Cooperazione & Relazioni internazionali

Profughi, fino a quando l’Europa continuerà a girarsi dall’altra parte?

Sono quasi 20mila i migranti sbarcati sulle coste dell’Italia da gennaio al 22 giugno. L’anno scorso, complice il lockdown nello stesso lasso di tempo c’erano stati meno di 6.184 sbarchi. La pressione migratoria è tornata a crescere su tutte le coste meridionali del Continente. Proprio questo sarà uno dei temi al centro del Consiglio europeo che si riunirà il 24 e 25 giugno

di Luca Cereda

La pandemia ha avuto degli effetti chiari sulle migrazioni nel Mediterraneo. Chiudendo i confini per motivi sanitari, tra marzo e maggio 2020 molti paesi europei tra cui l’Italia si sono di fatto isolati, credendo di scoraggiare l’arrivo di migranti che – era opinione diffusa – sarebbero stati comunque molto meno disposti a partire, per paura di essere contagiati dal nuovo coronavirus. Oggi, a un anno di distanza, è chiaro che il trend innescato dall’epidemia è esattamente quello opposto. Per questo motivo al centro del Consiglio europeo in calendario il 24-25 giugno, i 27 leader europei metteranno in cima all'agenda i flussi migratori.

I dati dei migranti di ieri, per capire i dati dei migranti di oggi

In Italia, nel 2020, sono sbarcate 34.133 persone. Pur trattandosi di numeri straordinariamente inferiori ai circa 150mila -180mila arrivi registrati tra il 2014 e il 2017, rappresentano comunque un aumento significativo, visto il periodo sanitario in cui sono arrivati.

I numeri oggi descrivono il seguente scenario: al 22 giugno 2021, le persone arrivate nel nostro paese sbarcando dal mar Mediterraneo, quindi sulla “rotta mediterranea” sono 119.320. Da gennaio a giungo dello scorso anno il numero si era fermato a 6.184. Intanto sono già 3.124 i minori stranieri non accompagnati sbarcati in Italia al 22 giugno 2021, rispetto al totale del 2020 che si è “fermato” a 4.687. Questi sono i dati ufficiali contenuti nel “cruscotto” del Ministero dell’Interno.

Da dove proviene chi arriva in Italia dal Mare?

Chi sono e da dove arrivano i migranti nel nostro Paese? Se circa il 60% dei 32mila migranti arrivati in Italia nel 2020, proveniva dalla Tunisia, a seguito dello scoppio della pandemia, lo dobbiamo ad un motivo principale: «Questo cambiamento di nazionalità nel 2020, rispetto alla preminenza dei migranti dell’Africa Subsahariana del prepandemia – osserva Livia Ortensi, demografa responsabile del settore statista di Ismu – ci dice molto dei motivi che determinano, anche oggi nel 2021, le numerose partenze tunisine. Ovvero la vicinanza geografica e prospettive economiche deprimenti a causa della pandemia di Covid che ha sconvolto l'industria del turismo su cui fa affidamento circa il 10% della forza lavoro tunisina. E il fatto che l'Italia e molti altri paesi europei abbiano chiuso i canali di migrazione regolare quest’anno e l’anno scorso non ha permesso a molti giovani in cerca di lavoro di entrare regolarmente nell’Unione Europea, come lavoratori stagionali». Per i migranti da paesi vicini all'Europa, la pandemia ha funzionato da moltiplicatore: a condizioni di rischio invariate ha aumentato esponenzialmente le ragioni per spostarsi.

Perché i migranti dal Bangladesh arrivano in Italia dal Mediterraneo?

Tra le nazionalità dichiarate al momento dello sbarco in questo 2021, non stupisce chi come la professoressa Ortensi, studia i flussi migratori: con 2.784 migranti, quella proveniente dal Bangladesh è la comunità nazionale più presenta negli sbarchi a Lampedusa e sulle coste del sud Italia. Basta dare uno sguardo agli indicatori economici del Paese del Sudest asiatico per capire che la principale ragione che spinge alla partenza è la seguente: il Bangladesh è uno dei Paesi più poveri al mondo. Nel loro viaggio verso l’Europa incontrano la cosiddetta “rotta mediterranea”, oltre che quella più a nord che dalla Turchia li porta a passare per quella “balcanica”. La loro destinazione in Italia sono soprattutto le grandi città, dove i bengalesi trovano comunità ampie e molto radicate sul territorio a cui appoggiarsi.

A ruota dei bengalesi in questo 2021 seguono ancora – in quanto a numeri – i migranti provenienti dalla Tunisia con 2.679 sbarchi. Questa nazionalità resterà alta nei numeri degli sbarchi per via della crisi economica accentuata dalla pandemia nella regione.

