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Roberto Vacca: «Scrivere in maniera leggibile? Una questione di inclusione»

Un problema, sollevato da Tullio De Mauro negli anni Settanta, ritorna oggi d'attualità: scrivere in maniera chiara e leggibile documenti, atti, circolari è uno strumento di inclusione sociale. Ne parliamo con l'autore del più celebre tra gli indici di di leggibilità, il Flesch-Vacca, tutt'ora usato anche per definire i ranking dei motori di ricerca

di Marco Dotti

Firmato dal Presidente Obama il 13 ottobre 2010, il Plain Writing Act è una legge federale che impone alle agenzie governative di promuovere comunicazioni chiare, in linguaggio accessibile affinché «il pubblico possa comprenderle e servirsene». C’è voluta una legge, anche se non è bastata, per riportare attenzione su un problema: l’illeggibilità dei testi non pregiudica solo la loro comprensione dei medesimi, ma accentua asimmetrie sociali, amplia divari materiali, compromette l’esercizio stesso della cittadinanza.

La questione non è nuova e, in Italia, venne affrontata tra gli altri da Tullio De Mauro. Fu proprio lui, nel 1977, a promuovere un importante convegno su comprensione e leggibilità presso il Dipartimento di scienze del linguaggio dell’Università di Roma. Posto il tema, capito il problema, restava – e in gran parte ancora resta – da capire come valutare nel concreto la leggibilità di un testo.

L'approccio è di tipo quantitativo. Si valutano struttura e numero di parole, periodi e frasi. L’americano Rudolf Flesch, che nel 1949 diede alle stampe The Art of Readable Writing, fu il pioniere di questo approccio. L’anno prima della pubblicazione del suo libro, Flesch elaborò una propria formula, tutt’ora in uso, per misurare la readability.

«La scala dell’indice di leggibilità (IL) va da 100 per i libri di lettura delle prime classi elementari a zero e anche sotto zero per documenti come i regolamenti doganali e quelli di applicazione delle leggi», spiega Roberto Vacca.

Dobbiamo a Vacca il merito e l’intuizione di aver adattato all’italiano, con l’apporto dell’ingegnere Valerio Franchina, l’indice di Flesch. Partendo da due versione dello stesso libro, scritto in italiano e in inglese, Vacca arrivò alla definizione di uno tra gli indici di leggibilità più noti e conosciuti, anche tra chi si occupa di SEO e ranking sui motori di ricerca: il Flesch-Vacca.

In base al Flesch-Vacca, l'Indice di leggibilità (IL) definito da questa formula:

IL = 217 – 1.3 (Numero Parole / Numero Frasi) – 61.8 (Numero Sillabe / Numero Parole)

Misurando il numero medio di parole per fra e il numero medio di sillabe ogni cento parole, l’indice Flesch-Vacca fornisce un parametro per valutare la leggibilità rispetto a un dato pubblico. Ad esempio, un indice tra 0 e 30 è considerato molto, molto difficile, mentre tra 60-70 è considerato comprensibile a studenti di età fra i 13 e i 15 anni.

Nel 1972, dopo aver letto il libro di Flesch, spiega Vacca «mi venne l’idea di adattare la formula di leggibilità all’italiano. In italiano, abbiamo meno parole che in inglese, ma le nostre parole sono più lunghe. Pubblicai un articolo su Tuttolibri de La Stampa e lanciai la sfida della leggibilità che, a quanto vedo, è tutt'altro che superata»·

«Sottoposi una serie di scrittori e politici alla valutazione dell'indice e ne uscirono punteggi alquanto divertenti: 10 per Gadda, 22 Berlinguer, 33 Amintore Fanfani, 35 Andreotti, 47 Giorgio Bocca, 49 Leopardi, 57 Primo Levi e 70 Moravia». I buoni scrittori, racconta Vacca, stanno tra 60 e 70 , mentre i buoni giornalisti attorno a 40, mentre «la media degli uomini politici è attorno a venti, mentre gli atti applicativi delle nostre norme hanno addirittura un indice negativo, talvolta a -200»·

«Le procedure e le considerazioni quantitative che si fanno sulla scrittura sono importanti», aggiunge Vacca.« Il libro di Flesch, dedicato all’arte dello scrivere in modo leggibile, era in fondo un libro molto semplice. Flesch che cosa ha inventato? Una cosa elementare: ha standardizzato il modo di scrivere chiaramente, suggerendo di usare frasi corte e parole brevi».

Da decenni, spiega Vacca, classe 1927 e centinaia di libri all'attivo, «uso la formula ormai nota come Flesch-Vacca e, da quanto la uso, ho cominciato a scrivere in modo diverso. Mi viene spontaneo di spezzare le frasi troppo lunghe che pure continuano ad affacciarsi alla mente. Evito le parole lunghe, specie se astratte e se finiscono in “-zione” – e i miei libri hanno avuto maggiore successo».

In fondo, insiste Vacca, «si tratta di un procedimento che già George Orwell aveva messo in atto, quando in un suo saggio sulla politica e la lingua inglese suggeriva alcune regole: tra una parola lunga e una corta, usa sempre la corta; tra un parola della lingua in cui parli e quella di un’altra lingua, usa sempre la parola della lingua in cui parli; non usare il gergo; fra l’attivo e il passivo, scegli sempre l’attivo; tra l’astratto e il concreto, usa termini concreti». Ma, poi, Orwell concludeva il suo saggio con un’ultima regola: «piuttosto che scrivere qualcosa di barbaro, trasgredisci tutte le regole precedenti».

Ma, in fondo, perché dedicarsi con tanto rigore a definire un indice di leggibilità? «Per farsi comprendere e per comprendere, perché è in fondo una questione di cittadinanza: abbattere barriere, non erigendo muri di ostilità fatte di parole astruse o rare. Una scrittura semplice – conclude Roberto Vacca – non è una scrittura piana. Lo dimostra anche il premio Nobel per l'Economia Samuelson, che ha saputo scrivere un suo celebre trattato, Economics, con frasi brevi, parole semplici: per farsi capire da tutti e far capire a tutti il valore della conoscenza».

L'inclusione sociale, in fondo, passa anche da qui: da un nuovo impegno per la leggibilità e l'accesso. Misurarlo è possibile, perché non farlo? Per la cronaca, l'indice di leggibilità di questo articolo secondo la formula Flesch-Vacca è 50.


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