Cooperazione & Relazioni internazionali

Cambiamenti climatici: 150 milioni di persone a rischio umanitario entro il 2030

Presentato il WeWorld index 2021, la ricerca dell'organizzazione sulla condizione di donne e bambini in 172 Paesi del mondo che fotografa la situazione post pandemia in relazione a 34 indicatori ambientali, sociali, educativi, economici e di salute: Entro la fine dell'anno 435 milioni di ragazze e donne saranno sotto la soglia di povertà, il lavoro minorile potrebbe aumentare di 8,9 milioni di casi entro fine 2022 e l'Italia ha registrato il record negativo in Europa per giorni di scuola persi

di Redazione

In conseguenza dei cambiamenti climatici nel 2030 150 milioni di persone avranno bisogno di aiuti umanitari, 50 milioni in più rispetto a oggi; 258 milioni di bambini e bambine non ricevono ancora un’educazione adeguata; alla fine del 2021, nel mondo, 435 milioni di ragazze e donne si troveranno sotto la soglia di povertà. Il 2021, dunque, conferma l’andamento negativo del 2020. I progressi fatti negli ultimi anni e volti a raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030 hanno segnato una battuta d’arresto con l’arrivo del Covid-19.

Sono queste le principali evidenze dell’edizione 2021 di WeWorld Index, la classifica sul livello di inclusione di donne, bambine e bambini in 172 Paesi, che fotografa il mondo post pandemia analizzando la situazione di donne e bambini in relazione a 34 indicatori (ambientali, sociali, educativi, economici e di salute). La 7° edizione di WeWorld Index viene presentata oggi da WeWorld – organizzazione italiana che da 50 anni difende i diritti di donne e bambini in 25 Paesi compresa l’Italia-, in un evento online con il Presidente di WeWorld Marco Chiesara; Elena Caneva, Coordinatrice Centro Studi di WeWorld; l’Ambasciatore Maurizio Massari, Rappresentante Permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite; Marina Sereni, Vice-Ministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale; Yasmin Sherif e Marco Grazia dal Fondo globale per l’educazione in contesti di emergenza “Education Cannot Wait”; Lia Romano, Emergency Program Coordinator; Meg Gardinier, Segretaria Generale di ChildFund Alliance.

Il rapporto insiste sulla necessità di passare dalla promozione dei diritti delle donne, delle bambine e dei bambini alla loro attuazione, prendendo in considerazione anche gli effetti che il cambiamento climatico ha sulla loro vita e sul loro benessere. Proprio il cambiamento climatico, infatti è al centro del focus tematico del WeWorld Index 2021.

I Paesi in testa (Islanda, Nuova Zelanda, Svezia, Svizzera e Finlandia) e in coda (Repubblica Centrafricana, Sud Sudan e Ciad) alla classifica non cambiano radicalmente rispetto al 2020, ma i dati principali raccontano che il 2021 apre un nuovo decennio di povertà e disuguaglianze, trend negativo iniziato nel 2020. I progressi fatti negli ultimi anni, per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030, hanno subito una decisa battuta d’arresto con l’arrivo del Covid-19. Le categorie sociali che ne hanno subito maggiormente le conseguenze sono quelle che già prima della pandemia vivevano in condizioni di marginalizzazione e discriminazione, tra cui donne e bambini, con 150 milioni di persone a rischio umanitario entro il 2030 a causa dei cambiamenti climatici, 435 milioni di ragazze e donne che si troveranno sotto la soglia di povertà e il lavoro minorile che potrebbe aumentare di 8,9 milioni di casi entro fine 2022.

Il rapporto 2021 include approfondimenti su Brasile e Mozambico, due Paesi rappresentativi degli effetti della pandemia: in Brasile, la pandemia unita all’azione di un governo che non ha preso in carico le fasce vulnerabili della popolazione ha trascinato il Paese al 92° nella classifica, contro il 54° posto del 2015. In Mozambicol’inclusione di donne, bambine e bambini ha registrato netti miglioramenti, ma la pandemia e il ciclone Idai hanno rallentato il progresso del Paese, che nel 2015 era al 145° posto, oggi al 140°: crescita che sarebbe stata più evidente senza gli effetti del ciclone.

“Brasile e Mozambico sono un ottimo esempio di come, se non si lavora contemporaneamente su tutti i fronti, i progressi possono perdersi velocemente”. dichiara Marco Chiesara, Presidente WeWorld – “Se non lavoriamo in modo olistico, un solo evento critico – come il passaggio di un ciclone – è sufficiente perché gli sforzi fatti vengano vanificati e si torni indietro su tutti i diritti, dall’istruzione alla sanità. Se non agiamo globalmente con politiche e interventi che facciano crescere anche i Paesi più fragili, il processo per l’acquisizione, godimento dei diritti e accesso ai servizi non potrà essere che parziale e temporaneo, escludendo i Paesi più poveri. Ma affinché il cambiamento sia reale gli interventi devono mettere al centro un approccio di genere e generazionale in modo che la crescita non sia ad appannaggio solo di chi gode già di maggiori risorse. Emblematico in questo caso il Brasile (e i Paesi BRICS), che ha vissuto una fortissima crescita economica non accompagnata da interventi sociali attenti alle frange più a rischio di esclusione della popolazione”.

