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Cooperazione & Relazioni internazionali

Migranti, uno sporco gioco sulla pelle dei disperati

Il bambino siriano morto di freddo al confine fra Polonia e Bielorussia è stato ucciso dalla speculazione politica – ancora una volta - sulla pelle dei migranti, da una tremenda disumanità e dal deliberato rifiuto di applicare i principi e le leggi europee. A Bruxelles sta vincendo il modello Orban/Salvini/Meloni: è questo quello che vogliamo?

di Luca Jahier

Un bimbo di un anno e mezzo muore di freddo, in una foresta ai confini della Polonia. I genitori, gravemente feriti, non possono aiutarlo. Le organizzazioni umanitarie non hanno accesso alla zona e non riescono a soccorrerlo in tempo. Nel mentre, altre centinaia di migranti, nel gelo dell'inverno che arriva, invece che essere accolti e protetti, vengono scacciati, perfino aggrediti e cannoneggiati con getti di acqua gelida in pieno inverno dall’esercito polacco, che ha anche il cattivo gusto di documentare l’azione con filmati di droni militari, che dimostrano le dimensioni dell’invasione bloccata (circa duecento persone….)

Come è possibile semplicemente sostenere, in modo “neutro”, che "un bambino è morto"? Questo bambino è stato ucciso, come ha twittato il Presidente Sassoli, dalla speculazione politica – ancora una volta – sulla pelle dei migranti, da una tremenda disumanità e dal deliberato rifiuto di applicare i principi e le leggi europee.

E’ una vergogna per tutta l’Europa. Perché questo caso ci ricorda Aylan Kurdi, morto su una spiaggia turca. O il bimbo maliano perito nel Mediterraneo con la pagella di scuola cucita nel vestito. E cosi le altre migliaia di bambini che soffrono, si ammalano gravemente e muoiono alle frontiere esterne dell’Europa. Come ci ricordano dei bravi giornalisti free lance bosniaci, documentando anche in queste ore le sorti di diverse centinaia di minori, al gelo nelle foreste o nei campi di fortuna alle frontiere croate, assistiti come possono da poche ONG senza mezzi adeguati. Come ci hanno raccontato due anni fa i soccorritori sulle isole greche e in quei campi profughi sovraffollati, in cui mancavano le minime condizioni di umanità. Come annotano ogni giorno i soccorritori di coloro che affrontano la tremenda lotteria della morte in mare, con una contabilità spaventosa. Come ci ricordano le scene dei migranti che tentavano di entrare nella enclave spagnola di Ceuta, in terra marocchina, ed erano fermati a fucilate.

Hanno detto forte e chiaro 77 giuriste in un appello alle istituzioni italiane ed europee che la si smetta di tradire i principi del diritto internazionale ed europeo e si agisca con azioni concrete. Rilanciando le forti parole dette dal Presidente Mattarella a Siena: ”È sorprendente il divario tra i grandi principi proclamati e il non tener conto della fame e del freddo cui sono esposti esseri umani ai confini dell’Unione”. Otto anni dopo la tragedia di Lampedusa e il solenne impegno preso di fronte a quelle bare dai vertici europee, siamo ancora al palo. Nessuna seria riforma del Regolamento di Dublino, malgrado ben due relazioni votate a grande maggioranza dal Parlamento Europeo e neppure il timido Nuovo Patto europeo sulle Migrazioni, con grande fatica presentato ormai da oltre un anno dalla Commissione Europea, fa passi avanti, nel blocco totale del Consiglio europeo. Non solo non si riesca a fare nulla, se non dichiarazioni altisonanti sui social media e in TV, stando seduti sul divano o sugli scranni del proprio ruolo, ma anzi, sta andando sempre peggio.

Mi sembra che i fatti di questi giorni facciano emergere due considerazioni molto crude. La prima l’ha detta in modo chiaro il ministro degli esteri finlandese Pekka Haavisto in una intervista a Euractiv: “l'attuale situazione al confine con la Bielorussia non dovrebbe essere paragonata alla crisi migratoria europea di sei anni fa, poiché è più vicina a un problema di tipo militare”. La narrazione di queste settimane ci parla di una invasione di migranti sulla frontiera orientale dell’UE. Ebbene, tra giugno e settembre 2021 dal confine orientale sono transitati poco più di 6000 persone. Dai Balcani occidentali 24.100 e dal Mediterraneo centrale 31.200. Dunque, di che parliamo? In queste ore alla frontiera polacca ci sono 2000 persone e altre 5000 in Bielorussia, alcune delle quali già in corso di rimpatrio verso l’Irak e altri paesi, grazie all’azione di Bruxelles. Con cifre risibili, Lukascenko è riuscito ad imporsi come interlocutore di Bruxelles, con un mix di ricatti (vi interrompo il gas) e di uso di poche centinaia di disperati, Putin a fare il suo eterno gioco divisivo usando il nervo scoperto dell’Unione europea. E anche il governo di Varsavia ci ha messo del suo, rifiutando di ricorrere a Frontex e imponendo una escalation spropositata. Che finisce con la costruzione di un muro e di reti di filo spinato come già hanno fatto altri (Ungheria, Croazia, Bulgaria….) con il soccorso di Londra, che manda in queste ore in Polonia 150 consiglieri militari britannici per la costruzione di sistemi di sorveglianza avanzati sulla frontiera. Risultato? La Polonia riesce a far passare in secondo piano il suo grave conflitto con Bruxelles sullo Stato di diritto e la situazione di blocco sui fondi di Recovery, gli crea una grande sponda per l’elezione alla Presidenza a rotazione dell’OSCE di Vienna e crea un bel diversivo nazionale di fronte alla crisi delle finanze pubbliche, che non riusciranno più a sostenere la consistente spesa sociale di questi anni, che ha garantito il consenso elettorale.

