Sanità & Ricerca

Nemmeno la pandemia sblocca l’impasse dei garanti della salute

Una norma del 2017 prevede questa figura a garanzia della qualità dell’assistenza socio-sanitaria. Ma l’hanno istituita appena sei Regioni: Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Campania e la Basilicata

di Francesco Dente

Non è una scatola vuota. È, semmai, un contenitore da riempire. Specie in tempi di pandemia. Parliamo del Garante per il diritto alla salute, la figura introdotta dalla legge 24/2017 sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale dei medici.

La cosiddetta “Gelli-Bianco” prevede che il cittadino possa rivolgersi «gratuitamente» al garante per segnalare «disfunzioni» del sistema dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria (dunque anche i servizi offerti dal Terzo settore), e che questi debba intervenire «a tutela del diritto leso». Una figura che rientra fra gli organismi di tutela amministrativa del cittadino. Una sorta di “mediatore” che prova a correggere l’operato dell’amministrazione attraverso la persuasione.

Peccato che a quattro anni dalla previsione lo abbiano istituito solo sei Regioni: Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Campania e la Basilicata. Un ritardo che ha del paradossale. La legge prevede infatti che il compito possa essere affidato al difensore civico (o ombudsman), un organo da tempo presente in quasi tutto lo Stivale tranne che in Puglia, Calabria e Sicilia.

Ci sarebbero già dunque lo staff a cui affidare l’incarico. Manca l’adeguamento normativo: basterebbero una legge regionale ad hoc o anche un semplice articolo inserito in un collegato alla finanziaria come ha fatto la Liguria nel 2018. «I contorni della figura non sono ben definiti. La legge istitutiva fa un rinvio piuttosto ampio alla legislazione delle singole Regioni che, fra l’altro, sono competenti proprio in materia sanitaria. Meglio approfondire l’argomento piuttosto che fare cose raffazzonate», ragiona Enrico Formento Dojot, vice coordinatore nazionale dei difensori e ombudsman della Valle d’Aosta.

A luglio 2020, nel tentativo di sciogliere i nodi applicativi, l’assemblea dei presidenti dei consigli regionali e il coordinamento dei difensori civici hanno licenziato un testo che regolamenta il ruolo e i compiti del garante, uno schema base che le Regioni avrebbero potuto ricalcare. Come visto, però, solo un terzo ha dato il via libera al garante.

La mancata attuazione non vieta tuttavia al cittadino di un territorio in cui non c’è ancora il garante di interpellare il difensore civico per denunciare disservizi sanitari, ad esempio, un caso di malpractice come cure inadeguate contro il Covid o un’operazione chirurgica non riuscita. Secondo una ricerca del coordinamento dei difensori sulla casistica delle attività condotte dagli ombudsmen in materia di salute risulta che nel periodo 2014-18 la Provincia di Trento, Valle d’Aosta, Lazio e Lombardia hanno registrato il numero maggiore di aree di intervento in ambito sanitario (la tipologia di aiuto più richiesta è il ticket per le visite o i farmaci) e che il Piemonte è la Regione con più istanze presentate, ben 789 nel 2018. Emerge, soprattutto, che il numero di persone che si rivolge all’ombudsman in Lombardia, Toscana e Provincia di Bolzano è in crescita proprio da quando c’è la legge Gelli-Bianco. Spesso persone fragili, seguite dal non profit, che non possono permettersi un legale.

Il garante per la salute non è tuttavia un doppione del difensore. «Ha un potere in più: può chiedere una consulenza medica per dirimere la questione che viene sottoposta», fa notare Formento Dojot. L’ombudsman, che spesso è un laureato in giurisprudenza, non è in grado infatti di valutare la fondatezza della denuncia. Non è l’unica incertezza che frena il decollo del nuovo organismo di tutela. La principale è la responsabilità professionale del medico. Non è chiaro, cioè, se il garante possa mettere becco su un aspetto così delicato dal punto di vista sia giuridico sia economico, pensiamo ai risarcimenti. «Prima di finire davanti al giudice ordinario si potrebbe prevedere un tentativo di conciliazione dinanzi al garante fra il cittadino vittima di malpractice e l’Azienda sanitaria locale», suggerisce il difensore civico valdostano.

Altro tasto dolente: le risorse umane e finanziarie a disposizione. Non pochi difensori civici operano con mezzi e personale limitati. Le Regioni tendono a concentrare in capo a un’unica figura il ruolo sia di difensore civico sia di garante dei minori, dei detenuti e della salute.


Foto di Anna Shvets da Pexels


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