Highlights

Rispetto al 2020 non si registrano grandi cambiamenti nelle posizioni di vertice: i Paesi più inclusivi, per donne, bambine e bambini, rimangono sostanzialmente gli stessi, con qualche lieve cambiamento nella posizione di alcuni. Peggiorano in particolare la Norvegia (dal primo posto nel 2020 al sesto nel 2021) e anche la Finlandia (dal secondo al quinto); migliorano invece Svizzera (dal settimo al quarto) e la Nuova Zelanda (dal quinto al secondo).

Le prime 3 posizioni della classifica sono occupate da Islanda, Nuova Zelanda e Svezia. Svizzera e Finlandia sono subito dietro di loro. Si conferma così la supremazia dei Paesi del Nord Europa, più la Nuova Zelanda. Nelle ultime posizioni troviamo gli stessi Paesi del 2020: Repubblica Centrafricana (170° posizione), Sud Sudan (171°) e Ciad (172°). In questi Paesi la condizione delle donne e dei bambini è ancora critica in tutte le dimensioni prese in considerazione nell'Indice.

Nel 2020, nei diritti e nell'inclusione delle donne, delle bambine e dei bambini c'è stato un peggioramento a livello mondiale a causa della pandemia; Il 2021 conferma questo trend negativo.

Nel 2020 più di 50 milioni di persone sono state doppiamente colpite: da disastri legati ai cambiamenti climatici e dalla pandemia di Covid-19.

Nel 2020 c'erano 26,4 milioni di rifugiati e rifugiate in tutto il mondo. Il 39% di loro è ospitato in soli 5 Paesi: Turchia, Colombia, Pakistan, Uganda e Germania. Si registrano 40,5 milioni di nuovi sfollati interni, il numero più alto di sempre negli ultimi dieci anni.

Prima dello scoppio della pandemia, i progressi verso un'istruzione inclusiva ed equa per tutti procedevano troppo lentamente, con la prospettiva di avere 200 milioni di bambine e bambini ancora senza scuola nel 2030. Oggi circa 258 milioni di bambine e bambini non vanno a scuola: 59 milioni dalla primaria, 62 milioni dalla secondaria inferiore e 138 milioni dalla secondaria superiore. Più della metà di loro vive in Africa Subsahariana.

La crisi occupazionale e la chiusura delle scuole hanno costretto le famiglie a basso reddito a ricorrere al lavoro minorile o ai matrimoni forzati come meccanismo di risposta. A causa del Covid-19, il lavoro minorile potrebbe aumentare di 8,9 milioni di casi entro la fine del 2022, e più della metà di questi riguarderebbe bambini tra i 5 e gli 11 anni.

Focus: l'impatto del cambiamento climatico sui diritti delle donne e dei bambini

I cambiamenti climatici non colpiscono tutti allo stesso modo: le comunità più emarginate, per ragioni sociali, culturali e/o economiche, sono le più a rischio. Tra le conseguenze più evidenti sulla vita delle persone ci sono: povertà, scarsità di acqua e cibo, migrazioni, conflitti e violenza. Le aree già colpite da povertà cronica, come le zone costiere dell'Asia meridionale, le regioni desertiche dell'Africa Subsahariana, ma anche i piccoli Stati insulari in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili agli impatti sfavorevoli del cambiamento climatico. L’impatto del cambiamento climatico è distribuito in modo sproporzionato su quelle popolazioni che contribuiscono meno al problema. Basti pensare che i primi sei emettitori di gas serra sono, nell'ordine: Cina, Stati Uniti, Unione Europea (compreso il Regno Unito), India, Russia e Giappone. Ciò evidenzia come il cambiamento climatico aggravi le disuguaglianze sociali: innescato principalmente dai Paesi ad alto reddito avrà effetti catastrofici soprattutto sui Paesi a basso reddito. A soffrirne saranno in particolare le fasce più vulnerabili della popolazione, come donne, bambine, bambini e adolescenti.

Gli effetti su bambine e bambini: i bambini e le bambine sono la categoria più a rischio, quasi 2 miliardi di loro vivono in aree dove ogni anno i livelli di inquinamento dell'aria superano gli standard fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità; 1 su 4 muore prima dei 5 anni a causa di ambienti malsani.

Gli effetti sulle donne: gli effetti negativi del cambiamento climatico amplificano le disuguaglianze di genere preesistenti ed esacerbano la marginalizzazione e la discriminazione di donne e ragazze nelle comunità colpite. Quando un cambiamento significativo delle condizioni climatiche danneggia le risorse naturali necessarie per guadagnarsi da vivere, le donne non possono mantenersi e sostenere le loro famiglie. Di conseguenza, sono spesso costrette a ricorrere a pratiche non sostenibili dal punto di vista ambientale, che le espongono a gravi rischi per la salute. Inoltre, le donne hanno meno possibilità di spostarsi e fuggire dagli effetti dei disastri naturali. Condizioni di forte stress, disagio economico e violenza mettono in grave pericolo le ragazze sfollate, esponendole al rischio di matrimoni forzati, di sfruttamento lavorativo e/o sessuale e di abbandono scolastico.

Focus sull’Italia
In Italia il prezzo della pandemia è stato pagato di più da donne, bambine e bambini. L’Italia si è rivelato il Paese con il maggior numero di giorni con scuole chiuse in Europa; inoltre, si è assistito ad un peggioramento della condizione economica femminile.

Credit Foto apertura Camilla Miliani


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