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Non autosufficienti: passare da un approccio sanitario a un approccio sociale

Occorre mettere l’anziano al centro di una filiera di servizi con figure professionali e reti di Enti del Terzo settore, con risorse pubbliche e private ben organizzate mediante coprogrammazione e coprogettazione. Il Pnrr è una grande occasione

di Silvio Minnetti

Il 2022 potrebbe essere determinante per la riforma dei servizi offerti a non autosufficienti. L'Alleanza di oltre 40 enti del Terzo settore ha presentato precise questioni al Governo. Sono stati richiesti 200 milioni mancanti nei fondi stanziati nella legge di bilancio. Servono infatti supporti medici, riabilitativi e sostegni alle famiglie nella vita quotidiana. Si richiede un Patto per il welfare degli anziani. Deve cambiare il modo di prendersi cura degli anziani in un Pese ad alto tasso di invecchiamento. 23 cittadini su 100 hanno infatti più di 65 anni. Saranno 34 nel 2050, la più alta percentuale in Europa. Un universo che si può distinguere in fragili, attivi, non autosufficienti. Questi ultimi sono 2,6 milioni di persone che chiedono un cambiamento di approccio, da un metodo prestazionale ad un servizio di presa in carico e di accompagnamento della persona nella parte finale della vita. Bisogna passare da un approccio prevalentemente sanitario ad uno sociale. Non è solo questione di iniezioni e di visite mediche. Serve la presenza di una rete di associazioni di volontariato. La pandemia ha reso evidente la necessità di un cambiamento. Il PNRR prevede investimenti e riforma globale. La non autosufficienza deve avere la stessa dignità degli altri settori del welfare, secondo Cristiano Gori, coordinatore del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza. Servono subito oltre 300 milioni di euro per finanziare il servizio di Assistenza domiciliare (Sad), a carico dei Comuni, che ora copre appena l'1,3 per cento dell'utenza. Occorre integrare servizi delle Asl e dei Comuni per avere una cura non solo sanitaria ma anche della vita quotidiana sul piano relazionale e sociale degli anziani, compreso il supporto per familiari e collaboratrici familiari. L'autonomia e la partecipazione alla vita della comunità della persona anziana va prolungata il più possibile fino alla non autosufficienza, senza dimenticare il suo ruolo attivo nel volontariato.


Dopo la pandemia una delle sfide più urgenti è quella dell’invecchiamento e dell’assistenza continuativa degli anziani. L'obiettivo è ritardare il più possibile la perdita di autonomia dei settantenni prendendosi cura del loro stile di vita per mantenere la salute, delle loro fragilità quali la solitudine e la comorbilità. Non bisogna trascurare poi le disuguaglianze economiche di fronte alle inefficienze del welfare pubblico che spingono verso spese di tasca propria nel privato. I fondi del Pnrr sono insufficienti per contrastare la perdita di autonomia e infralimento. Occorre mettere l’anziano al centro di una filiera di servizi con figure professionali e reti di Enti del Terzo settore, con risorse pubbliche e private ben organizzate mediante coprogrammazione e coprogettazione. Tale filiera deve curare, con uso di nuove tecnologie digitali, gli aspetti fondamentali della vita quotidiana: alimentazione, intrattenimento, turismo. Interessante in questa direzione il tavolo di coprogrammazione avviato presso il Centro per il Terzo Settore dell’Università di Macerata. Insomma va costruito un nuovo welfare per gli anziani con servizi di figure professionali e finanziamenti erogati in base ai risultati conseguiti.

Viviamo in un Paese che invecchia: ogni 100 giovani ci sono 183 anziani. Crescono i non attivi e la situazione tende a peggiorare. Abbiamo 3.860.000 non autosufficienti, 1 milione e 368 mila assistenti familiari tra regolari e irregolari ed una Assistenza domiciliare che non supera il 7 per cento. 7,3 milioni di persone, quasi il 15 per cento della popolazione, assistono i propri familiari a causa di invecchiamento, infermità o patologie croniche.


Interessante esperienza è quella dell'ADI, Assistenza domiciliare integrata, a Torino. È uno dei servizi fondamentali dell'assistenza dell'anziano fragile. A differenza del Servizio di Aiuto Domiciliare sociale (SAD), l'ADI è in continua crescita. Parliamo comunque di una media di sole 18 ore annuali, secondo i dati Agenas. L’incremento della cronicità richiede oggi una "lungo assistenza" per interventi sanitari e per la tutela degli atti di vita quotidiana. Il PNRR prevede un potenziamento di questa tipologia di cura e assistenza. Le forme di cure domiciliari vanno da quelle palliative, al servizio infermieristico, al Servizio riabilitativo, all’Assistenza domiciliare programmata. Sono impegnati medici di medicina generale, infermieri, fisioterapisti. È questa la complessa organizzazione dei servizi di prossimità per gli anziani non autosufficienti. Si tratta di svolgere attività di supporto quotidiano e di ascolto per colmare le lacune attuali dei servizi di assistenza domiciliare. Sarà l’Assistente sociale del presidio sanitario a valutare la situazione dell’anziano per accedere al servizio. Per rendere continuativa l’assistenza sanitaria vanno create vere reti di prossimità con Enti del Terzo Settore ed istituzioni. Questo è un obiettivo del PNRR verso soggetti fragili e spesso soli.


*Coordinatore Alfa Terzo settore- Macerata, collaboratore Citesec- Unimc


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