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Borgomeo: «L’Avviso per i progetti di valorizzazione dei beni confiscati? Un’occasione persa»

Il presidente della Fondazione con il Sud: «Ancora un intervento solo per gli Enti locali e per sostenere solo le spese di ristrutturazione. Nell'avviso non c’è posto per il Terzo settore, non c'è nessuna traccia sussidiaria e non è contenuto nessun invito e sollecitazione alla co-progettazione e all'amministrazione condivisa pur sottolineate e incoraggiate dal Pnrr. È davvero un’occasione persa»

di Riccardo Bonacina

Poche ore dopo la pubblicazione del Bando sui Beni confiscati alle mafie, il presidente della Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo, non le ha mandate a dire e su Twitter ha subito scritto: “Una grande occasione persa… Che delusione!”.

Con la Fondazione che presiede Carlo Borgomeo ha accompagnato decine di percorsi di organizzazioni Terzo settore sui Beni confiscati (102 progetti in tutto il Sud, con erogazioni di poco inferiori ai 30 milioni) sempre dispiacendosi delle fatiche improbe e delle opportunità negate dal quadro di regole e dalla burocrazia. Pochi mesi fa in occasione dei 25 anni della Legge La Torre-Rognoni, aveva scritto: ««Sui beni confiscati manca un pensiero forte, mancano scelte politiche adeguate. Non si vuole fare i conti con l’evidente inadeguatezza dell’impianto normativo e degli strumenti di gestione rispetto alle caratteristiche del fenomeno» (qui il dibattito e il nostro istant book sul tema).

Secondo i dati pubblicati da Libera dal 1982 ad oggi, infatti, sono 35 mila i beni confiscati, di questi circa 17 mila sono stati consegnati all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Oltre 11 mila sono quelli confiscati in via definitiva che rimangono da destinare, circa 5 mila quelli bloccati in attesa dell’adempimento delle varie procedure amministrative. Ma se andiamo in Sicilia, la regione che da sola possiede quasi il 40 per cento dei beni confiscati sul territorio nazionale, il monitoraggio diventa davvero impietoso. Stando all’ultima relazione della Commissione antimafia regionale siciliana, presieduta da Claudio Fava, in Sicilia su 780 imprese definitivamente confiscate solo 39 risultano attive e per quanto riguarda quelle “destinate” solo 11 su 459 non sono state poste in liquidazione. Un fallimento. Totale.

È allora evidente tutta l'amarezza del Presidente di Fondazione con il Sud a fronte di un bando in cui le risorse ammontano complessivamente a 250 mln di euro nell'avviso non si trova traccia del protagonismo del Terzo settore su tale tema, e, sottolinea Borgomeo: «non c'è traccia neppure dell’introduzione del principio di sussidiarietà all’art 118 della Carta costituzionale, proseguito più recentemente con l’emanazione dell’art. 55 del Codice del terzo settore e con la validazione ad esso dato dalla sentenza n. 131/2020 della Corte Costituzionale e, infine, col dettagliato strumentario applicativo reso disponibile dal decreto n. 72/2021 del Ministro del lavoro. Nel bando non si trova traccia di una visione sussidiaria e non è contenuto nessun incito e sollecitazione alla coprogettazione e all'amministrazione condivisa pur sottolineate e incoraggiate dal Pnrr. Insomma troppi passi indietro. È un'ulteriore occasione persa».

Il bando in effetti sembra avere un unico interlocutore: la Pubblica Amministrazione..

Borgomeo: «Già, siamo alle vecchie logiche. I soggetti destinatari sono solo le Pubbliche amministrazioni. Le risorse poi sono solo indirizzate alle opere infrastrutturali. Esattamente come fatto con i PON sicurezza, che non occupandosi della gestione hanno spesso consentito di ristrutturare beni , poi inutilizzati , abbandonati e innon pochi casi vandalizzati. I beni vanno affidati a soggetti vivi del territorio come dimostrano tante storie positive che sono sotto gli occhi di tutti. Se all’assegnazione del bene non si accompagna, come sarebbe ovvio, un contributo finanziario indispensabile anche per l’avvio delle attività il meccanismo non funziona. Il bando privilegia i progetti che dimostrano di essere sostenibili: ma con quali risorse finanziarie?».

Ed è qui che il Terzo settore avrebbe dovuto comparire con un ruolo da protagonista.

Borgomeo: «Non compare nemmeno con un ruolo da comprimario. Nell'avviso si cita solo una volta il volontariato che “può essere coinvolto nella gestione di spazi e attività socio-culturali.” Cooperative sociali? Volontariato? Associazioni di promozione sociale? Non pervenute. Eppure hanno dato prova di saper valorizzare i beni confiscati se sostenute nella fase di avvio.»

C'è molta amarezza nelle sue considerazioni, ma davvero non se la aspettava?

Borgomeo: «Pensavo ad un tentativo di innovazione. Ma ha vinto una logica inerziale. Anche i 50 milioni che il bando destina a “interventi che per dimensione, valore simbolico, sostenibilità e prospettive di sviluppo” sono affidati a un meccanismo di concertazione tra livelli istituzionali. Siamo ancora, lo ripeto, alla cultura dei PON Sicurezza (Fondi strutturali) i cui risultati sono beni molto spesso inutilizzati con grave spreco di soldi pubblici. Lo Stato e le comunità sono più forti delle mafie se confiscano i beni, ma anche se li utilizzano a fini sociali e di sviluppo. Ma per fare questo non basta l’attuale sistema e non servono questi Avvisi. Bisogna rispondere piuttosto a queste domande: si può utilizzare questo immenso patrimonio per lo sviluppo? Siamo convinti che si può fare buona e sana economia utilizzando questo patrimonio? Siamo convinti che battiamo le mafie dimostrando che la legalità non è solo giusta, ma conveniente? E’ vietato utilizzare parte dei Fondi del Fug (fondo unico giustizia alimentato dalle risorse finanziarie confiscate alle mafie) per sostenere le spese di gestione dei beni affidati al Terzo settore? Qualcuno farà obiezione a questi ragionamenti richiamando vincoli, procedure e criteri che impediscono innovazioni e che non permettono di sostenere le spese per la gestione dei beni. Ma è l’incapacità o la scarsa volontà di superare questi criteri che ci ha portato ad una situazione insostenibile. Molte esperienze hanno dimostrato che si può fare diversamente: cooperative e associazioni hanno, con sacrifici e spirito innovativo, valorizzato i beni, facendo inclusione sociale, sviluppo e occupazione. Non ci basta che vengano considerati eroi o bravi ragazzi. Vogliamo che il loro lavoro diventi un modello per le politiche pubbliche. Questi 300 milioni, non c'è dubbio, possono essere spesi meglio.»


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