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Un “Premio per la vita” che invita a guardare avanti

La Fondazione Gran Premio Internazionale di Venezia – Leone d’oro ha premiato la Provincia Romana dei Fatebenefratelli, l’Afmal e le delegazioni di Quiapo e Cavite nelle Filippine per le attività svolte a favore dei pazienti nel corso della pandemia. Sul significato del riconoscimento fra Gerardo D’Auria, vicepresidente operativo osserva «La vita ha vinto e abbiamo ricominciato a respirare»

di Antonietta Nembri

Per la Provincia Romana dei Fatebenefratelli pochi giorni fa si è celebrato un momento di festa per il riconoscimento ricevuto da parte della Fondazione Gran Premio Internazionale di Venezia – Leone d’oro. Nel corso di una serata, cui hanno partecipato numerose persone, gli ospedali San Pietro di Roma, Buon Consiglio di Napoli, Istituto San Giovanni di Dio di Genzano, Sacro Cuore di Gesù di Benevento e Buccheri la Ferla di Palermo, insieme alla delegazione di Quiapo e Cavite nelle Filippine e l’Afmal, hanno ricevuto il “Premio per la vita” per la lotta alla pandemia che negli ultimi 2 anni ha visto ogni collaboratore, religioso, medico, operatore sanitario impegnato per il bene dei pazienti.
Anni difficili trascorsi al fianco di chi ha sofferto davvero. Ferite profonde non solo nel corpo, ma anche nello spirito per tutti coloro che non sono potuti essere al fianco dei propri familiari colpiti dal Covid. Tante persone sono decedute senza poter avere affianco familiari, e questo è stato devastante per molti. Tutto il personale impiegato negli ospedali dei Fatebenefratelli insieme ai religiosi, ha dato sostegno incondizionato a queste persone non lasciandole mai sole.

Ogni ospedale ha avuto la sua peculiarità: Roma e Napoli hanno avuto reparti di pazienti malati di Covid e hanno rivoluzionato l’intera struttura per far loro posto. Genzano si è dedicata ad assistere i pazienti fragili, anziani soli con demenze e patologie cognitive per le quali la routine è indispensabile nel percorso terapeutico. Palermo ha rappresentato un polo d’eccellenza e un riferimento regionale nell’analisi dei tamponi, indispensabili per il contenimento del contagio. Benevento si è impegnato su più fronti sia nella cura dei pazienti sia nel lavoro coordinato con gli altri ospedali regionali, inoltre ha dato sostegno alle famiglie che venivano colpite economicamente dalla pandemia e avevano immediato bisogno di sostegno. Nelle Filippine la delegazione della provincia romana ha dovuto affrontare tutto questo con l’aggravante di trovarsi in un paese più difficile, con contesti già provati da una povertà cronica.

Sul significato di questo riconoscimento e in particolare sul senso di un ritrovarsi in presenza dopo tanti mesi fra Gerardo D’Auria (nella foto con Francesca Chilleni durante la premiazione), vicepresidente operativo di Afmal osserva: «È stato bello ritrovarsi dopo tanti mesi di nuovo insieme. Questi ultimi anni sono stati difficili, mesi intensi passati a combattere e affrontare una situazione mai pensata, con i nostri ospedali impiegati con tutte le forze prima ad adeguarsi ai nuovi protocolli e a assettare reparti dedicati ai malati di Covid-19, poi a scendere in campo al fianco dei malati con abnegazione e professionalità. Il nostro personale sanitario, ma anche quello amministrativo, non ha mai smesso di lavorare anche quando la vita in pericolo non era solo dei pazienti, ma anche di coloro che dovevano prendersene cura. Ecco ritrovarsi ora insieme, per noi, significa ricominciare a respirare. Ecco il titolo del premio, Premio per la vita perché la vita ha vinto e abbiamo ricominciato a respirare».

