Welfare & Lavoro

Generazione Z, viaggiare per crescere e cambiare il mondo

I “ragazzi Z” vivono, consumano e viaggiano in modo molto diverso dal passato. Gabriele Sada, Managing Director della community ScuolaZoo, ci racconta chi sono e cosa li spinge a partire.

di Redazione

Nel mondo i giovani che appartengono alla Generazione Z o Post Millennial, come vengono anche definiti, raggiungono i 2 miliardi di persone, in Italia, secondo l’Istat, sono circa 9 milioni e hanno tra i 5 e i 25 anni, più di 1 milione tra questi è entrato o sta entrando nel mondo del lavoro e nessuno di loro ha mai vissuto in un mondo senza Internet e smartphone. Difficile, se non impossibile, costringerli dentro etichette o definizioni asfittiche, sono complessi, sfuggenti e anagraficamente ancora in divenire. Certo, le narrazioni su di loro non mancano, anzi negli ultimi anni assistiamo a un’abbondanza di rappresentazioni sui media e non solo. Tuttavia, il più delle volte, sono viziate da pregiudizi e luoghi comuni: da quello della screen addiction, incollati ai loro device per sei o più ore ogni giorno, alla scarsa capacità di attenzione, solo otto secondi per decidere se un contenuto o un prodotto è interessante o meno. Generalizzazioni che, se da un lato sono inevitabili, dall’altro non tengono conto del contesto sociale, culturale ed economico nel quale la GenZ è nata e vive.

Comprendere la GenZ

Come raccontare allora questa generazione senza cadere negli stereotipi? Come fotografarla mentre pensa, agisce, consuma, viaggia? Per comprenderla, bisogna conoscerla davvero, senza mediazioni o filtri, bisogna in altre parole guardarla mentre si muove in cerca del suo posto nel mondo. È quello che in Italia fa Gabriele Sada, Managing Director & Equity Partner di ScuolaZoo, la più grande community online di studenti italiani e media brand con oltre 6 milioni di utenti, che dal 2009 organizza anche viaggi per studenti dai 16 ai +18 anni, «Un presente fatto da Gen Z», scrive non a caso sul suo profilo LinkedIn. Per questo, PHYD lo ha scelto come host del talk “Gen Z: un nuovo modo di viaggiare”, un evento per parlare delle scelte di viaggio delle nuove generazioni prima e dopo la pandemia, per capire se e cosa è cambiato in questo ultimo anno e mezzo.

Prima del viaggio, è indispensabile conoscere i viaggiatori, così Sada, attraverso alcuni studi di settore e andando oltre il mero dato demografico, ci introduce nel mondo dei nativi digitali. Un mondo in cui la pervasiva presenza delle tecnologie e dei social nel loro quotidiano, più che testimoniare una dipendenza (come invece avviene per le generazioni più adulte), svela un modo inedito di comunicare, informarsi, consumare, costruire relazioni e identità. È un tempo, quello speso online, in cui gli Zoomer (altro appellativo usato per definirli), esprimono se stessi, in cui si spostano in maniera trasversale tra community diverse, sposandone cause e principi. Il loro mondo si muove velocemente, mostrano di continuo un’attitudine all’accelerazione, che pure non ha nulla a che vedere con disattenzione o superficialità, al contrario: gli Z sono cittadini e consumatori più attenti, consapevoli ed esigenti dei loro genitori. Costretti a muoversi tra miriadi di merci tra loro identiche e in un costante overflow informativo, scelgono solo quello in cui credono, che ne rispecchi i valori e li renda persone migliori. È la fame di esperienza, la possibilità di arricchimento e di affermazione che ne deriva, a contare davvero. E questo vale soprattutto quando viaggiano.

È un tempo, quello speso online, in cui gli Z esprimono se stessi, in cui si spostano in maniera trasversale tra community diverse, sposandone cause e principi

Viaggiare per scoprire se stessi

Viaggiare è per la Gen Z la priorità assoluta per quanto riguarda l’intenzione di spesa (65%), più importante persino di risparmiare per l’acquisto della prima casa (60%). Se volessimo provare a descrivere in che modo viaggiano i ragazzi e le ragazze di questa coorte demografica, potremmo scomodare lo scrittore inglese Robert Louis Stevenson «Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare, per sentire sotto i piedi il granito del globo». Dietro lo stereotipo, assai diffuso, del viaggio come puro momento di trasgressione, quel party hard fatto di alcol, albe e discoteche, c’è ben altro, c’è la volontà di viverlo come un’esperienza unica in grado di determinare nel suo farsi l’affermazione di se stessi come persone. Possono viaggiare da soli, lo fanno soprattutto le donne, prediligendo l’avventura, l’inaspettato, «zaino in spalla e self-made»…


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