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Nel Pnrr sulla povertà manca un centro di gravità

Molte le azioni previste e 670 i milioni di euro stanziati. Per le persone senza dimora verranno messi a disposizione appartamenti e progetti personalizzati. Le stazioni di posta offriranno accoglienza notturna e servizi sanitari, di ristorazione, di orientamento al lavoro. C'è un intervento di contrasto alla povertà educativa nel Mezzogiorno, per soli 50mila minori. Ma l'efficienza del Pnrr si vedrà dalla creazione di una forte infrastruttura di welfare locale che accompagni i percorsi delle persone

di Roberto Rossini

Nel PNRR la parola povertà compare 13 volte. Non c'è partita con lavoro, che invece troviamo 199 volte o con mercato/mercati che compaiono un centinaio di volte. Eppure lo stesso presidente Draghi cita la povertà fin dalla premessa del Piano, ricodando che in quindici anni il numero dei poveri assoluti è più che raddoppiato e con la pandemia è triplicato rispetto al 2005. E allora, come riparare? Come occuparsi di povertà attraverso il Pnrr?

Nel Piano si fa riferimento a più forme di povertà: educativa, energetica, abitativa, minorile. È poco presente la povertà assoluta, che riguarda il 7,7% delle famiglie e il 9,4% degli individui, in crescita nelle zone più sviluppate del Paese. Il Piano non prende esplicitamente in esame una misura contro la povertà assoluta perché quella esiste già: entra semmai in alcune dimensioni che la compongono. Vediamo allora qualche numero. La misura più vicina al contrasto della povertà assoluta è quella relativa all’housing temporaneo e alle “stazioni di posta”, con un investimento previsto di 0,45 miliardi di euro. L’housing temporaneo riguarda le persone senza dimora, affinché accedano ad una sistemazione temporanea in appartamenti per piccoli gruppi o famiglie. Le stazioni di posta – i centri servizio per il contrasto alla povertà – offriranno accoglienza notturna, servizi sanitari, ristorazione, orientamento al lavoro, distribuzione di beni alimentari con l'obiettivo di sviluppare azioni incentrate sull'inserimento lavorativo grazie al supporto dei Centri per l'Impiego. Tali centri sono stati recepiti nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, anche se le risorse non sono ancora state toccate.

Nel Pnrr troviamo poi gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana per ridurre l’emarginazione e il degrado sociale, con 3,30 miliardi. Sono fondi dedicati alla manutenzione per il riutilizzo e la rifunzionalizzazione di aree pubbliche e di strutture edilizie pubbliche esistenti; per il miglioramento del decoro urbano, del tessuto sociale e ambientale, con attenzione allo sviluppo di servizi sociali e culturali, educativi, didattici e sportivi, oltre che per la mobilità sostenibile. Per la qualità dell’abitare sono stati stanziati altri 2,80 miliardi destinati a nuove strutture di edilizia residenziale pubblica, ridurre le difficoltà abitative nel patrimonio pubblico esistente, riqualificare le aree degradate. Un’altra misura riguarda gli interventi socio-educativi per combattere la povertà educativa nel Mezzogiorno, con 0,22 miliardi, finanziando iniziative del Terzo settore: la misura intende coinvolgere fino a 50mila minori in condizione di disagio o a rischio devianza.

Tutti questi progetti possono drenare un numero significativo di fragilità. All’obiettivo collaborano inoltre gli interventi trasversali a favore delle cosiddette “quattro priorità”: donne, giovani, disabili e Sud Italia. Ma tutti gli interventi e tutte le priorità dovranno avere un centro di gravità attorno al quale connettersi e coordinarsi. La povertà assoluta non ha a che fare solo con l’assenza di lavoro, ma è multicausale. Il Pnrr fa bene a contemplare più approcci: l’ambiente, la casa, l’educazione e il socio-educativo, la sanità. Ma ciò che conta è che questi approcci siano connessi tra loro secondo uno schema di collegamenti interni, di presa in carico, di scambi informativi. E qui torniamo al Reddito di cittadinanza che nel Pnrr è citato pochissime volte e che pur nella sua incompletezza e in alcune fragilità ha provato a mettere insieme i diversi approcci. Non lo sta facendo come vorremmo (per questo l’Alleanza contro la Povertà ha presentato recentemente otto proposte di cambiamento), ma tenta comunque un approccio sistemico. Il Pnrr contiene molte cose, ma dobbiamo capire se l’infrastruttura normativa e concettuale è ancora quella del Reddito di cittadinanza. Il Piano vede il RdC come uno schema di reddito universale, da collegare funzionalmente ai percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione o in disoccupazione, coinvolgendoli in attività di upskilling e reskilling. Lo schema dunque è basato su un forte approccio lavorista, con un reale potenziamento degli strumenti operativi per rafforzare l'occupazione: gli ITS, il sostegno all'innovazione, la garanzia all'occupabilità (GOL), il sistema duale e tanto altro. Adesso andrà capito chi saranno i beneficiari dei singoli progetti e come potrebbero essere collegati all'impianto del Reddito di cittadinanza.

Dal punto di vista dell’Alleanza contro la Povertà il processo sul quale monitorare l'efficienza degli interventi del Pnrr riguarderà la creazione di una forte infrastruttura di welfare locale, capace di sostenere i cambiamenti in atto per accompagnare le persone verso una maggiore inclusione sociale. Serve una struttura potente e flessibile perché il rischio è quello di agire con la logica dei due tempi: prima lo sviluppo economico e poi la cura dei danni sociali. Sarebbe uno schema vecchio, ancorato ad un’idea novecentesca dello sviluppo, tutto giocato sul Pil. Se invece la governance del Piano andrà nella direzione di creare un welfare pro-motore di sviluppo, di lavoro, di formazione professionale, di accompagnamento, di abilitazione, di empowerment, allora si disporrà di un'infrastruttura stabile e duratura e capace di essere efficace. In tutto questo gli aspetti digitali, legati alle piattaforme informatiche, non saranno laterali: infatti nel Pnrr è curato il potenziamento di questa dimensione, che ha ricadute anche sul sistema dei servizi.

Sarà sufficiente? Ci sono molti interventi, molti spazi e anche qualche interrogativo. Uno riguarda il coinvolgimento del Terzo settore, delle parti sociali e della società civile in generale. Lo spazio non manca, ma occorrerà verificare che nella governance e non solo nella partita esecutiva si coinvolgano i soggetti sociali, che non sono lo Stato ma che costruiscono ogni giorno la Repubblica.

* Roberto Rossini è portavoce dell'Alleanza contro la Povertà



Il numero di VITA di novembre, "Il Pnrr nel mirino", grazie agli esperti delle varie reti, ha analizzato cosa va e cosa non va nel Pnrr su dieci grandi temi, avanzando delle proposte: Non autosufficienza; Sud; Case della Comunità; Disabilità; Formazione professionale; Servizio civile; Povertà; Asili nido; Dispersione scolastica e Volontariato. Nei prossimi giorni pubblicheremo questi focus, nell'ottica di informare, monitorare, condividere e provocare.


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