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Raffaella Carrà e quei 150mila bambini che sono un po’ figli suoi

Raffaella Carrà è mancata oggi all'età di 78 anni. Sergio Iapino, nel ricordarla, cita "Amore" come il programma che più di tutti le era rimasto nel cuore. Nel 2006, sulla scia di quella trasmissione, gli italiani avviarono decine di migliaia di sostegni a distanza. Le testimonianze di Marco De Ponte e Giancarla Pancione

di Sara De Carli

Sergio Iapino, nella nota in cui ha comunicato all’Ansa la scomparsa di Raffaella Carrà, ha voluto citare l’impegno di Raffaella per i bambini più poveri e bisognosi di aiuto. A questa preoccupazione, Raffaella Carrà aveva trovato una risposta: il sostegno a distanza. Nella primavera del 2006 infatti Carrà e Iapino firmarono insieme “Amore”, un programma che potrò in prima serata, sulla Rai, l’adozione a distanza. L’effetto fu dirompente: almeno 130mila italiani avviarono un sostegno a distanza.

Nella nota di oggi Iapino ricorda proprio questo tratto di Raffaella, descrivendola come una «donna fuori dal comune eppure dotata di spiazzante semplicità, non aveva avuto figli ma di figli — diceva sempre lei — ne aveva a migliaia, come i 150mila fatti adottare a distanza grazie ad "Amore", il programma che più di tutti le era rimasto nel cuore».

In quegli anni, erano almeno 1 milione nel mondo i bambini sostenuti a distanza dagli italiani e certamente quel programma, con il dibattito di pro e contro che si portò appresso, diede una spinta notevole. La Carrà infatti per dieci puntate andò in giro per il mondo a documentare come un sostegno a distanza potesse (e può tuttora) cambiare la vita di un bambino, facendo talvolta incontrare in studio, come una carrambata, il sostenitore italiano con il figlio dall'altra parte del mondo. Lei stessa ha più volte raccontato pubblicamente di avere diversi bimbi adottati a distanza.

Cinque anni dopo, nel 2012, Vita dedicò una copertina al sostegno a distanza e tante organizzazioni ci raccontarono, ammettendo anche un po’ di stupore, la fedeltà di quei sostenitori incontrarti grazie alla tv.

Ad Action Aid a seguito di quella trasmissione 40mila italiani si rivolsero per attivare un sostegno a distanza: «Moltissimo sono rimasti nel tempo, molti SAD sono attivi ancora oggi, a 15 anni da quel programma», conferma Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid. «Come tanti italiani Raffaella Carrà aveva un’idea se vogliamo semplice di quello che è il sostegno a distanza, come se donando dei soldi si risolvessero tutti i problemi di un bambino. Ovviamente non è così. Detto questo, il compito della tv è quello di fare da cassa di risonanza su un problema e attrarre l’attenzione del pubblico, quello di far capire la complessità delle cose invece è un compito che spetta a noi organizzazioni più che alla tv, insieme a quello di non tradire la fiducia dei sostenitori che si avvicinano a noi. Per noi è stata una opportunità».

Anche Giancarla Pancione, Direttrice Marketing e Fundraising di Save the Children Italia, a distanza di tanti anni continua ad apprezzare il fatto che Raffaella Carrà in quella trasmissione ci credesse davvero: «L’ho incontrata una volta a Torino, si percepiva il suo desiderio di fare qualcosa per i bambini, ci credeva e ci ha messo la faccia». Save the Children aveva iniziato a lavorare in Italia solo dal 1999, quindi all’epoca di “Amore” era una organizzazione «piccola e giovane rispetto ad altre» e tantissima gente «ci chiamava proprio per Raffaella Carrà, per la sua credibilità. Il suo è stato anche un bell’atto di fiducia nei nostri confronti, che ci ha dato visibilità e ci ha fatto da trampolino di lancio». Pancione conferma, 15 anni dopo, la fedeltà dei sostenitori a distanza che hanno scelto di avviare un SAD grazie alla Carrà: «Abbiamo avuto una buona retention dovuta proprio al fatto che lei ci ha messo la faccia, parlando in modo caldo e insieme popolare ma facendo anche informazione, perché abbiamo portato tantissimo materiale sui progetti».

Il sostegno a distanza, pur senza i numeri della sua “epoca d’oro” continua ad essere uno strumento efficace per proteggere e sostenere l’infanzia e un tipo di prodotto che piace agli italiani proprio per quella possibilità di relazione che ha in sé: «Il concetto di adozione a distanza ormai è superato, tutti oggi sanno che il sostegno va alla comunità e non al singolo bambino, ma il fatto di poter scrivere a un bambino, vedere le sue foto, avere una relazione con lui è una cosa molto bella e per tanti genitori è anche uno strumento educativo. Ricorderò sempre la faccia di un bimbo in Nepal quando aprì la lettera che gli avevo consegnato, da parte della signora che lo sosteneva a distanza… e per la prima volta in vita sua vide la foto del mare».

Foto di copertina, MARIO CHIODO/AG.SINTESI


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