Politica & Istituzioni

Assegno unico: il secondo tempo della partita

Da oggi sul sito dell’Inps i cittadini che non sono lavoratori dipendenti possono presentare per la prima volta domanda per avere un sostegno ai carichi familiari: si tratta di quasi 2 milioni di nuclei. I lavoratori dipendenti invece vedranno crescere l'importo degli assegni familiari. Questo però non è ancora l'assegno unico universale e il Forum Famiglie guarda già al secondo tempo della partita.

di Sara De Carli

Nel primo giorno in cui sul sito dell’Inps i cittadini che non sono lavoratori dipendenti possono presentare per la prima volta domanda per avere un sostegno ai carichi familiari, il Forum Famiglie guarda già al secondo tempo della partita. Perché l’assegno unico universale è – a rigore di termini – la meta ancora da raggiungere: quello che parte oggi è solo l’inizio di un percorso, un inizio importante ma pur sempre un inizio. L'intervento infatti si inserisce nel quadro delle riforme previste dal Family Act (sulla legge delega sta lavorando in questi giorni la Commissione Affari Sociali della Camera) e dal gennaio 2022, per tutti partirà l'Assegno unico universale per i figli a carico, che sostotnuirà in una misura unica tutti i sostegni oggi esitenti. Complessivamente le due novità che partono oggi valgono 3 miliardi di euro.

Da oggi oltre 2 milioni di famiglie di lavoratori autonomi, partite Iva e disoccupati, beneficeranno per la prima volta di un assegno per i figli, l’assegno temporaneo per figlio introdotto dal DL 79/2021. Fino al 31 dicembre 2021 potranno presentare domanda all’Inps i nuclei familiari con figli minori a carico che non hanno diritto all’Assegno per il Nucleo Familiare. I destinatari della misura sono lavoratori autonomi; disoccupati; coltivatori diretti, coloni e mezzadri; titolari di pensione da lavoro autonomo; nuclei che non hanno uno o più requisiti per godere dell’ANF. Per fare domanda occorre essere in possesso di un ISEE in corso di validità: l’assegno infatti è riconosciuto fino a 50mila euro di ISEE. Chi già percepisce il Reddito di Cittadinanza non dovrà presentare domanda ma riceverà l’importo in automatico. Non è un click day: tutte le domande valide presentate entro il 30 settembre riceveranno infatti anche le mensilità arretrate, a partire da luglio.

La seconda novità che scatta oggi riguarda i lavoratori dipendenti: quelli fra loro che già godono degli assegni al nucleo familiare, li vedranno aumentare in automatico di 37,5 euro mensili a figlio (se si hanno uno o due figli) e di 55 euro mensili a figlio se si hanno da tre figli in su, da qui al 31 dicembre 2021. È bene ricordare però – perché nell’entusiasmo legittimo e comprensibile del momento la comunicazione sta creando qualche aspettativa un po’ differente – che non tutti i lavoratori dipendenti godono degli assegni familiari, dal momento che tale misura è agganciata al reddito lordo del nucleo e storicamente esclude le famiglie con reddito medio-alto. I livelli di reddito per accedere all’assegno per nucleo familiare per quest’anno sono stati pubblicati dall’Inps con il messaggio n. 2331 del 17 giugno 2021 (vedi allegato 1): per un nucleo di 4 persone, l’assegno si azzera a 70.533,70 euro lordi (che significa per capirci circa 2.700 euro lordi a genitore per tredici mensilità, una bella entrata ma non una roba da milionari); per una famiglia con tre figli se si guadagnano 74.023,90 non si ha più diritto a nulla (sempre per intenderci, circa 2.847 euro lordi in media al mese a genitore, per tredici mensilità). Pertanto – diciamolo chiaro – tutte le famiglie con reddito medio-alto che non beneficiano dell’assegno familiare, non si aspettino euro in più nella prossima busta paga.

