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Rajan: «Rianimare le comunità, per riaccendere il senso del bene»

Intervenuto oggi al Festival dell'Economia civile, in corso a Firenze, l'economista indiano Raghuram Rajan ha rimarcato l'importanza del "terzo pilastro" tra Stato e mercato: la comunità

di Marco Dotti

Fiducia, senso, comunità. Sono queste le tre parole chiave per l'economia civile. Per andare oltre lo Stato e oltre il mercato. Ne è convinto Raghuram Rajan, economista indiano, professore alla Booth School of Business dell’Università di Chicago intervenuto oggi al Festival Nazionale dell'Economia Civile.

La pandemia, ha spiegato Rajan, non ha cambiato la globalizzazione. Semplicemente perché «la globalizzazione ha cominciato a cambiare prima della pandemia». In particolare, a partire dalla crisi finanziaria del 2008. La pandemia, però, «evidenziato le linee di faglia già presenti». Su tutte: ha accelerato la scomparsa di impieghi a medio reddito, lasciando che proliferassero quelli a basso e a bassissimo reddito.

Che cosa è accaduto, allora, in questa “nuova normalità”? Nei fatti è accaduto, aggiunge l’economista indiano, che «le persone che restano indietro chiedono di più. Chiedono di migliorare le proprie condizioni di vita». Spesso, però, imboccano strade sbagliate: la richiesta di statalismo o il populismo.

Se la risposta è sbagliata, però, la domanda è cruciale. Si chiede, infatti, un riequlibrio nelle opportunità di formazione, così come di apprendimento e sviluppo di nuove competenze. Qui diventa determinante il ruolo delle comunità che, tra Stato e mercato, sono potenti riequilibratori di senso.

Questo in termini di formazione e di lavoro. In termini finanziari e di finanza etica, invece, Rajan ha ricordato le problematiche legate al sistema degli ESG che, secondo alcuni interpreti, rischiano di diventare una bolla finanziaria. Perché non diventi tale occorre moderazione. Soprattutto nell’uso in chiave di finanza pubblica.

La comunità, però, è il perno del discorso di Rajan. Solo la comunità genera fiducia e solo la fiducia genera senso e cambiamento. La conoscenza reciproca, la vicinanza locale-locale, non solo genera affidamento, ma ci rende più inclini ad assumerci rischi insieme.

Investire significa, prima di tutto, «investire su di te», fare delle proprie relazioni economiche vere relazioni. Mettere le persone al centro, non oltre le imprese. «Questa – ha concluso Rajan, con Deaton e Case che parleranno domani uno degli ospiti più attesi di questa bella edizione del Festival – è la forza del movimento cooperativo». Nel credito, nel lavoro, nell’innovazione. Nella tenuta del legame sociale. Perché «solo se sapremo rianimare le comunità, potremo riaccedere il bene».


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