Welfare & Lavoro

Riace, dalla narrazione degli eroi alla responsabilità collettiva

«C’è bisogno di una nuova narrazione, che sia innanzi tutto capace di apprendere dagli errori e dai fallimenti. Rispetto a quella che nutre gli eroi, è una narrazione di senso, incline ad alimentare una responsabilità collettiva e una nuova consapevolezza sociale, che può favorire un ribaltamento valoriale in senso solidale». Con Mimmo, e con tutti coloro che, nella fatica e nelle contraddizioni infinite di un contesto legislativo sempre più complesso, continuano a voler restare dalla parte degli ultimi

di Massimo Iiritano

«Mi sono schierato dalla parte degli ultimi, dei rifugiati, mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra». Conosco da vicino la sincerità di queste parole di Mimmo Lucano, ho assistito anche io più volte ai gesti di generosità autentica con i quali fino alla fine, e oltre ogni ruolo, è stato sempre pronto e disponibile ad accogliere, sostenere, aiutare, anche a sue personali spese tutti coloro che, da ultimi, riconoscevano e riconoscono in lui un'àncora, talvolta disperata, di salvezza. Ho assistito però anche al vuoto che si è spalancato dietro di lui, al buio su Riace, all'abbandono, anche da parte di chi era sempre presente nei momenti simbolici, nelle marce, nei selfie… per poi scomparire un attimo dopo, nell'attesa della prossima occasione mediatica in cui correre a dichiarare la propria solidarietà al mitico "fuorilegge", nel nome di Antigone addirittura!

Ho conosciuto bene anche chi, nel silenzio e nella più lineare trasparenza, ha avuto l’onere di raccogliere i resti, di contrastare gli attacchi più subdoli e quelli più espliciti, di cercare nuovi sostegni, per tenere letteralmente in vita tutti coloro che improvvisamente si scoprivano orfani e soli. Di tutte le famiglie multicolore che a fatica e per un po' hanno voluto resistere e sopravvivere nel bellissimo borgo dell’accoglienza, che Mimmo aveva saputo “riconfigurare” esaltando con i colori dell’arcobaleno e con il ricordo delle vittime di mafia la bellezza di un centro storico unico nel suo genere. Di quel borgo che era diventato, improvvisamente, il centro del mondo, il simbolo più esaltato: dove però, intanto, era così difficile assicurare a quelle famiglie un’assistenza essenziale, costruire prospettive di lavoro, occasioni di ripresa. Di queste difficoltà Mimmo era sempre più spesso sofferente. Si percepiva a tratti nei suoi occhi un senso di cieca impotenza, dal quale era raro vederlo emergere con il sorriso fiducioso di un tempo.

Giulia Galera, che di Mimmo e di Riace è stata prima e più di me appassionata e competente amica, ha scritto recentemente insieme a Giuseppe Baglioni un articolo che tutti dovremmo leggere oggi, dal titolo: “Dalla ricerca di eroi alla costruzione di progetti comunitari. Perché è importante cambiare narrazione” . Si parla anche di Mimmo Lucano e di come sia stata e sia nociva, anche nel suo caso, una narrazione “mitologica” che, esaltandone l’indubbio valore simbolico, giunge infine ad allontanarsi sempre più dalla realtà concreta, dalle sue complessità e contraddizioni, e dalla loro difficile ma necessaria comprensione. Un duro lavoro, quello della comprensione vera di fenomeni così complessi come quello di Lucano e dei tanti altri citati nell’articolo, fino alla pastora Agitu che proprio Giulia aveva portato a Riace! E che di quel modello aveva subito colto il fascino, la bellezza e le contraddizioni. Agitu, come Mimmo, è stata infine lasciata sola dinanzi a quelle contraddizioni: per poi venire esaltata subito dopo come vittima designata. E anche questo è tremendamente ingiusto e crudele. Come le sentenze “epocali” che a quello stesso enorme carico simbolico sembrano voler clamorosamente rispondere.

«A questo scopo, servono iniziative di autentica condivisione che aiutino a governare la complessità, a riconoscere le situazioni di fragilità e a prevenire e gestire i conflitti che inevitabilmente abitano i contesti sociali (Sclavi, 2003). A supporto di queste iniziative, c’è bisogno di una nuova narrazione, autentica e costruttiva, che sia innanzi tutto capace di apprendere dagli errori e dai fallimenti affinché le falle del nostro tessuto sociale non permettano più il perpetrarsi di simili tragedie. Quindi, una narrazione che non rifugge il fallimento e non lo percepisce come un pericolo da mascherare a qualsiasi costo, ma come un’opportunità di crescita e di cambiamento. Rispetto a quella che nutre gli eroi, è un tipo di narrazione di senso, incline ad alimentare una responsabilità collettiva e una nuova consapevolezza sociale, che può favorire un ribaltamento valoriale in senso solidale. È però una narrazione molto più faticosa da sviluppare. Presuppone, infatti, un’azione collettiva impegnativa in termini di relazioni, negoziazioni e confronti, che deve giocoforza poggiare sulla creazione di spazi di aggregazione e di collaborazione. Questa nuova narrazione non può che nascere da un rinnovato impegno civico di ciascuno di noi, in quanto cittadini responsabili che, praticando la solidarietà, prefigurano un cambiamento e un futuro possibile dove la cittadinanza attiva non è l’eccezione ma la costante». (cit.).

Ecco la lezione che oggi più che mai mi sembra necessaria. Quando per la prima volta abbiamo cercato Mimmo, con Giulia, che nelle sue ricerche sulle pratiche dell’accoglienza per l’Università di Trento era venuta più volte in Calabria per conoscerlo e intervistarlo, Mimmo si schermiva quasi innervosito. «Sì, lo so – mi diceva nel suo amabile dialetto – tante persone mi cercano, vogliono interviste, mi vengono a trovare… ma io non ho tempo per queste cose, ho tanti problemi e difficoltà da seguire!».

Ecco appunto, la lezione di oggi e di ieri. Quella di cui fare tesoro dinanzi alla reazione mesta e disperata di un uomo che, dinanzi ad una sentenza oggettivamente abnorme, continua a ripetere: «Io mi sono sempre schierato dalla parte degli ultimi, dei rifugiati, mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra… Ora è tutto finito…».

Continuerò a credere, oggi ancora di più, alla sincerità di quelle parole, delle sue parole, di cui ho conosciuto e potrei testimoniare la verità. E ci sarò, anche questa volta, il giorno dopo. Con Mimmo, e con tutti coloro che, nella fatica e nelle contraddizioni infinite di un contesto legislativo sempre più complesso, continuano a voler restare, nonostante tutto, dalla parte degli ultimi.

*Massimo Iiritano è docente e Presidente di Amica Sofia


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