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Le persone annegano a causa delle decisioni politiche che preferiscono proteggere i confini

«In merito alle morti per annegamento, non è possibile ignorare la responsabilità della politica nell’assenza di canali migratori sicuri e legali che permettano alle persone che fuggono dalle loro terre di raggiungere un altro Paese senza mettere a rischio la propria vita nella speranza di un futuro migliore», scrive Regina Catrambone, direttrice dell'organizzazione umanitaria Moas. «La riluttanza dei governi di tutto il mondo nell’affrontare efficacemente il cambiamento climatico sta contribuendo, inoltre, a causare una recrudescenza delle tempeste e delle inondazioni che ogni anno causano numerosi annegamenti»

di Regina Catrambone

La prima Giornata Mondiale per la Prevenzione degli Annegamenti, fissata dall’ONU il 25 luglio, è dedicata al tema “Tutti possono annegare, nessuno dovrebbe”. Un messaggio che condivido pienamente.

Con MOAS, l'Ong internazionale fondata per aiutare le persone migranti in pericolo durante le traversate nel Mediterraneo, siamo stati testimoni oculari della disperazione, della vulnerabilità e delle torture che le persone hanno subito prima di essere salvate. Talvolta, abbiamo assistito al dramma e al dolore di chi aveva perso i propri cari durante precedenti traversate.

#NobodyDeserveToDieAtSea– Nessuno merita di morire in mare è l’hashtag lanciato da MOAS nel 2014 in occasione della prima missione attiva nel Mediterraneo per la ricerca e il soccorso delle persone migranti. MOAS oggi è impegnato anche in progetti relativi alla sicurezza in acqua nei campi profughi di
Cox's Bazar, in Bangladesh. È impossibile per me dimenticare la tragica visione dei corpi estratti dal fiume Naff e da chi arrivava via mare durante l’esodo dei Rohingya a seguito della violenta persecuzione in Myanmar nel 2017. L'annegamento oggi rimane una minaccia persistente per i
Rohingya e per la popolazione bengalese: è un rischio per i bambini che giocano nelle pozze d'acqua dei campi, per chi lavora nell'industria della pesca locale, per chi continua a scappare dal Myanmar su imbarcazioni dirette in Malesia, Thailandia o nei Paesi vicini.

I periodi dei monsoni e dei cicloni contribuiscono inoltre a incrementare il pericolo di annegamento. Nell’ultimo rapporto MOAS i numeri parlano chiaro: circa 20 bambini rifugiati Rohingya sono morti per annegamento negli ultimi due anni nel campo di Cox’s Bazar, quasi uno al mese. Una tragedia immensa per le famiglie che hanno già sofferto così tanto.

Dal 2019, con il Water Flood and Safety Training, MOAS fornisce competenze base di salvataggio in acqua ai rifugiati Rohingya e alla popolazione locale. Sono molto orgogliosa dell’impegno del team MOAS, dei nostri partners e dei volontari che sostengono e portano avanti tali attività di fondamentale importanza.

Il corso sulla sicurezza in acqua, però, è solo una parte della soluzione. L'organizzazione Mondiale della Sanità, a tal proposito, invita le parti coinvolte, governi, organizzazioni internazionali non governative, enti di beneficenza e gruppi della società civile, a lavorare insieme per mitigare i rischi causati dall’annegamento invitando alla programmazione e alla creazione di misure come le barriere di sicurezza, di normative relative alle imbarcazioni e alla navigazione, di programmi educativi sulla sicurezza in acqua, corsi di nuoto e corsi per affrontare i rischi causati dalle alluvioni.

In merito alle morti per annegamento, non è possibile ignorare la responsabilità della politica nell’assenza di canali migratori sicuri e legali che permettano alle persone che fuggono dalle loro terre di raggiungere un altro Paese senza mettere a rischio la propria vita nella speranza di un futuro migliore.

La riluttanza dei governi di tutto il mondo nell’affrontare efficacemente il cambiamento climatico sta contribuendo, inoltre, a causare una recrudescenza delle tempeste e delle inondazioni che ogni anno causano numerosi annegamenti. Le alluvioni avvenute di recente in Germania e in Belgio ci ricordano che gli annegamenti strettamente legati alle cause climatiche non sono soltanto un rischio che riguarda le popolazioni più vulnerabili del sud del mondo ma ciascuno di noi.

L’istituzione della Giornata Mondiale per la Prevenzione degli Annegamenti è un passo importante per la creazione e la diffusione della consapevolezza relativa a questa minaccia mortale. Non possiamo più permetterci che bambini, donne e uomini perdano drammaticamente la vita in tal modo. Affinché questo non avvenga è necessario che gli Stati sviluppino una visione più ampia e adottino un differente approccio nella definizione delle politiche ben diverso da quello messo in atto fino a oggi.

Una politica che dovrebbe assicurare delle vie migratorie sicure e legali a chi cerca di fuggire dalla propria terra e che dovrebbe essere solidale con coloro i quali vivono nei campi profughi e nelle nazioni a basso reddito dove, a causa dei tagli di molti finanziamenti, le condizioni di vita continuano a peggiorare. E una società civile che, in qualsiasi parte del pianeta, non dovrebbe voltarsi dall’altra parte davanti a chi sta perdendo la vita a causa dei cambiamenti climatici.

Se vogliamo prevenire ulteriori morti per annegamento abbiamo bisogno di empatia e lungimiranza da parte dei nostri leader politici e di scelte che contribuiscano a creare un mondo in cui nessuno debba essere costretto a mettere in pericolo la propria vita.

*Regina Catrambone, direttrice MOAS


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