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Economia & Impresa sociale 

Cohen: il capitalismo? Non può sfuggire alla sfida dell’impatto sociale

«Una rivoluzione silenziosa sta ridisegnando il nostro sistema economico. Nel tempo dei big data, dove tutto è misurabile, misurare l’impatto sociale di investimenti e imprese è la chiave di volta per attrarre risorse e preparare un futuro più equo», spiega sul numero in distribuzione di Vita magazine sir Ronald Cohen, chairman del Global Social Impact Investment Steering Group. Sullo stesso numero interviste anche al ministro Enrico Giovannini, al ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, alla prorettrice della Cattolica Antonella Sciarrone Alibrandi, al presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali Stefano Zamagni, al sindaco di Bergamo Giorgio Gori e all'economista e cofondatore di Next, Leonardo Becchetti

di Redazione

Chair del Global Steering Group for Impact Investment, Sir Ronald Cohen è il punto di riferimento mondiale per chiunque si occupi di finanza a impatto, da quando nel 2013 i leader del G8 gli affidarono il mandato di guidare la Task Force for Impact investing. Impact è anche il titolo del suo ultimo libro, pubblicato da Ebury Press ma non ancora tradotto in italiano. Un testo che si ripropone di dare una nuova forma (“reshaping” ovvero “rimodellare”) al capitalismo per metterlo nelle condizione di guidare il cambiamento reale. In questo momento Cohen è particolarmente impegnato nel progetto Impact-Weighted Accounts, della Harvard Business School.

Lei sostiene che «l’impatto deve essere portato al centro della nostra società e dei nostri sistemi economici». Che cosa significa in concreto: è la fine del sistema capitalistico come lo conosciamo oggi?
La tecnologia e i big data ci permettono di misurare l’impatto delle aziende in modi che non avremmo nemmeno potuto immaginare anche solo dieci anni fa. Oggi siamo in grado di raccogliere dati su impatto ambientale, occupazione, differenze salariali, differenze nelle condizioni di lavoro e diversity all’interno delle aziende, e possiamo assegnargli un valore monetario in euro o in dollari. Questo crea un linguaggio unico per parlare di impatto, che permette di fare comparazioni fra imprese. Attualmente stiamo lavorando per assemblare le metriche i modi per “monetizzare” questi impatti in modo da creare un sistema di accounting dell'impatto stesso. Sarà la prima volta nella storia che, quando guardiamo a un'impresa, potremo misurarne la performance in termini di impatto sociale e non unicamente di profitto.

Recentemente ha scritto una lettera al Primo Ministro italiano Mario Draghi, chiedendogli di fare un passo importante verso l'impact investing durante la presidenza italiana del G20. Cosa può fare Draghi concretamente in questi mesi, e cosa si aspetta che faccia?
In primo luogo, mi aspetterei che incoraggiasse il G20 e l’Italia a rendere obbligatori gli impact weighted accounts per le imprese. La seconda cosa è spingere i flussi di capitale verso il raggiungimento dell'impatto con meccanismi di pay for success. Abbiamo appena visto Enel, una delle più grandi imprese italiane, emettere un’obbligazione da 4 miliardi di dollari e un’altra obbligazione da 2.5 miliardi di euro, dove il tasso d’interesse che paga è inferiore se determinati target ambientali — definiti nel bond agreement — vengono raggiunti. Se Mario Draghi, che ha una perfetta comprensione della finanza, fosse ora in grado di incoraggiare l’uso di titoli pay for success con meccanismi come i green bond, blue bond, brown bond, fino ai social impact bond e development impact bond, questo sposterebbe trilioni di dollari dal mercato delle obbligazioni verso impatti misurabili. In questo modo anche il mercato azionario incomincerà a “spingere” le imprese che restituiscono impatti positivi. Le imprese che rimarranno indietro dovranno recuperare e cercheranno anch’esse di ottenere impatti positivi. Povertà, istruzione, sviluppo delle aree più depresse: i profitti privati rilasceranno capitale per occuparsi di questi temi.

Qual è la differenza fra Esg economy ed impact economy?
La misurazione dell’impatto. Un’economia Esg in cui ci sono intenzioni ma non misurazioni non produrrà tanto quanto un’economia impact che implementa anche misurazioni di impatto. L’impact economy è definita dall’avere sia l'intenzione, sia la misurazione dell'impatto creato. L’Esg ha l'intenzione, ma non la misurazione.

Chi dovrebbe sostenere i costi di queste misurazioni?
Diventeranno parte del costo di fare business tanto quanto oggi lo è la contabilità finanziaria.

Che ruolo avranno le imprese sociali e le organizzazioni del Terzo settore in questo processo?
I consumatori, i lavoratori e gli investitori stanno spingendo le imprese a cambiare le proprie abitudini. Poi i governi avranno una funzione decisiva nel creare il contesto giusto. Veniamo al Terzo settore. Sino ad ora il potere pubblico ha mantenuto questa realtà piccola e a corto di fondi. Nel mondo ci sono poche charity di grandi dimensioni. Pensiamo alle donazioni. Se io dono, ma non so quali risultati hanno prodotto quei fondi, probabilmente dopo qualche anno non donerò più a quella organizzazione…


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