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Con la Family Room a Niguarda i bambini malati non sono più soli

Il progetto Family Room della Fondazione Ronald Mc Donald arriva in uno dei maggiori ospedali di Milano: Niguarda. Una vera e propria abitazione, pensata per ospitare i familiari dei bambini in ospedale

di Diletta Grella

Anika nasce a gennaio all’ospedale Niguarda di Milano. Purtroppo, però, soffre di una piccola anomalia cerebrale e necessita di un intervento molto delicato, che la costringe a restare per una ventina di giorni in terapia intensiva neonatale. Merrie Claire, la sua mamma, non la lascia un attimo. E può non lasciarla, perché sullo stesso piano del reparto dove Anika è ricoverata, da qualche settimana è stata aperta la Ronald McDonald Family Room, una vera e propria abitazione, pensata per ospitare i familiari dei bambini in ospedale. «Per me questo posto è come una casa lontano da casa», spiega Merrie Claire emozionata. «Ho potuto non uscire dall’ospedale mentre la mia bambina era ricoverata. Mio marito e l’altra bambina venivano a trovarmi e si fermavano a dormire».

La missione della Fondazione

«La mission della Fondazione Ronald McDonald», spiega Maria Chiara Roti, direttore generale, «è accogliere i familiari di bambini che devono rimanere in ospedale per cure mediche. Operiamo attraverso due diversi tipi di strutture: le Case Ronald McDonald, vere e proprie abitazioni esterne agli ospedali e le Ronald McDonald Family Room, che sorgono invece all’interno delle strutture ospedaliere. Attualmente in Italia abbiamo quattro Case: due a Roma, una a Firenze e una a Brescia. Le Family Room invece sono tre: a Bologna, Alessandria e appunto questa a Milano». «Era da tanto che desideravamo essere presenti in questa città», continua Laura Monica Panni, Operation and Development manager della Fondazione: «Ogni anno presso l’Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda vengono ricoverati 4mila bambini, di cui circa il 35% arriva da fuori Milano, c’era bisogno di un posto così. Abbiamo partecipato ad un bando promosso dall’ospedale e abbiamo vinto. Una sfida enorme, perché il primo lockdown ha interrotto i lavori di ristrutturazione, ma non ci siamo arresi e a dicembre abbiamo potuto ricevere la prima famiglia».

Rosaria Zaccaro (a destra, nella foto qui a fianco), coordinatrice della Family Room, insieme ad un’ospite, guarda il libro dei pensieri (fotografato anche nella pagina di sinistra), dove i familiari dei bambini ricoverati all’Ospedale Niguarda possono lasciare un loro messaggio


Il costo del progetto

L’impegno economico per la realizzazione della Family Room è stato di 412mila euro, raccolti per il 51% da aziende, per il 39% da enti filantropici e fondazioni e per il 10% da privati. Il costo annuo di mantenimento previsto è di circa 60mila euro. Lo spazio si estende su una superficie di 270 metri quadrati. Ad accogliere gli ospiti c’è Rosaria Zaccaro, due enormi occhi blu e un sorriso luminoso che si intravede anche con la mascherina. La persona che tutte le famiglie in un momento di difficoltà vorrebbero incontrare. Zaccaro ci guida alla scoperta dello spazio che lei coordina: «Nella Family Room di Milano, nel cuore di Niguarda, abbiamo due camere da letto con bagno privato, dove le famiglie possono stare tranquille e alcuni spazi comuni, come una cucina con due spazi distinti per fare da mangiare, una living room, una stanza dedicata allo smart working, un terrazzo, una lavanderia… C’è anche un’area relax che all’occorrenza può accogliere una terza famiglia. In totale i posti letto sono dodici». Ad aiutare Rosaria, una decina di volontari. Tra di loro c’è Patrizia Cirpi: una volta alla settimana stacca dal lavoro e viene qui. «Mi accerto che tutto sia in ordine» racconta. «E poi interagisco con i nostri ospiti. Hanno bisogno di qualcuno che li ascolti, di calore umano, di un sorriso… Ripenso a una mamma che una sera mi ha buttato le braccia al collo singhiozzando. Il tempo in quel momento si è fermato. Sono emozioni che non puoi dimenticare».

Per avere una camera all’interno della Family Room, le famiglie devono fare richiesta al Dipartimento Materno Infantile dell’ospedale, che valuta i casi più bisognosi, in base alla lontananza dal proprio domicilio, alla patologia di cui soffre il bambino e alla durata della degenza. Da dicembre ad oggi, sono state accolte dieci famiglie. Nell’area relax possono invece accedere tutti i famigliari di bambini ricoverati nei reparti di pediatria e neonatologia. Ovviamente in questo periodo di pandemia, gli accessi sono contingentati.

Un affresco di bellezza

A separare la Terapia Intensiva Neonatale dalla Family Room, c’è un breve corridoio. Qui, l’artista Domenico Fazzari ha realizzato un affresco: un albero rigoglioso immerso nella natura, che è capace di rigenerare quando se ne ha più bisogno. Si tratta di un lavoro che fa parte del progetto “Terapiarte” che Fazzari porta avanti da anni, all’interno dei reparti ospedalieri. Stefano Martinelli è il direttore di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale a Niguarda. «Questo luogo ha un’importanza fondamentale:», spiega, «da un lato, le famiglie sono felici perché possono rimanere vicine ai loro bambini e quindi vivere in modo più sereno un momento difficile. Dall’altro, anche i bambini beneficiano di questo posto: ormai è scientificamente dimostrato che la vicinanza dei genitori favorisce lo sviluppo neuromotorio e psicologico dei neonati». «In questo anno di Covid», continua il direttore generale Roti «questa Family Room assume un valore ancora più importante, perché fa sentire le famiglie più sicure e protette». Che conclude annunciando il prossimo step: «Riuscire a portare a termine questo progetto in un momento così tragico ci ha dato grande slancio ed energia positiva: abbiamo appena vinto un bando presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, dove entro fine anno apriremo uno spazio come questo. E poi abbiamo un desiderio: aprire una Casa Ronald McDonald a Milano, a disposizione dell’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi e della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Il bisogno è grande e cercheremo di essere al servizio di quante più famiglie possibile».


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