Politica & Istituzioni

Sassoli: «Dobbiamo lottare per proteggere i diritti umani, valori fondanti dell’Unione europea»

Il presidente del Parlamento europeo ha aperto la prima conferenza di alto livello sullo stato globale dei diritti umani, organizzata dall'Europarlamento e dal Global Campus of Human Rights, nelle rispettive sedi di Bruxelles e di Venezia. Hanno partecipato rappresentanti Ue, Onu e nazionali, attivisti, premi Nobel e Sacharov, e accademici della rete di Global Campus «per trovare soluzioni concrete che permettano a tutti di vivere in un mondo dove i diritti siano rispettati, la dignità dell'individuo tutelata», ha affermato David Sassoli

di Cristina Barbetta

«I nostri valori sono sotto attacco: il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali è stato intaccato negli ultimi decenni. L’autoritarismo e la xenofobia hanno trovato molti sostenitori che non hanno esitato a usare anche la pandemia come pretesto per minare le fondamenta dei nostri sistemi democratici». Così il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che ha aperto la prima Conferenza di alto livello sullo stato globale dei diritti umani, organizzata dal Parlamento europeo e dal Global Campus of Human Rights.

«Non possiamo stare fermi di fronte agli episodi di discriminazione, di negazione della dignità e dell’identita delle persone, soprattutto nei confronti degli atti di violenza di cui soffrono milti cittadini. Noi siamo i figli della storia e nessuno deve sentirsi estraneo di fronte alle molte violazioni che vediamo ogni giorno in ogni angolo del mondo», ha dichiarato David Sassoli, che ha specificato: «L’indifferenza non è un'opzione». «E per questo dobbiamo ricordare le nostre radici. Dobbiamo ricordarci da dove veniamo perché lo sappiamo che non c’è automatismo nell’imparare dalla storia perché il peggio è già venuto una volta e non dobbiamo permettere che accada ancora».

«Vogliamo continuare a vivere con le nostre libertà (…)», ha affermato il presidente Sassoli, «e dobbiamo rimanere più che mai fedeli ai nostri valori, ai nostri principi che sono al centro dei nostri trattati e lottare per la loro protezione all’interno e all'esterno dei nostri Stati membri. Il Parlamento europeo è in prima linea in questa lotta: siamo uno dei pochi Parlamenti dotati di una commissione che lavora esclusivamente per la protezione e il monitoraggio dei diritti umani nel mondo, senza dimenticare uno dei grandi successi della nostra istituzione, il premio Sacharov, che da oltre 30 anni premia i difensori delle libertà nel mondo».

Il presidente del Parlamento europeo ha così concluso: «Questa conferenza ribadisce l’urgenza di dover agire, di non dovere mai dare per scontati i nostri diritti. Non si tratta di aprire un dibattito, ma piuttosto di un’occasione per trovare soluzioni concrete, pragmatiche che permettano a tutti di vivere in un mondo dove i diritti siano rispettati e la dignità dell'individuo tutelata».

Rappresentanti delle istituzioni europee e delle Nazioni Unite, di governi nazionali e organizzazioni internazionali, premi Nobel per la pace, premi Sacharov, accademici del network di Global Campus of Human Rights e attivisti hanno discusso la situazione dei diritti umani a livello internazionale. La conferenza si è tenuta a Venezia, al Monastero di San Nicolò, sede del Global Campus of Human Rights, e al Parlamento europeo a Bruxelles, oltre che a distanza. Global Campus of Human Rights è una rete di più di 100 università in tutto il mondo che educa e promuove i diritti umani e la democrazia.

Gli speaker hanno sottolineato come i valori europei siano ora minacciati. Ci sono grandi sfide che possono metterli in pericolo, hanno convenuto, come la pandemia, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, il cambiamento climatico, le multinazionali, la criminalità organizzata.

Tre grandi tematiche sono state discusse nel corso della giornata all’interno di tre panel: le imprese e il rispetto dei diritti umani, quindi il tema della lotta all'impunità delle multinazionali che commettono violazioni dei diritti umani; “la pandemia dell’impunità” e l’importanza dell'accountability; la necessità di una nuova politica estera basata sui valori per promuovere i diritti umani. E a proposito di quest’ultimo punto gli Usa, insiema ai i Paesi e alle istituzioni europee stanno ridando forma a una nuova agenda transatlantica e a un’alleanza di democrazie per una politica estera basata sui valori.

«Ci vuole la responsabilità, la ricerca della verità, della giustizia, e anche del ricorso. bisogna contrastare l'impunità per tutelare appieno i diritti umani. Purtroppo l’impunità continua a essere dilagante in tutto il mondo quando si violano i diritti umani», ha affermato Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, keynote speaker nel panel dedicato alla pandemia dell’impunità e all’accountability.

«Ci sono fattori molto importanti che portano all’impunità: per esempio nelle zone di guerra mancano le risorse per tenere insieme il sistema giuridico». «E’ necessario dare alle vittime, a chi è sopravvissuto, la possibilità di partecipare ai processi che li riguardano. Bisogna riconoscere i loro diritti e l'importanza delle loro voci. Gli organismi di indagine devono parlare con chi è sopravvissuto, devono ascoltare, comprendere, analizzare le loro esigenze. Questo è fondamentale per portare avanti la giustizia e la ricerca della verità, per arrivare a una riconciliazione, perché l’impunità porta a ulteriori violazioni dei diritti umani, a ulteriori crimini contro l’umanità».

