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Un viaggio per cambiare: le Carovane di Exodus per abolire il carcere minorile

Il video racconto della prima "Carovana Pronti, Via!", l’intervento quadriennale per i minori sottoposti a misure restrittive da parte della Autorità giudiziaria, attraverso il modello “Carovana”. Invece di stare in carcere o svolgere programmi educativi stando a casa, i ragazzi si sono messi in marcia per l’Italia insieme ad un gruppo di educatori

di Redazione

“Questa avventura comincia con i piedi. I piedi ci fanno camminare, ci fanno andare avanti… abbiamo deciso, così, di partire con un gruppo di minori sottoposti a misure restrittive da parte dell’Autorità giudiziaria”, attraverso il modello “Carovana”, un'intensa esperienza educativa itinerante che fa parte del Dna di Exodus e che mira a diventare proposta strutturata integrata dei servizi giustizia minori.

Si chiama “Pronti, Via!” ed è il nuovo progetto quadriennale di Fondazione Exodus, selezionato dell’impresa sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Un intervento quadriennale per dare una risposta psico-socio-educativa a minori che hanno sbagliato.

«Superiamo la logica del carcere», cioè l’idea di carcere in quanto struttura repressiva. «Proviamo ad aboliamo il carcere minorile», dice don Antonio Mazzi. «Facciamo in modo che ci siano delle soluzioni diverse per questi ragazzi che sbagliano, che gli errori si possono riparare, ma non con misure repressive ma trovando delle modalità educative attraverso il viaggio, attraverso l’avventura educativa di un viaggio».

Ma come funziona la Carovana? Dopo un mese di formazione e conoscenza degli operatori e dei ragazzi, inizia il viaggio a piedi, in bici, in camper. La prima carovana Pronti, Via! è partita lo scorso settembre 2020 da Val Masino in provincia di Sondrio, ha attraversato gli Appennini ed è scesa verso l’Umbria e la provincia di Viterbo.

«Ho guardato questi 10 ragazzi, tra i 15 e i 18 anni, della prima carovana non ho visto delinquenti», dice Franco Taverna, coordinatore Progetti Povertà educativa di Fondazione Exodus. «Non ho visto pericolosi criminali. Sarebbe stato assurdo metterli in galera. Questi ragazzi vivono relazioni spappolate con sé stessi, con gli adulti che non li capiscono, e non avendo la possibilità di identificarsi con “il ragazzo perbene” trovano un senso ai rimproveri che gli vengono fatti imitando il piccolo spacciatore, il ladruncolo, il violento. Quelli che abbiamo avuto davanti, sono ragazzi segnati da storie pesanti. Hanno commesso errori, certo, a volte anche gravi, ma sulla loro strada non hanno trovato che incomprensioni e adulti disarmati quando non colpevoli».

A breve partiranno altre tre carovane, una in Sicilia, una in Lombardia e una in Lazio. «La Carovana è stata una scoperta educativa anche per noi. Uno strumento che stiamo mettendo a punto e che siamo pronti a migliorare. Abbiamo capito infatti che è fondamentale porre maggiore attenzione alla prima fase di selezione», continua Taverna.

«Le evidenze emerse dalla prima carovana e la drammatica situazione attuale delle derive degli adolescenti vede, infatti, un aumento considerevole di problematiche psicologiche e psichiatriche complesse che investono i ragazzi. Ciò a fronte di una generale impreparazione del mondo adulto e, in particolare, del contesto che ci riguarda direttamente dei minori che hanno commesso reati. E c’è da ripensare la terza fase del progetto individuando strategie più efficaci per il rientro in famiglia e a scuola dei ragazzi in modo che non si ripresentino subito le medesime dinamiche che hanno generato il problema e allestire un programma, creare o consolidare relazioni di supporto con gli interlocutori più adatti alle specifiche situazioni».

“La carovana credo possa far parte di quel tipo di avventure che può incidere nella vita dei nostri ragazzi. Perché, con questi ragazzi non bisogna inventare chissà che cosa. Perché, se li metti in mezzo al verde e li fai camminare di notte, quella notte in cui fino a ieri non hanno camminato certamente per vedere il cielo, ma purtroppo hanno camminato per altri motivi, credo che questa avventura possa essere una esperienza che li cambia. Fra quattro mesi, alla fine… dentro di loro, sarà successo qualcosa? Io credo di sì !” – conclude Don Mazzi.