In quale situazione versa l’accoglienza dei migranti italiana?

Per capire la situazione dell’accoglienza dei migranti nel 2021 – tra Cpa, i centri di prima accoglienza, i Cas, i centri di accoglienza straordinaria e i Siproimi, ovvero il sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati – dato che il Ministero dell’Interno non ha ancora fornito i dati non aggregati, tocca guardare, per fare un parallelismo, a quanto accaduto nei primi sette mesi del 2020. Se la prima accoglienza è un sistema che in Italia vive sempre di “emergenze”, è quella parte che subisce maggiormente la pressione dei nuovi sbarchi: è accaduto nell’estate 2020 con la ripresa dei flussi migratori post-lockdowne accade ancora di più oggi ai Cpa di Lampedusa, e a quelli siciliani di Pozzallo e Messina. Lasciati sempre più soli e con poche risorse e spazi.

Al livello successivo, la capienza prevista nei contratti tra le prefetture e i gestori dei Cas, è però passata da 82.943 a 73.740 posti (-11%). 10mila posti e circa 600 strutture in meno da gennaio a luglio. A fine luglio 2020 nei centri di accoglienza straordinaria a fronte dei 73.740 posti convenzionati erano registrate 59.326 presenze di migranti. La differenza supera le 14mila unità. Un abisso soprattutto per chi usa la retorica “dell’invasione”. Nessuna Regione italiana, Sicilia inclusa, era “satura”.

Anche nell’accoglienza diffusa del Siproimi nel 2020 ha una situazione quantomeno problematica. A fine luglio 2020 su 30.682 posti disponibili erano presenti solo 21.564 persone. Il calo è rintracciabile anche all’inizio del 2021: al 28 febbraio sono presenti nel sistema di accoglienza dei migranti in Italia circa 78 mila persone. Di queste, 52 mila, circa il il 67 per cento era ospitata nei Cas, solo 25 mila sono le persone presenti nei centri Sai – il Sistema di accoglienza e integrazione introdotto con la riforma Lamorgese.
 Segnale inequivocabile che la transizione dall’accoglienza straordinaria a quella ordinaria è ancora lontano dall’essere compiuto.

Un sistema di asilo europeo?

La pandemia ha colto di sorpresa i sistemi di accoglienza e asilo europei rivelandone le vulnerabilità e mettendo in luce la drammatica urgenza di un sistema comune di asilo. Soprattutto in Italia dove la retorica, ma anche i sistemi operativi di accoglienza, funzionano sulla base del modello “emergenziale”. La maggior parte delle carenze preesistenti alla pandemia sono dovute all mancanza in Italia di strutture idonee e di personale. Questa situazione pregressa ha reso l'impatto della pandemia sui migranti molto peggiore di quanto avrebbe potuto essere, con gravi carenze sul fronte della salute pubblica e dei diritti umani. E questo, sopratutto l’estate scorsa, ha spalancato la parola alla retorica populista del “migrante untore” alimentata da una parte della politica nazionale, ma anche europea. Inoltre, la chiusura delle frontiere e le limitazioni ai viaggi hanno determinato la sospensione delle procedure di spostamento tra i Paesi dell’Unione che costringono o hanno costretto per molti mesi, le persone a tornare in situazioni in cui temono persecuzioni o torture, in violazione del principio di non respingimento. L’idea è quella a livello europeo di formulare una proposta per provare a superare lo stallo sul Regolamento di Dublino e la regola del paese di prima accoglienza.

Siamo ancora troppo lontani da un sistema di accoglienza comunitario: ma…

Un sistema di accoglienza ed asilo europeo è ancora lontano, lontanissimo, visto che l’Europa punta molto sul rafforzamento delle frontiere esterne, sugli accordi con i paesi di partenza e l’unica “nota” – a questo punto verrebbe da dire stonata – diversa rispetto al soluto atteggiamento, riguarda la discussione di un meccanismo di solidarietà obbligatorio tra i Paesi di primo arrivo – come il nostro – e gli altri. Intanto non per caso, mentre il premier Draghi era a Madrid con il premier spagnolo Sanchez, il presidente francese Macron era nella capitale tedesca da Merkel per un incontro in vista del Consiglio del 24 e 25 giugno. La riprova sta nel fatto che la cancelliera tedesca, nella conferenza stampa, abbia ricordato come la Germania abbiamo sempre accolto migranti e che riceve un numero di richieste di asilo di gran lunga superiore a quelle dell’Italia, nonostante il nostro sia un paese di approdo dei migranti. Germania e Francia inoltre sono unite nell’accusare la Grecia di usare l’asilo politico come uno strumento per liberarsi dei migranti, anziché gestirli.


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