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Volontariato patrimonio dell’umanità: il Comitato editoriale di Vita sposa la campagna

Trasformare l’appello all’Unesco in un’immagine riconoscibile, in un brand “sexy” e pop che fosse il marchio della candidatura transnazionale all'Unesco del Volontariato come «bene immateriale dell’Umanità». Questa la missione che era stata affidata a Paolo Iabichino e dalle prime reazioni durante la riunione odierna l’obiettivo è stato centrato

di Redazione

È stato presentato oggi nel corso della riunione del Comitato editoriale di Vita “Youmanity” il marchio, o meglio, per usare le parole di Paolo Iabichino «il brand» della campagna che dai primi di novembre atterrerà online e sui social per catalizzare l’attenzione sull’appello all’Unesco perché il volontariato sia riconosciuto patrimonio immateriale dell’umanità. Iabichino ha illustrato l’idea dietro all’immagine: «Ho voluto rendere materico il concetto di volontariato creando un neologismo: Youmanity che va letto in un inglese maccheronico», ha spiegato sottolineando il cambio di registro che si è voluto portare alla comunicazione «utilizzando una grammatica inedita, non emergenziale e che si apre a un linguaggio moderno». L’immagine grafica sviluppata in collaborazione con l’art director di Vita, Matteo Riva sarà declinata in diversi modi per poter meglio atterrare online su una piattaforma che, ha continuato Iabichino «vorrebbe raccontare non tanto le associazioni quanto le persone di quelle associazioni: un elemento fisso saranno le storie dei volontari e delle volontarie».

Una campagna che vede in prima fila Vita e il Comitato per Padova 2020, ma che punta a coinvolgere persone e organizzazioni e che si doterà «tutto dipenderà dai fondi», ha premesso Iabichino (nella foto), anche di merchandising: dai braccialetti alle magliette alle tazze con un vero e proprio «approccio pop grazie a una campagna di comunicazione che utilizza un linguaggio variegato, riconoscibile e social. Abbiamo un anno di tempo per invitare a sposare la causa».

La campagna Youmanity è piaciuta ai tanti rappresentati delle organizzazioni del comitato editoriale di Vita (oltre settanta le persone collegate) e non sono mancati interventi e complimenti sia in voce sia via chat con suggerimenti e idee per implementare la campagna a partire dalle iniziative di recruitment di volontari da collegare a Youmanity, ai suggerimenti di hashtag come #youmanitytuttalavita, fino all’auspicio dell’ampliamento sempre più internazionale dell’iniziativa che è già stata pensata in italiano ed inglese. Ovviamente non sono mancate riflessioni sul fatto che supportando lo storytelling dei volontari quella che si produce è un’importante azione culturale.

La riunione è poi proseguita con l’intervento dell'avvocato Giuseppe Taffari che ha illustrato il documento "Come mettere fine al far west" dedicato alle piattaforme digitali e crowdfunding, una riflessione che nata dal caso Malika, ha ricordato il direttore di Vita Stefano Arduini «non vuole criminalizzare, ma fornire strumenti per aiutare i donatori a distinguere fra raccolte affidabili e opache. Qualcosa che interessa anche alle piattaforme di crowdfunding sul tema della credibilità». Il documento che ha sottolineato Taffari guarda soprattutto il mondo fuori dal perimetro degli Ets, «sarebbe meglio parlare di privati che fanno delle collette».

Alberto Fontana, membro dell'Advisory board di Vita ha presentato il nuovo progetto "Vita.book", una nuova opportunità che è «nella genetica di Vita e per le organizzazioni il racconto è una grande opportunità. C'è una grande richiesta di pubblicare libri da parte delle nostre comunità e oggi con l'online c'è anche facilità di produrli, ma quello che serve davvero», ha sottolineato Fontana «è dare un'anima a quelle pagine. Per una reale valorizzazione di queste storie proviamo a utilizzare gli strumenti di Vita: è una nuova sfida da affrontare», ha concluso.

A chiudere la riunione del comitato editoriale l'intervento di Sergio De Marini responsabile della divisione di Vita che si occupa di Social reporting che ha presentato le attività realizzate nel campo della rendicontazione sociale. Da parte di De Marini si è sottolineato come «ci si è dotati di competenze verticali e multidisciplinari», perché quando si devono trasformare i dati in informazioni, non basta lo storytelling, ma occorre «interpretare e amalgamare i dati in una strategia di comunicazione che sappia mantenere la natura scientifica della pubblicazione». Da parte di De Marini si è altresì sottolineato come a questa divisione dell'impresa sociale Vita afferiscano diverse professionalità che negli anni si sono sperimentate in diverse pubblicazioni.