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Giani: «Misericordie? Ripartiamo dalla sanità di prossimità e dalle Case del noi»

Aretino classe '62, Domenico Giani è il nuovo presidente della Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia. È stato dal 2006 al 2019 direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile dello Stato della Città del Vaticano e comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano. Dal 1 ottobre 2020 guida in qualità di Presidente Eni Foundation. L'intervista

di Lorenzo Maria Alvaro

Inizia a muovere i suoi primi passi come sottufficiale e ufficiale della Guardia di Finanza per poi essere distaccato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, operando nel SISDE, allora parte dei servizi di informazione e sicurezza italiani. Però Domenico Giani, oggi nuovo presidente della Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia che succede a Ugo Bellini, non è un poliziotto qualunque. Nel 1999 entra nell'allora Corpo di Vigilanza dello Stato della Città del Vaticano e ne viene nominato Vice Ispettore generale Vicario. Dopo 7 anni sostituisce Camillo Cibin sia come Ispettore generale del Corpo sia come responsabile della Direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile, che coordina anche i Vigili del Fuoco, Diviene membro del Comitato di Sicurezza Finanziaria, istituito con un Motu Proprio da papa Francesco, e Focal Point per la Santa Sede dell'OSCE. L'elenco delle onorificenze, italiane, vaticane ed estere occupa metà della pagina Wikipedia a lui dedicata. Ma a chi glielo fa notare risponde ridendo che «come dice mia moglie le onorificenze non aumentano lo stipendio e non mandano in paradiso. Sono certamente una cosa che fa piacere ma nella vita non sono quelle l'importante. L'importaqnte è essere persone per bene».


Il suo è un curriculum vitae militare. Come si posa una figura come la sua con una grande associazione di volontariato come le Misericordie?
La vocazione primaria: il servizio alla gente. Un poliziotto, un soldato o un vigile del fuoco sono come i volontari civil servant. Si impegnano per il bene comune e per la pubblica utilità. Per me almeno è sempre stato questo. Sono stato educato in un ambiente molto cattolico e all'età di 12 anni entrai nelle Misericordie. Quella è stata la mia scuola dove ho imparato l'attenzione alla persone, la vicinanza ai sofferenti e la prossimità alla morte. Avvertivo, sin da piccolo, questo senso di giustizia e dello Stato. Così da un lato ero volontario dall'altro entrai in Guardia di Finanza.

Come è nata la sua candidatura alla presidenza della Confederazione?
Piuttosto casualmente a dire la verità. Io sono sempre stato nella mia Misericordia di Arezzo ma fuori dal contesto nazionale. Sono stato chiamato da Alberto Corsinovi e Monsignor Agostinelli, che mi hanno chiesto la disponibilità. Ho accettato per spirito di servizio, non avrei potuto fare altrimenti, dopo 40 anni di volontariato sul campo.

Usando una battuta sembra la ratio della scelta sia che per un'epoca di guerra serva un capo militare…
(Ride) Certamente uno dei motivi è stato dettato dalla situazione globale. Siamo in un periodo quasi post pandemico, un momento storico in cui il movimento desidera e sente la necessità di rilanciarsi. Mi è stato chiesto di dare il mio contributo in quest'epoca emergenziale.

Quali sono le priorità della sua agenda?
Oggi, in una fase di attenuazione della pandemia da Covid19, che ha flagellato il nostro Paese e il resto del mondo che ci ha allontanato gli uni dagli altri abbiamo avuto la prova di quanto sia importante essere uniti. La lontananza ci ha unito, ci ha reso più prossimi. Ci ha fatto capire che il nuovo umanesimo, spesso richiamato come possibilità a cui tendere, è un obiettivo da poter raggiungere. Non attraverso una forma acritica di antropocentrismo, ma come nuova collaborazione tra gli uomini, tra uomo e natura, tra generazioni, tra cittadini, tra associazioni e istituzioni, tra popoli e religioni. Una rete inclusiva in cui ci si prenda cura gli uni degli altri e ci si faccia carico della persona. In quest’anno le Sorelle e i Fratelli delle Misericordie non si sono mai tirati indietro, nonostante le comprensibili paure di entrare a contatto con il virus e portarlo nelle proprie case, nelle proprie famiglie. Non solo: il numero dei volontari che ogni giorno si sono presi cura della popolazione, durante la pandemia, è cresciuto. Molte persone infatti hanno deciso di mettersi a servizio degli altri indossando i nostri colori giallo-ciano, spinti dalla volontà di donare il proprio tempo e il proprio impegno alla comunità. È questo il patrimonio più grande delle Misericordie: il patrimonio umano.

Come si declina tutto questo dal punto di vista concreto e operativo?
Grazie alla forza di questo patrimonio umano abbiamo lanciato un nuovo modello di gestione, quello della sanità di prossimità. Questo è stato possibile ritagliando i servizi a misura della persona, sviluppando ulteriormente le competenze degli operatori e investendo sulla loro formazione, valorizzando la partecipazione comunitaria, migliorando accessibilità e fruibilità. Di fronte ad un virus aggressivo che produce l’isolamento incondizionato dagli altri per settimane, il mondo del volontariato ha retto e ha conquistato nel territorio il risultato fondamentale di non lasciare indietro nessuno anche laddove il sistema sanitario è stato completamente assorbito da una guerra dura e aspra combattuta dentro gli ospedali per salvare vite umane. Ora si sta uscendo dalla fase emergenziale e si deve entrare nel post pandemia. In questo ambito si inserisce il progetto “Hope” grazie a cui sarà possibile garantire una rete di protezione sociale con la realizzazione di 200 sedi di “Case del noi”, in cui essere accolti e accompagnati in un percorso di autonomia economica, e l’allestimento di 31 empori solidali dove approvvigionarsi di prodotti alimentari e beni, gratuitamente. Vedo le Misericordie che continuano a fare quello che hanno semrpe fatto insomma ma uscendo dalle ambulanze e dai circoli e andare incontro ai nuovi bisogni.

Insomma serve imparare la lezione del Covid?
Certo, dal prodotto interno lordo dobbiamo passare a quello che chiamerei Pil umano. Bisogna tenere sempre in mente il venerdì santo 2020 con Papa Francesco parlava ad una piazza vuota dicendo che siamo tutti sulla stessa barca. Quello che bisogna considerare è che non è detto che ci abbia cambiato in meglio il virus. Stanno emergendo nuovi individualismi ed egoismi. Dobbiamo riscoprire le nostre origini: le Misericordie nascono nel 1244 come defensor fidei, in cui il servizio si faceva esercitando la carità. Come movimento siamo chiamati oggi a batterci su questo fronte.


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