Al di là del premio cosa resta dell'esperienza vissuta così intensamente in questi quasi due anni di pandemia? «Vorrei rispondere con le parole dei nostri medici e infermieri, di questa esperienza così forte e drammatica, dove l'aspetto umano nel curare i malati spesso è entrato prepotentemente nelle vite dei medici, resta la consapevolezza che ci siamo uniti ancora di più, che quando non si poteva tornare a casa dai propri cari per paura di infettarli si trovava conforto nei colleghi e nei religiosi, ci si aiutava nella vestizione, gli sguardi sono diventati i nuovi abbracci, e la consapevolezza di lavorare in un ospedale dei Fatebenefratelli ha dato il valore aggiunto di sentirsi davvero in famiglia» risponde fra Gerardo.

Durante la serata sono state premiate anche alcune aziende che collaborano da anni con la Provincia romana e che, al pari degli ospedali, hanno dovuto rielaborare nuovi protocolli per far fronte alla pandemia in atto. Vivenda spa che fornisce pasti ai malati e GSI con Nuova Quadrifoglio, che invece si occupano di pulizia e igienizzazione, hanno stravolto i loro protocolli e non hanno mai smesso di lavorare, anche nei momenti di lockdown. Importante riconoscimento anche a Melograno data service, azienda che ha permesso a tutto il personale amministrativo degli ospedali della Provincia romana di lavorare da remoto per dare supporto ai medici e non interrompere le attività fondamentali per mandare avanti gli ospedali.

Infine, un riconoscimento è stato dato anche all’ospedale Fatebenefratelli San Giovanni Calibita dell’isola tiberina, che nonostante non abbia avuto reparti dedicati alla lotta alla pandemia, ha offerto sostegno a tutti gli altri pazienti lavorando senza sosta.

A consegnare il premio alla Provincia Romana dei Fatebenefratelli è stata Francesca Chillemi, l’attrice e modella è da sempre vicina all’Afmal e ai Fatebenefratelli e non manca mai di dare il proprio sostegno, così come anche Paola Torrente miss curvy e Giovanni Abagnale campione olimpionico di canottaggio.
Anche l’attrice e comica Gabriella Germani ha letto durante la serata una lettera di un infermiere impiegato nel reparto covid, per dare una testimonianza di cosa abbiano vissuto a livello emozionale il personale sanitario.

L’ultima domanda a fra Gerardo D’Auria riguarda i prossimi impegni e progetti di Afmal.
«Non abbiamo mai abbandonato le nostre missioni all'estero attraverso il lavoro dell'Afmal. In questi mesi abbiamo stretto partnership con tante realtà impegnate sul territorio aiutandole con finanziamenti e donazioni di beni di prima necessità da destinare alle famiglie colpite economicamente dal Covid» risponde. «Perché non ci dimentichiamo che se siamo fuori dall'emergenza sanitaria, ancora non lo siamo da quella sociale. Ecco il nostro impegno in Italia è per coloro che stanno ancora soffrendo perchè hanno perso il lavoro e ancora non riescono ad alzarsi. Il progetto "Dona un pasto a chi non ce l'ha" sul suto afmal.org è proprio un aiuto concreto a queste famiglie. All'estero abbiamo finanziato un progetto di Amka Onlus in Repubblica Democratica del Congo per l'ampliamento di un centro materno infantile, e abbiamo sostenuto i nostri confratelli nelle Filippine anch'essi impegnati con i poveri e gli ammalati ma in un contesto ancora più duro e crudo di quello che viviamo noi».

«Quello che ci deve restare di questa esperienza è la capacità di mettersi nei panni altrui, perchè forse vivendo una pandemia ci possiamo rendere conto cosa significhi vivere in paesi dove l'accesso alle cure mediche di base non esiste in nessun periodo dell'anno. Abbiamo avuto ospedali al collasso, pieni di malati, in alcuni Paesi gli ospedali non ci sono proprio! Deve rimanerci addosso che aiutare chi soffre è un dovere morale, sempre!» conclude.

Foto da Ufficio stampa