Road to the next: la via uscita è la co-costruzione dell’ospitalità

La tre giorni di questa edizione bisesta, perché ha portato con se la domanda del 2020 e quella del 2021, del Festival dell'Ospitalità, ha avuto come suggestione «È di turismo che abbiamo veramente bisogno?». E le risposte sono state dettate dalle relazioni tra comunità, non solo quella di Nicotera, ma da un territorio che si muove tra montagna e mare e che porta con se la visione di un cambiamento che parte dall’opportunità di sapersi guardare, criticare e co-programmare con altri occhi

di Maria Pia Tucci

«È delle città come dei sogni: tutto l'inimmaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura…» le parole che Italo Calvino mette in bocca a Marco Polo in apertura alla terza parte de Le città invisibilli possono aiutarci nella visione scontornata di una comunità che si riunisce intorno ad un festival e che diventa occasione di ripensarsi e pensare al proprio possibile futuro socio-economico.

È così del Festival dell’ Ospitalità (FDO) di Nicotera, Vibo Valentia, giunto alla sua sesta edizione e che in chiusura, ieri, domenica 10 ottobre, ha lanciato le nuove domande per il territorio e per le comunità, siano esse stanziali che temporanee.

Di un festival si possono raccontare la cronologia degli eventi, il numero di ospiti, le ore di laboratorio e workshop, la partecipazione e gli artisti presenti, gli expertis e le skills indotte, per usare un linguaggio riconosciuto alla contemporaneità digitale, ma è altrettanto importante e necessario capire cosa lo ha generato e cosa genera.

La tre giorni di questa edizione bisesta, perché ha portato con se la domanda del 2020 e quella del 2021, ha avuto come suggestione «È di turismo che abbiamo veramente bisogno?»

E le risposte sono state dettate dalle relazioni tra comunità, non solo quella di Nicotera, ma da un territorio che si muove tra montagna e mare e che porta con se la visione di un cambiamento che parte dall’ opportunità di sapersi guardare, criticare e co-programmare con altri occhi.

«Riconoscere le persone come paesaggi unici è la sfida che da sei anni portiamo dentro le trame di questo scenario chiamato festival dell’ ospitalità. E anche il Covid ha costruito relazioni -dice Francesco Biacca, uno dei founder e portavoce del Festival dell’ ospitalità, componente di Progetti Ospitali, Associazione organizzatrice. – E l'anno che non ci ha fatto incontrare in piazza – continua – ci ha aiutato a costruire la nuova strada da percorrere, tenendo al centro le competenze di una comunità mutevole e digitale che non perde di vista l’ umanità dei luoghi».

E l’ adozione di HumanLab, metodologia che mette al centro comunità-tecnologia-paesaggi umani è uno dei risultati condivisi di questo festival, uno strumento che aiuta a «Ricostruire la realtà da più prospettive – ci dice Michele Cignarale progettista di Comunità e inventore con Giusy Giovinazzo, filosofa di comunità, dell’ HumanLab.- «Ascoltare i territori per avere il dato come flusso, come frequenza emotiva. Interrogarsi sui fabbisogni e sulle risorse». Un metodo che – continua – Ha alla base la cura per cose che si fanno. Un flusso di eventi da accogliere e mettere al centro della co-costruzione della comunità che si sposta dal margine al centro».

Così 40 bambini e ragazzi che frequentano il penultimo anno di scuola primaria e di secondo anno della scuola secondaria di primo grado hanno risposto a domande su come immaginano Nicotera tra dieci anni; hanno detto, secondo loro, cosa manca e a cosa c'è. Tutto questo si è tradotto in un un codice di colori verticali e paralleli da cui è possibile trarne Felicità Interna Lorda (FIL), concetto che arriva da lontano (Asia, anni ‘70) e che vuole coniugare il tentativo di costruire indicatori corrispondenti alla nozione di benessere in senso lato e non solo di origine economico-produttiva.

Questo processo in evoluzione, il dialogo costante con le persone e le attività socio-economiche, le imprese, non solo legate al mondo del turismo, e la nascita della nuova Comunità slow food Ritmo Mediterraneo che avrà sede a Nicotera, sono i semi raccolti e ripiantati all’ interno di quel flusso continuo di innovazione generato dal festival.

La chiusura degli eventi concentrati nella tre giorni non è altro, dunque che l’ apertura di nuovi cantieri di lavoro che saranno attivi fino a quando non ci si ritroverà di nuovo l’ anno successivo ad analizzare risultati e criticità, rilanciando nuove domande raccogliendo le risposte a quelle date.

«Adozione, legami, festa, mitologie, ritmi, mediterraneo, scelte: sono le parole chiave che ci portiamo a casa, parole su cui riflettere e progettare,trovando ispirazione in quello che accade in altri territori. – Chiude Francesco Biacca- Senza pensare che esistano modelli da copiare. Ma processi progettuali e partecipativi anche di nicchia, che portino fuori le identità che generano economia. L’ impegno preso è anche quello di riprendere a viaggiare tra le realtà che in questa tre giorni sono state a Nicotera per incrociare le esperienze».

E se questa è la promessa, dal Friuli Venezia Giulia, passando per l’ Abruzzo e il Cilento e la Basilicata, pare che per gli organizzatori del festival sarà un anno da cittadini temporanei.