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Lo sport che allena all’inclusione sociale

Nel quartiere San Cristofaro arriva il progetto Sport For All, un programma di Fondazione Milan che attraversa l’Italia per dare a tutti i bambini che vivono contesti di fragilità l’opportunità di sentirsi “campioni” e che in Sicilia si incontra con l’esperienza di Prossimità di Fondazione Èbbene. Lo sport è un legame che vince contro l’illegalità dei quartieri, che toglie i ragazzini dalla strada e costruisce per loro uno spazio nuovo nel quale crescere con le stesse opportunità dei ragazzi di città

di Anna Spena

Quartiere San Cristofaro, zona sudoccidentale di Catania. «La povertà entra prepotente in ogni strada. Il tasso di criminalità, soprattutto quella giovanile, è alto», racconta Sara Munzone, responsabile del polo educativo del Centro di Prossimità Spazio 47 che la Fondazione Èbbene ha aperto nel quartiere. «Difficoltà genitoriali, moltissime ragazze madri. Queste famiglie hanno bisogno di essere accompagnate a 365 gradi. Quindi come contrastare l’esclusione sociale dei bambini? Come lavorare insieme a loro anche nelle periferie più difficili? Lo sport, oggi, per è lo strumento vincente. L’idea è stata quella di portare nelle periferie un progetto che mette al centro le abilità e non le disabilità di ciascuno, trasformando campetti di calcio in laboratori di Prossimità. Sono questi gli assi su cui ruota Sport for All, il programma di Fondazione Milan che attraversa l’Italia per dare a tutti i bambini che vivono contesti di fragilità, l’opportunità di sentirsi “campioni” e che in Sicilia si incontra con l’esperienza di Prossimità di Fondazione Èbbene. «Lo sport è uno strumento di inclusione e da qui parte la riscoperta del valore educativo di tante iniziative come quelle messe in campo a Catania nel quartiere San Cristoforo«, spiega Rocco Giorgianni, Segretario Generale della Fondazione Milan. «Il programma permette di scoprire le eccellenze del territorio e l’obiettivo è quello di sviluppare delle partnership con realtà del Terzo settore, come Fondazione Èbbene».

Perché lo sport «è un diritto da garantire a tutti», aggiunge Edoardo Barbarossa, presidente di Èbbene. «Ed è proprio nelle periferie che serve costruire spazi accessibili per contrastare esclusione sociale che sovente caratterizza il volto dei quartieri. Per questo abbiamo accolto con grande entusiasmo la scelta di Fondazione Milan di costruire, per il secondo anno consecutivo, con Èbbene un programma che ci permette di rafforzare la relazione con i bambini e con le famiglie». Il Progetto di Sport for all è stato realizzato lo scorso anno a Vittoria in provincia di Ragusa, garantendo a tanti bambini con disabilità e che provengono da contesti di fragilità di svolgere attività sportive con i loro compagni di gioco.

«L’obiettivo del progetto», continua la responsabile Sara Munzone, «è rafforzare il Polo Educativo Spazio 47 con specifiche attività sportive che consentano l’integrazione di ragazzi in condizione di disagio sociale ma soprattutto di giovani con disabilità che in questo quadro così degradato sono maggiormente esclusi, emarginati, lontano da percorsi che possano valorizzare le loro potenzialità e talenti. Le attività che abbiamo pensato servono a creare integrazione attraverso lo sport tra minori normodotati e minori con disabilità, far sì che i partecipanti acquisiscano il rispetto delle regole, dei compagni di squadra e degli avversari, prendendo atto di errori e limiti, investendo in pazienza, impegno e sacrifici per poter raggiungere gli obiettivi voluti. Tutto ciò ruota attorno anche ad un altro obiettivo-desiderio e cioè che i destinatari del progetto possano sperimentare e sperimentarsi in un ambito altro dalle loro famiglie spesso deprivate dei minimi strumenti per favorire una crescita sana e di senso dei propri figli».

I ragazzi coinvolti hanno dai 12 ai 16 anni «lo sport», aggiunge Sara, «è un momento di formazione: si impara a fare squadra, a rispettare l’altro, ad essere uniti. Il progetto è partito ad aprile e già abbiamo notato come i ragazzi e le ragazze hanno acquistato fiducia in loro stessi, e capito che lo sport non è solo competizione ma esercizio alla lealtà. Inoltre lavorare su ragazzi ti porta automaticamente a prendere in carico anche le loro famiglie».

Per risollevare le sorti del quartiere, è ai giovani che bisogna dare ancora più attenzione: «Quando l’esclusione sociale travolge i bambini il rischio è più alto», dice Elisa Furnari, componente consiglio di gestione e responsabile delle relazioni esterne di Fondazione Èbbene. «È il futuro ad essere contaminato, la speranza del cambiamento. È una delle sfide più impegnative che Èbbene si trova ad affrontare, specie quando il terreno sono le periferie, quelle delle città ma anche quelle sociali, è un terreno ancora più insidioso quando le variabili sono le disabilità o le differenti abilità, quando l’istruzione e la formazione sono elementi occasionali della vita di un bambino, quando “dietro l’angolo” c’è la criminalità pronta a crescere nuove leve. Negli ultimi anni abbiamo sperimentato che c’è uno strumento vincente per dialogare con i bambini più fragili: è lo sport. Un legame che vince contro l’illegalità dei quartieri, che toglie i ragazzini dalla strada e costruisce per loro uno spazio nuovo nel quale crescere con le stesse opportunità dei ragazzi di città. A guardarli in campo, e poi nella vita, è chiaro come attraverso iniziative come Sport for All, anche in contesti conflittuali si riescono a costruire opportunità per crescere insieme: in campo, come nella vita, lo sport insegna che ciascuna persona è portatrice di talento e che se messo a disposizione degli altri, della “squadra”, può generare comunità e futuro. Kevin, Michele, Giulia, Giuseppe, sono i campioni in campo di Sport for All, i testimoni di quel cambiamento che Èbbene promuove e Fondazione Milan sostiene. Il cuore del progetto è proprio nelle parole di Giuseppe, un ragazzo di 14 anni: «Tutti dovrebbero amare il calcio, il pallone ti salva dalla strada e ti permette di realizzare il miglior mondiale della tua vita».