Come ha opportunamente scritto la rivista Foreign Policy, Don’t Blame Belarus. Blame Brussels! La cosiddetta crisi dei migranti della frontiera orientale dell’Unione è il risultato ultimo di una politica incoerente e inumana dell’UE, che diventa facile terreno da sfruttare per gli autocrati interni ed esterni. Un giudizio analogo lo ha espresso dalle colonne del Foglio Gerald Knaus, architetto dell’accordo sull’immigrazione con la Turchia e fondatore del think tank Esi: “I 27 stanno sostenendo una politica che è contro la convenzione dei rifugiati, non hanno contestato i respingimenti della Polonia. Il senso di questa strategia è: se non fermiamo i flussi ora, peggioreranno e così i paesi sostengono la Polonia che tratta le persone come delle armi. Ora però tutto questo ha posto l’Ue di fronte a un problema umanitario: se vuoi evitare che i migranti si trovino in condizioni disumane, devi negoziare con Lukashenka, che non aspettava altro: a questo serviva il ricatto”. L’UE, aggiunge ancora, e io sono d’accorso con lui, ha davanti solo tre strade: aprire le frontiere e fare entrare tutti (come si fece in Germania ai tempi della prima crisi balcanica); erigere muri e barricate, tradire i propri principi e diventare una fortezza, come chiedono sempre più Stati e forze politiche; negoziare situazione per situazione delle soluzioni per alleviare le tensioni sulle frontiere esterne, soccorrere i rifugiati e sostenere i paesi di provenienza o di transito. Fece così l’Italia con l’Albania. Si è fatto così con la Turchia. Sta facendo questo, in questi giorni, nel suo tour in Irak, Turchia e Paesi del Golfo, il Vicepresidente Schinas.

Ma i risultati di una strategia di cooperazione, molto più complessa e anche a rischio di fallimenti, non contano nulla di fronte ad una onda che privilegia nei fatti sempre più la seconda strada. Insomma, per dirla ancora con Knaus, in Europa in questi anni sull’immigrazione, ha vinto Orban, che vuol dire anche Salvini e Meloni. Se ora 11 paesi europei (compresa la Slovenia che ha la presidenza semestrale dell’Unione) chiedono ufficialmente che Bruxelles finanzi le spese di costruzione dei muri e delle reti di filo spinato; se persino Michel da Varsavia si dice d’accordo contro la posizione di Ursula von der Leyen; se persino un europeista come Michel Barnier, in campagna per le Presidenziali in Francia, afferma che per i prossimi cinque anni bisogna chiudere tutto, anche in deroga al diritto europeo e sostiene che per alcuni anni si debbano persino bloccare i ricongiungimenti famigliari….. !

La politica dei muri e dei respingimenti, che costa carissima, non ha mai fermato i migranti nella storia e noi ben sappiamo che in mare non si possono fare muri e neppure blocchi navali. E per l’estate è certo che i flussi da Sud saranno nuovamente massicci.

Se proprio non vogliamo ricordarci perché siamo europei, su che valori ci fondiamo, sul monito di Levi “…. Se questo è un uomo”, sull’appello di una anziana combattente polacca contro il nazismo, Wanda Traczyk-Stawska, che all’età di 94 si spende oggi in una nuova battaglia in difesa dei migranti e perché la Polonia non tradisca i valori fondanti dell’Europa (https://twitter.com/dwnews/status/1458744813092843526?s=20)…. Beh abbiamo almeno il coraggio di smetterla di raccontarci frottole, prestarci al gioco di chi vuole dividere l’Europa, riportarla vassalla di altri interessi e in conflitto interno, e troviamo soluzioni ragionevoli, seduti finalmente intorno ad un tavolo. Perché la via complessa della cooperazione, anche sulle migrazioni, comunque costa meno. E se non lo facciamo ora, con sapienza e serietà, come gestiremo i probabili 300/500 milioni di profughi climatici attesi nei prossimi 30 anni….?


già Presidente CESE 2010-2020


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