Ecco perché il secondo tempo della partita comincia già oggi. «Oggi è una giornata importante, si è partiti con l’assegno unico e non si potrà tornare indietro. Stiamo ricevendo tanti messaggi di persone che hanno inoltrato la domanda e mentre l’Inps vaglierà tutte le richieste, noi continueremo a lavorare per il secondo tempo di questa partita che è l’assegno unico universale» commenta Gigi De Palo, Presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari. «In questi giorni sto incontrando i leader dei partiti politici, perché questa è una misura che unisce e non divide, per trovare un accordo sulle risorse mancanti per arrivare davvero alla “riforma epocale”, come l’ha definita il Presidente del Consiglio Mario Draghi agli Stati generali della natalità. Siamo pieni di misure spot che non attecchiscono, come il contributo a fondo perduto per le partite Iva, il cashback che non ha avuto il successo immaginato o il bonus vacanze inutilizzato, anche perché se avevi 1 o 4 figli era lo stesso. Solo tra il contributo partite Iva e il cashback avanzano ora 7 miliardi, che noi proponiamo di investire sull'assegno unico e universale che partirà dal 1° gennaio 2022».

Già, perché l’universalità dell’assegno è un punto cardine della proposta del Forum delle Famiglie, ma ovviamente costa. Mentre già si sa – lo ha detto anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio – che i 6 miliardi attualmente stanziati potrebbero non essere sufficienti per scongiurare il rischio che alcuni nuclei familiari finiscano per prendere meno di quanto hanno percepito finora. Anche "solo" per questo, che nessuno ci perda, servono 10 miliardi aggiuntivi rispetto alle risorse finora stanziate a sostegno della famiglia: bisogna quindi trovarne altri quattro.

Perché allora ambire al "per tutti", che sarebbe ancora un passo in più? Gigi De Palo già a ottobre 2019 in Commissione Affari Sociali della Camera affrontava di petto la questione: «Perché le politiche per la famiglia non sono da confondersi con le politiche per la povertà, perché culturalmente è un investimento sul futuro, guardando ogni bambino come bene pubblico. D’altronde le detrazioni per ristrutturare casa, il bonus per i 18enni e per gli insegnanti sono concessi senza ISEE: perché si considera un valore l’incentivo a determinati settori economici e un figlio no? Perché un figlio è diverso da un condizionatore?».

Anche Alessandro Rosina oggi su Avvenire lo spiega molto bene: «Da un lato, l’aumento della povertà seguito alla pandemia ha fatto, giustamente, aumentare l’attenzione verso le famiglie più in difficoltà. D’altro lato, però, se questa misura si sposta su tale obiettivo rischia di rimanere debole l’azione a sostegno della natalità (che ha bisogno di un insieme integrato di misure percepite come rilevanti anche dal ceto medio). L’Italia presenta da troppo tempo uno dei divari più ampi in Europa tra numero di figli desiderato e realizzato. Un divario a cui corrispondono rinunce sul percorso di vita personale e squilibri demografici crescenti sul percorso comune del Paese. Se non vogliamo rassegnarci a vedere queste rinunce e questi squilibri allargarsi, è necessario non solo consentire all’assegno di essere una misura di politica familiare in senso proprio, ma anche portarla ai livelli delle migliori esperienze europee. In questo caso il nostro riferimento deve essere la Germania, che destina oltre 200 euro a figlio. Se non lo faremo, dovremo definitivamente rassegnarci a veder crescere rinunce, diseguaglianze e squilibri. E le stesse misure di contrasto alla povertà saranno sempre meno sostenibili».

«È chiaro che vorremmo tutto subito», conclude oggi De Palo, dal momento che «non si tratta di un regalo alle famiglie, ma di giustizia. Non sarà l’assegno unico a far ripartire la natalità, ma con un assegno fatto bene, una riforma fiscale a dimensione familiare che tenga presente la composizione del nucleo sul modello del "Fattore famiglia" e con le risorse mirate del PNRR, si può iniziare a immaginare un Paese diverso».


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