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Un mese fa l’incontro con Dino Impagliazzo lo chef dei poveri

Il destino ha voluto che scomparisse proprio ieri, prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, voluta da Papa Francesco. Dino Impagliazzo se n’è andato dopo aver dedicato la vita agli altri. Un mese fa lo abbiamo incontrato per una serie di podcast che presenteremo in autunno. In anteprima alcuni passaggi dell'intervista

di Alessandro Banfi

Il destino ha voluto che scomparisse proprio ieri, prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, voluta da Papa Francesco. Dino Impagliazzo se n’è andato dopo aver dedicato la vita agli altri. L’avevo incontrato il mese scorso nella sua casa del quartiere San Giovanni a Roma proprio per un progetto di Podcast di Chora Media, diretto da Mario Calabresi, per Vita. Un progetto sulle persone impegnate nel sociale, esempi di virtù civile premiati dal Presidente della Repubblica, che sarà pubblicato il prossimo autunno. Dino era già sofferente e affaticato, nonostante che nell’appartamento, dotato di condizionatore, fossero presenti un amico in veste di fisioterapista che lo aiutava negli esercizi, e l’adorata moglie Fernanda. Quella mattina di giugno, ad un certo punto è passato un nipote, reduce da un’esperienza di volontariato in America Latina, e poi uno dei figli, in partenza per l’Africa. Quanto affetto e cura e rispetto, in pochi metri quadrati. E quanta vita aveva generato questo 91 enne, tanto che sembra impossibile abbia dovuto cedere alla morte. Ho riletto in queste ore lo sbobinato della nostra chiacchierata. E vi trascrivo qui qualche frase in anteprima per i lettori di Vita.

Frasi semplici e profonde. Evangeliche. “Com’è nato il mio impegno sociale? Perché mi chiamano Nonno Chef? Dar da mangiare agli affamati – l’espressione è di Lui che ci ha detto: bisogna dare da mangiare agli affamati. Ogni cosa che facciamo in questo senso la facciamo a Lui – quando dico Lui, voglio dire Gesù Cristo nostro Signore. Sono una persona credente, quindi quando sul Vangelo trovo una cosa di questo genere ci credo. La mia vita in un certo senso è sempre orientata su questa cosa qua. Allora dovrei fare tutta una serie di elencazione di atteggiamenti o di modi di vivere che ho avuto negli ultimi ottant'anni”.

Nato in Sardegna, nell’arcipelago della Maddalena, nel 1930 ha dato al mondo quattro figli: Marco, presidente della Comunità di Sant’Egidio, Giovanni, Paolo e Chiara, tutti impegnati nel Terzo settore. Ha ricevuto tante onorificienze per la sua attività di carità e di servizio. Membro del Movimento dei Focolari, amico di monsignor Luigi Di Liegro, aveva anche fondato una Onlus nel suo quartiere, “RomAmor”. Quando gli ho chiesto com’era nato il suo impegno e il soprannome di Nonno Chef, mi ha risposto che tutto era cominciato da un panino, un panino che un povero gli aveva chiesto per strada. Tornato a casa con Fernanda si è messo a preparare panini, fino a far diventare quell’impegno qualcosa che coinvolgeva 350 volontari e aveva rapporti con organizzazioni come la Comunità di Sant’Egidio e il Banco alimentare del Lazio.

Nel nostro dialogo avevamo parlato di Papa Francesco e del presidente Mattarella, due foto ce ne avevano dato l’occasione. Per Dino due punti di riferimento sicuri. “Mattarella quando mi ha premiato si è voluto sedere vicino a me alla cerimonia del Quirinale”, confessa con un pizzico di ambizione. La nostra conversazione per il podcast (uscirà in autunno, non perdetelo) arriva ad una conclusione provvisoria quando alla fine della chiacchierata Dino mi ripete: “Però bisogna credere a queste cose qua. Cioè tu ti senti mai solo? Io non mi sento mai solo, capito?”. Sono sicuro che Dino Impagliazzo solo non si sentirà neanche adesso. E che lassù qualcuno ha preparato una festa per lui. Fatta di panini, e non solo.

Foto credit Sara Fornaro/Città nuova


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