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Rsa e domiciliarità, una falsa contrapposizione

In una conferenza organizzata da Uneba si è fatto il punto sul futuro delle strutture e dei servizi illustrando anche le ragioni per cui non se ne potrà fare a meno, soprattutto davanti a una popolazione sempre più anziana e con forme di demenza grave. Dalla domotica alle nuove professioni fino alla Conferenza nazionale Rsa: le proposte del non profit sociosanitario

di Antonietta Nembri

Contrapporre assistenza domiciliare e accoglienza residenziale è sbagliato e anzi rischia di distogliere l’attenzione dal fatto che entrambe le soluzioni fanno parte di una rete dei servizi per gli anziani. A dirlo sono i numeri dell’Osservatorio Rsa presentati oggi nel corso di una conferenza organizzata da Serenity con Uneba, l’associazione di categoria del non profit sociosanitario di radici cristiane.
I diversi interventi hanno risposto al titolo scelto per l’incontro: “Perché non possiamo fare a meno delle Rsa – Servono risposte diverse su misura dei diversi bisogni di chi è fragile” mettendo in luce come anche quando si parla di Rsa non ci si debba più fermare solo all’idea della residenzialità, ma andando oltre la sigla scoprire che sono sempre più centri che offrono ai grandi anziani servizi diversi.

Per il professor Marco Trabucchi il primo passaggio deve essere la considerazione della differenza tra anziano e anziano per cui «Il rispetto della dignità dell'individuo c’è solo se la risposta ai suoi bisogni è specifica e pertinente. In Rsa le crisi legate all’invecchiamento trovano ricomposizione. Polipatologia, demenza, non autosufficienza, solitudine, povertà, mancanza di caregiving, trovano nelle Rsa ricomposizione. Una risposta globale, di una globalità generosa e positiva. Certamente dobbiamo discutere di problematiche istituzionali, economiche, organizzativi, ma altrettanto è importante ricostruire una cultura forte contro la marginalizzazione, riaffermando che quello delle Rsa è un mondo vitale», ha continuato Trabucchi che ha richiamato le parole di papa Francesco sulla necessità di una vicinanza che abbia i contorni «dell’ascolto, della vicinanza, della tenerezza e della cura». Mentre, ha concluso sottolieando come il rischio per questo «mondo vitale è di venir ucciso dalla burocrazia».

A portare i numeri che spiegano perché anche in futuro ci sarà bisogno della Rsa è stato Antonio Sebastiano, direttore dell’Osservatorio Rsa dell’Università Cattaneo di Castellanza (Va) che ha mostrato come l’età media degli anziani al loro ingresso in Rsa sia di circa 86 anni, «grandi anziani non autosufficienti con problemi di demenza». (Vedi slide in basso)


Inoltre, mostrano ancora i dati, più di uno su tre (il 34%) ha bisogno dell’assistenza del personale delle Rsa per alimentarsi. Sebastiano ha così evidenziato che gli ospiti delle Rsa sono persone estremamente fragili, e che difficilmente possono essere assistite a casa propria.
«Il 63% delle donne oltre i 50 anni svolge la funzione di caregiver informale nel proprio nucleo familiare» ha continuato Sebastiano. «Ma già oggi la struttura della famiglia italiana è cambiata, e in futuro ci saranno sempre meno caregiver, e aumenterà la pressione sui servizi».
Se poi si fa il confronto con i Paesi Ocse, ha aggiunto Sebastiano «L’Italia è nelle retrovie in Europa sia per la residenzialità, con i suoi 270mila posti letto, che per la domiciliarità: dobbiamo investire su entrambe, in ottica di complementarietà. Vedere residenzialità e domiciliarità come alternative l’una all’altra è profondamente sbagliato».
Insomma, le Rsa sono decisive come nodo di filiera nella fase terminale del percorso della non autosufficienza e già oggi e sempre più nel futuro risulteranno essere uno dei pilastri del sistema di long term care italiano.

«Contrapporre assistenza domiciliare e accoglienza residenziale è sbagliato: sono invece due nodi della rete dei servizi per gli anziani, sono complementari», ha insistito Franco Massi, presidente nazionale di Uneba. «In mezzo, ce ne sono altri, come centri diurni e alloggi protetti. Si deve partire dal bisogno e creare delle risposte che devono avere lo stesso obiettivo: il vivere bene – con le cure appropriate e l'attenzione dovuta – della persona anziana. Il suo benessere».

Per Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia al futuro delle Rsa serve «una visione programmatica che trasformi i modelli di presa in carico del processo di invecchiamento, passando dalla centralità dell’acuzie alla centralità della cronicità, e dalla centralità della presa in carico ospedaliera alla centralità della presa in carico territoriale». Per Degani, inoltre, «è fondamentale investire su informatizzazione e digitalizzazione, sulla domotica e la telemedicina. In quest'ambito sono speranzoso di quanto potranno fare le risorse sulla digitalizzazione e l'informatizzazione previste dal Pnrr» ha osservato dicendosi meno fiducioso della parte del Pnrr che invece punta su piccole strutture «perché sotto i 120 posti letto non c’è sosteniblità». Per quanto riguarda la Lombardia guarda alla revisione della legge regionale 23 della riforma sociosanitaria in corso auspicando che «sia funzionale a un percorso di valorizzazione del territorio».

“Uneba Veneto con i suoi 100 enti associati rappresenta, nella nostra regione, il privato sociale che spinge all'innovazione nel settore dei servizi per anziani», ha dichiara Fabio Toso. «Lo abbiamo fatto sviluppando, con la Regione, servizi come ospedali di comunità, unità riabilitative territoriali, case protette per anziani autosufficienti. Lo facciamo, ad esempio, con il “Corso di aggiornamento professionale in Management dei sistemi per i servizi sociali e sociosanitari” che organizziamo assieme all'Università di Verona, perché per realtà sempre più complesse servono manager sempre più preparati: il bene va fatto bene!». Toso ha ricordato le azioni proattive con il territorio oltre alle iniziative di formazione complementare agli operatori sociosanitari «per farli crescere professionalmente e dare loro la possibilità di supportare gli infermieri, e quindi elevare la qualità dell’assistenza. La Regione Veneto ha fatto propria questa iniziativa con una delibera di giunta, attualmente, purtroppo, stoppata dal Tar» ha concluso.

A fine incontro il presidente nazionale Massi ha poi raccolto con entusiasmo la proposta di indire una “Conferenza nazionale sulle Rsa” avanzata dal giornalista di Avvenire. «Ce ne faremo promotori con le altre associazioni di categoria, con le università, con i ministeri, con chi opera in quest’ambito». La proposta ha avuto l’apprezzamento sia di Trabucchi sia di Sebastiano che hanno espresso la disponibilità a collaborare con la Conferenza.

In apertura foto da Pexels


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