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Arte e lavoro: un binomio a misura d’uomo

A che cosa serve la bellezza? Può veramente tornare ad essere una presenza nella vita della persona comune? Nella vita della gente? Nella vita della gente che lavora, e che magari fa lo stesso gesto ogni giorno, sempre uguale? Un gruppo di artisti, La Compagnia dell’Arte, e un’azienda del territorio lombardo, la Vito Rimoldi SpA, hanno provato a rispondere a questi interrogativi

di Paolo Galli

A che cosa serve la bellezza? Può veramente tornare ad essere una presenza nella vita della persona comune? Nella vita della gente? Nella vita della gente che lavora, e che magari fa lo stesso gesto ogni giorno, sempre uguale?

Un gruppo di artisti, La Compagnia dell’Arte, e un’azienda del territorio lombardo, la Vito Rimoldi SpA, hanno provato a rispondere a questi interrogativi. La bellezza, per quanto se ne possa discutere, non è mai assente dalla nostra vita, ne siamo costantemente alla ricerca e, quando la troviamo, ci sentiamo a casa.

Tutto nasce nel gennaio 2021: l’azienda chiede se esistono artisti disposti a interpretare i valori del brand per produrre opere che possano trovare spazio nel luogo di lavoro e trasformarne l’aspetto. Un gruppo di artisti–attorno alla Galleria James Rubin– è il perno attorno a cui ruota questo gruppo di artisti che riunisce in un’amicizia anche persone provenienti da altri contesti.

Ne nasce un dialogo prudente ma subito appassionato: si sente un’intesa di fondo sul significato del lavoro, la sua fatica e la sua dignità, la sua grandezza e quel particolare assetto di gratuità che c’è in ogni cosa veramente umana. “Non compie tutto il suo dovere chi pensa di aver fatto solo il suo dovere” ci dice Charles Péguy – scrittore francese a cavallo tra otto e novecento – citato in uno dei punti della carta dei valori della Vito Rimoldi. Il lavoro qui non è solo profitto o dazio da pagare, ma è realizzazione di sé, attraverso la fatica, la monotonia, il sacrificio, ma anche la cura, la dedizione, la creatività, l’innovazione, la relazione di aiuto reciproco.

In un incontro iniziale colpiscono soprattutto le operaie che saggiano ogni guarnizione metallica con mano sapiente, perché il dettaglio fa la differenza nella qualità, e ciò che viene trattato come un gioiello afferma la dignità di colui che sa vivere quel gesto come un compito e non come una pura fatica.

Una concezione del lavoro, che viene cercata e tentativamente riaffermata attraverso tante modalità, come quella di investire nella commissione di opere d’arte che possano rendere bello il capannone di 5.000 metri quadri della sede di Busto Arsizio (VA).

Gli artisti fotografano, prendono appunti, fanno domande su quelle macchine così potenti e su quelle produzioni così minute ma così importanti per la vita quotidiana di ognuno di noi. Le guarnizioni, infatti, riguardano ogni macchinario che preveda un passaggio di fluidi e non solo, anche tutti i nostri cassetti che distrattamente apriamo e chiudiamo sono pensati perché possano durare nel tempo attutendo l’usura dei colpi.

L’iniziativa troverà una prima realizzazione l’11 dicembre 2021, in occasione della convention annuale dell’azienda Vito Rimoldi.

L’artista Elisabetta Necchio, comasca, rappresenta attraverso intarsi di cellulosa e foglia d’oro immagini potenti che ritraggono gli operai, rivisti come un argonauta, un direttore d’orchestra, un angelo che spazza il pavimento. Francesco Zavatta, riminese, giovane pittore. Letizia Fornasieri, milanese e punta della Galleria Rubin introduce un pezzo di natura che ha una forza stranamente pacificante.

Si prevede poi una seconda installazione di opere a cura di Francesco Santosuosso e Francesco Fornasieri all’interno dello spazio terziarizzato alla cooperativa sociale di tipo B Solidarietà e Servizi, che oggi è perfettamente integrata nei processi dell’azienda.

Se le fotografie di Salgado e dei suoi Man at Work ci avevano fatto percepire la condizione drammatica del lavoro nel mondo moderno, qui invece si comincia a respirare un’aria che sa un po’ di metallo, un po’ di gomma…e un po’ di casa.


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