Che cosa si può fare? chiede Michelle Bachelet. «La responsabilità serve ma non è sufficiente», sostiene. «Dobbiamo rompere il circolo della violenza ed evitare che si continuano a violare i diritti umani e perpetrare atrocità. (…) Ci vuole prevenzione: riforme legali e istituzionali, ci vuole partecipazione della società civile, attività di istruzione ulteriore. Tutto ciò serve per avere una giustizia degna di questo nome», ha affermato Michelle Bachelet. «Ci sono milioni di uomini, donne e bambini vittime di atrocità inimmaginabili : genocidi, crimini contro l’umanità, crimini di guerra….sono solo alcuni dei crimini che contrastano la carta dell’Onu. Per far si che chiunque sia responsabile di questi crimini sia portato davanti alla giustizia abbiamo bisogno di un tribunale penale forte che possa essere efficace, che sia legittimato e a cui tutti gli Stati collaborino. Dobbiamo quindi rinnovare i nostri sforzi per garantire un accesso universale allo Statuto di roma, per fare si che la Corte penale internazionale sia un vero tribunale globale».

Il panel dedicato alla pandemia dell’impunità e all’accountability ha visto la testimonianza di Denis Mukwege, Premio Nobel per la Pace 2018 e Premio Sakharov 2014 e Lorent Saleh, Premio Sakharov 2017.

Denis Mukwege è un medico specializzato in ginecologia e ostetricia di fama mondiale, fondatore e direttore medico del Panzi Hospital di Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo, che cura e soccorre le donne vittime dello stupro, usato come arma di guerra. È pastore protestante e attivista. «Il clima di impunità che prevale in Congo alimenta il ciclo di conflitti e violazione di diritti umani», ha evidenziato Denis Mukwege (..). Decenni di impunità hanno traumatizzato la società, che è disorientata: i cittadini non hanno più fiducia nello stato di diritto e nella giustizia» . Il dottor Mukwege, specialista nella cura di donne sopravvissute alle violenze sessuali in Congo, ha spiegato che «la violenza sessuale viene usata in Congo come arma di guerra e strategia di terrore» e che «il processo di guarigione non puo essere terminato se cè impunità». La sua conclusione: “ È fondamentale una vera volontà politica del Congo e dell’Ue di lottare contro l’impunità per mettere fine a questa tragedia che va avanti da 25 anni”.

Lorent Saleh, attivista venezuelano per i diritti umani, ex prigioniero politico, Premio Sakharov 2017 per la libertà d'espressione, ha portato l’attenzione sulla situazione attuale del popolo cubano, che sta scendendo in strada a protestare, ed è ridotto alla fame. «Sono venezuelano, e anche se sono stato esiliato dal mio Paese sono sempre venezuelano, e sono anche latinoamericano, quindi voglio parlare in nome di Cuba (…) . Per l’America Latina, Cuba ha un significato simile a quello del muro di Berlino per l’Europa». La conferenza è terminata con la performance di Lorent Saleh dal titolo: “White Torture” (tortura bianca), che si è tenuta nel cortile del Monastero di San Nicolò. L’attivista venezuelanoè stato rinchiuso per più di due anni nella prigione dei servizi segreti venezuelani, “La Tumba”, nel centro di Caracas, situata 5 piani sottoterra. È stato in isolamento totale, in completo silenzio, senza mai vedere la luce del sole, esposto a una luce bianca 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Attraverso video, foto, suoni e poesie che ha scritto durante la sua prigionia ha fatto sperimentare allo spettatore la sofferenza dei prigionieri politici in tutto il mondo.

«Le istituzioni europee sono state costruite sui diritti umani e sui valori che hanno trasformato la vita di milioni di cittadini negli anni a seguire. Le sfide che affrontiamo oggi ci ricordano qual è il nostro interesse comune: l’interesse dell’umanità. (..) Le azioni che intraprendiamo hanno un impatto decisivo per la generazioni future». Così Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International. Ma che cosa significa in particolare modo tutto questo per l’Unione europea? si è domandata Callamard. «Innanzitutto», ha detto, «non può essere utilizzato nessun doppio standard: queste sono soluzioni a breve termine, miopi, che pagheremo a caro prezzo se le seguiremo. Abbiamo bisogno di un’Ue che risponda in modo unito, coerente, coeso alle violazioni dei diritti umani».

«In secondo luogo, continua la segretaria generale di Amnesty International, l’Ue deve prendere in considerazione quello che succede quando le violazioni dei diritti umani non vengono affrontate. A livello locale, regionale e globale queste violazioni alimentano l'insicurezza, l’instabilità economica e politica , alimentano il flusso dei migranti e le repressioni dei regimi dittatoriali in tutto il mondo. (…) Per avere una politica estera coerente l’Ue deve tenere la suo centro la politica per i diritti umani, affrontando le violazioni con lo stesso vigore, a prescindere da dove avvengano e deve dare l'esempio ovunque per la tutela dei diritti umani».

«In terzo luogo», così ha concluso Agnès Callamard, «l’Unione europea deve escludere prassi commerciali basate sulla violazione dei diriti umani o in contraddizione con gli obblighi internazionali dell’Ue: penisamo innanzittuto al regolamento coontro la tortura, che è un testo esemplare dell’Unione europea. Infine l’Ue deve opporsi all’impunità, non può accettare espedienti politici, deve garantire la giustizia tramite un meccanismo internazionale per indagare gli attacchi, per esempio ai giornalisti o nei confronti degli attivisti dei diritti umani”.

Immagine d'apertura: "White torture", performance di Lorent Saleh, al Monastero di San Nicolò, Venezia, sede di Global Campus of Human Rights, al termine della Conferenza sullo stato globale dei diritti umani. © Global Campus of Human Rights


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