguarda tutti, anche chi i figli – liberamente – non li ha voluti o non li vuole fare e non desidera figli propri. Perché riguarda il futuro. Perché ha che fare con la speranza di un popolo. Perché anche scegliere liberamente di non avere figli propri (mettere al mondo o non mettere al mondo un figlio non deve mai essere un obbligo) avrà bisogno delle generazioni di domani. Siamo tutti genitori del Paese di domani. […]

Non vorrei mi fraintendeste. Non servono figli per pagare le pensioni. I figli non sono frutto di un ragionamento utilitaristico. I figli sono desiderio, dono, amore che si trasmette. I figli sono il segnale di un Paese che torna a desiderare e ad amare. Per questo, la natalità è oggi la cartina di tornasole attraverso la quale giudicare la politica, l’economia, la società. Perché i figli non devono essere né un dovere né un lusso, ma una libertà. E allora viva la libertà».

Mario Draghi, Presidente del Consiglio

Assegno unico, trasformazione epocale

«Un’Italia senza figli è un’Italia che non ha posto nel futuro, che lentamente finisce di esistere: questo per il Governo è un impegno prioritario. L’assegno unico e universale dal luglio di quest’anno entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che oggi non hanno accesso agli assegni familiari. Nel 2022 la estenderemo a tutti gli altri lavoratori, che però anche nell’immediato vedranno un aumento degli assegni esistenti. Le risorse complessivamente a bilancio ammontano a oltre 21 miliardi di euro, di cui almeno 6 aggiuntivi rispetto agli attuali strumenti di sostegno per le famiglie. L’ho detto al presidente De Palo: si può star tranquilli che l’assegno unico ci sarà anche nei prossimi anni, perché è una di quelle trasformazioni epocali su cui non è che ci si ripensa l’anno dopo».

Papa Francesco

I figli sono la speranza che fa rinascere un popolo

Il primo pensiero di Papa Francesco è andato ai giovani: «i giovani che sognano. I dati dicono che la maggior parte dei giovani desidera avere figli. Ma i loro sogni di vita, germogli di rinascita del Paese, si scontrano con un inverno demografico ancora freddo e buio: solo la metà dei giovani crede di riuscire ad avere due figli nel corso della vita. L’Italia si trova così da anni con il numero più basso di nascite in Europa, in quello che sta diventando il vecchio Continente non più per la sua gloriosa storia, ma per la sua età avanzata».

«Perché il futuro sia buono, occorre dunque prendersi cura delle famiglie, in particolare di quelle giovani, assalite da preoccupazioni che rischiano di paralizzarne i progetti di vita. Penso allo smarrimento per l’incertezza del lavoro, penso ai timori dati dai costi sempre meno sostenibili per la crescita dei figli: sono paure che possono inghiottire il futuro, sono sabbie mobili che possono far sprofondare una società. Penso anche, con tristezza, alle donne che sul lavoro vengono scoraggiate ad avere figli o devono nascondere la pancia. Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire? Non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere. I figli sono la speranza che fa rinascere un popolo! Finalmente in Italia si è deciso di trasformare in legge un assegno, definito unico e universale, per ogni figlio che nasce. Esprimo apprezzamento alle autorità e auspico che questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo, e segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie. Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte».

Papa Francesco ha consegnato tre parole alla riflessione:

Dono

«La vita nessuno può darsela da solo, prima di tutto c’è stato un dono. È un prima che nel corso della vita scordiamo, sempre intenti a guardare al dopo, a quello che possiamo fare e avere. Ma anzitutto abbiamo ricevuto un dono e siamo chiamati a tramandarlo. E un figlio è il dono più grande per tutti e viene prima di tutto. A un figlio, a ogni figlio si lega questa parola: prima. Come un figlio viene atteso e viene amato prima che venga alla luce, così dobbiamo mettere prima i figli se vogliamo rivedere la luce dopo il lungo inverno. Invece la mancanza di figli, che provoca un invecchiamento della popolazione, afferma implicitamente che tutto finisce con noi, che contano solo i nostri interessi individuali […] Abbiamo dimenticato il primato del dono. […] Ci deve essere il coraggio di scegliere cosa viene prima, perché lì si legherà il nostro cuore.

Sostenibilità

«Si parla spesso di sostenibilità economica, tecnologica e ambientale e così via. Ma occorre parlare anche di sostenibilità generazionale. Non saremo in grado di alimentare la produzione e di custodire l’ambiente se non saremo attenti alle famiglie e ai figli. La crescita sostenibile passa da qui. […] Anche oggi ci troviamo in una situazione di ripartenza, tanto difficile quanto gravida di attese: non possiamo seguire modelli miopi di crescita, come se per preparare il domani servisse solo qualche frettoloso aggiustamento. No, le cifre drammatiche delle nascite e quelle spaventose della pandemia chiedono cambiamento e responsabilità. Sostenibilità fa rima con responsabilità: è il tempo della responsabilità per far fiorire la società. Qui, oltre al ruolo primario della famiglia, è fondamentale la scuola. Non può essere una fabbrica di nozioni da riversare sugli individui; dev’essere il tempo privilegiato per l’incontro e la crescita umana. A scuola non si matura solo attraverso i voti, ma attraverso i volti che si incontrano. E per i giovani è essenziale venire a contatto con modelli alti, che formino i cuori oltre che le menti.

Solidarietà

«Anche ad essa associo un aggettivo: come c’è bisogno di una sostenibilità generazionale, così occorre una solidarietà strutturale. La solidarietà spontanea e generosa di molti ha permesso a tante famiglie, in questo periodo duro, di andare avanti e di far fronte alla crescente povertà. Tuttavia non si può restare nell’ambito dell’emergenza e del provvisorio, è necessario dare stabilità alle strutture di sostegno alle famiglie e di aiuto alle nascite. Sono indispensabili una politica, un’economia, un’informazione e una cultura che promuovano coraggiosamente la natalità. Occorrono politiche familiari di ampio respiro, lungimiranti: non basate sulla ricerca del consenso immediato, ma sulla crescita del bene comune a lungo termine. Qui sta la differenza tra il gestire la cosa pubblica e l’essere buoni politici. Urge offrire ai giovani garanzie di un impiego sufficientemente stabile, sicurezze per la casa, attrattive per non lasciare il Paese. È un compito che riguarda da vicino anche il mondo dell’economia: come sarebbe bello veder crescere il numero di imprenditori e aziende che, oltre a produrre utili, promuovano vite, che siano attenti a non sfruttare mai le persone con condizioni e orari insostenibili, che giungano a distribuire parte dei ricavi ai lavoratori, nell’ottica di contribuire a uno sviluppo impagabile, quello delle famiglie! È una sfida non solo per l’Italia, ma per tanti Paesi, spesso ricchi di risorse, ma poveri di speranza».


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