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Papa Francesco: «L’adozione non è un ripiego»

Nell'udienza generale, Papa Francesco ha parlato di adozione e ha invitato le istituzioni a sostenerla, «vigilando con serietà ma anche semplificando l’iter necessario perché possa realizzarsi il sogno di tanti piccoli che hanno bisogno di una famiglia, e di tanti sposi che desiderano donarsi nell’amore». Questo legame «non è secondario, non è un ripiego. Questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità»

di Redazione

«Non basta mettere al mondo un figlio per dire di esserne anche padri o madri» e d’altra parte «padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti». Papa Francesco lo aveva già scritto alcuni mesi fa nella Lettera Apostolica Patris corde, in cui parlando della figura San Giuseppe invitava il mondo a riflettere e riscoprire il tema della paternità, ed è tornato a ripeterlo questa mattina, chiedendo esplicitamente maggiore attenzione per le adozioni. «Auspico che le istituzioni siano sempre pronte ad aiutare in questo senso dell’adozione, vigilando con serietà ma anche semplificando l’iter necessario perché possa realizzarsi il sogno di tanti piccoli che hanno bisogno di una famiglia, e di tanti sposi che desiderano donarsi nell’amore», ha detto il Papa.

Francesco ha iniziato a novembre una serie di catechesi su San Giuseppe, nella convinzione che il mondo oggi abbia bisogno di padri: anche oggi ha detto che «noi viviamo un’epoca di notoria orfanezza. La nostra civiltà è un po’ orfana, e si sente, questa orfanezza». Questo il senso anche dell’anno speciale dedicato a San Giuseppe che il Papa ha voluto e che si è chiuso l’8 dicembre 2021. In questo percorso, la riflessione di questa mattina riguardava Giuseppe come “padre putativo” di Gesù: «giuridicamente è il padre, ma non generativamente, non l’ha generato», dice il Papa e «occorre tener presente che anticamente in Oriente era molto frequente, più di quanto non sia ai nostri giorni, l’istituto dell’adozione».

Il Papa pensa «a tutti coloro che si aprono ad accogliere la vita attraverso la via dell’adozione, che è un atteggiamento così generoso e bello». E afferma con forza che «questo tipo di legame non è secondario, non è un ripiego. Questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità. Quanti bambini nel mondo aspettano che qualcuno si prenda cura di loro! E quanti coniugi desiderano essere padri e madri ma non riescono per motivi biologici; o, pur avendo già dei figli, vogliono condividere l’affetto familiare con chi ne è rimasto privo. Non bisogna avere paura di scegliere la via dell’adozione, di assumere il “rischio” dell’accoglienza». L’adozione, l’accoglienza, la nascita di un figlio sono un rischio, sì: «avere un figlio sempre è un rischio, sia naturale sia d’adozione. Ma più rischioso è non averne. Più rischioso è negare la paternità, negare la maternità, sia la reale sia la spirituale».

I commenti dal mondo delle adozioni

«Ringraziamo Papa Francesco per le sue importanti parole. Milioni di bambini soli e abbandonati saranno felici di sapere che proprio il Papa abbia lanciato un appello a tutto il mondo per il loro futuro e per il loro diritto di crescere in una famiglia che li ami». Ci sono in particolare migliaia di bambini nelle neglect list, elenchi di minori abbandonati, inviati periodicamente dai Paesi di origine agli enti autorizzati nella speranza che qualcuno di loro possa essere adottato: «Elenchi contenenti i nomi di minori adolescenti dai 12 anni in su, con storie pressoché identiche: abbandonati nei primi anni della loro infanzia e costretti a vivere per anni e anni all’interno degli orfanotrofi, che sperano ancora di non ingrossare l’esercito dei care leaver. Minori abbandonati e mai adottati e che mai conosceranno, in tutta la loro vita, il significato della parola "Amore"», racconta Marco Griffini, presidente di AiBi. «Speriamo che questo appello alle Istituzioni venga accolto dalle organizzazioni internazionali, Unicef in prima linea, e che si decida finalmente a redigere un report dedicato ai minori in stato di abbandono, che popolano gli orfanotrofi nel mondo e si decida a considerare l’adozione internazionale, un vero sistema di protezione dell’infanzia abbandonata. Speriamo che venga accolto alle autorità degli Stati di accoglienza, come dai sottoscrittori della Convenzione dell’Aja, affinché aiutino i Paesi di origine, attraverso lo strumento della cooperazione internazionale, a dotarsi di leggi, di istituzioni e di prassi, che abbiano a cuore il diritto dei bambini a crescere in famiglia. Speriamo, in particolar modo, che questo appello venga recepito da quegli Stati che hanno interrotto le procedure di adozione internazionale e per i quali auspichiamo una pronta ripresa, come la Romania, la Polonia, il Kenya, l’Etiopia, la Cambogia, il Nepal, il Guatemala. Speriamo soprattutto che finalmente, l’adozione venga accolta per quella che è realmente. Non un problema di una coppia che non ha figli e che vuole soddisfare il suo desiderio di diventare genitori, ma il più grande atto di giustizia che una persona possa mai compiere nella propria vita: ridare dignità di figlio ad un minore abbandonato!».

Paola Crestani, presidente del CIAI, evidenzia come «la preghiera di Papa Francesco dice "sii vicino ai tanti bambini che non hanno famiglia e desiderano un papà e una mamma. Sostieni i coniugi che non riescono ad avere figli, aiutali a scoprire, attraverso questa sofferenza, un progetto più grande". Noi, operatori del mondo delle adozioni, lavoriamo quotidianamente per realizzare la preghiera del Papa, stando vicini ai bambini che sono senza famiglia per far sì che incontrino genitori desiderosi e in grado di accoglierli e crescerli, e sostenendo le famiglie adottive in questo loro 'progetto più grande' di vita, che ha bisogno di accompagnamento e vicinanza. Oggi è sempre più necessario un accompagnamento professionale ed esperto per le famiglie perché le situazioni dei bambini sono sempre più impegnative. E noi vogliamo dare risposta ad ogni bambino, anche a quelli con bisogni particolari».

Foto dell'udienza del 5 gennaio dal sito www.vatican.va


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