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Un romanzo racconta il fundraising “dietro le quinte”

Chi meglio di un fundraiser per presentare il suo mondo? Questo deve aver pensato Stefano Salvi autore di “Buone cause” un volume che guida i lettori alla scoperta dei meccanismi e dei linguaggi delle raccolte fondi con ironia, disincanto e anche una dose di sano cinismo

di Antonietta Nembri

No, non sono angeli. Geniali, a volte, disincantati, ma soprattutto professionali. Così appaiono i personaggi di Buone cause (ed. Scatole Parlanti – collana Voci, pp. 110, euro 13) il primo romanzo di Stefano Salvi, romano classe 1984, con un laurea in antropologia culturale e oggi digital fundraiser per alcune organizzazioni del Terzo settore, mentre in passato ha lavorato in diversi centri di accoglienza per senza dimora di Roma ha curando dei laboratori di scrittura creativa.
Per raccontare il mondo di chi di professione si occupa di raccolte fondi non ha scelto la classica forma del saggio, ma quella del romanzo che gli permette di svelare attraverso i suoi personaggi tecniche e linguaggi in uso, alzando il velo su una professione che ha come mission quella di convincere le persone ad appassionarsi a una causa al punto da mettere mano al portafogli. Un mondo che, volenti o no, gira intorno ai sensi di colpa e al denaro.

Protagonista del romanzo (nell'immagine la copertina) è Marta, giovane neolaureata, che vive con Valerio in un palazzo occupato. Grazie a un incontro fortuito con Sergio, direttore della ong Children’s Foundation (ovviamente esistente solo nella finzione romanzesca), inizia uno stage di sei mesi in fondazione.
Qui, nonostante il cinismo e la disillusione di Sergio ormai prossimo alla pensione e i momenti di collera di Matteo “lo Sceriffo”, Marta si appassiona alla raccolta fondi e in particolare al Direct Mailing. Incontra così Paola, la principale donatrice della fondazione, e sua figlia Gloria, affetta dalla sindrome di Rett e “tester ufficiale” dei Dm di Children's Foundation. Con quest’ultima Marta instaura un rapporto profondo, che la porterà a provare sulla propria pelle che spesso, anche dietro alle migliori intenzioni, si nascondono scopi subdoli ed egoistici.

Il personaggio di Marta è il perno di tutta la vicenda e non è un caso, come riconosce l’autore (nell'immagine Stefano Salvi): «Era il 2015 quando iniziai a lavorare come fundraiser e a scrivere i primi direct mailing, le lettere che le onlus inviano per chiedere sostegno economico. Mi affascinava l'idea del formato lettera, un modello letterario che appartiene al passato. Mi affascinava provare a trasformarla in un espediente narrativo».

Seguendo la stagista Marta il lettore è accompagnato passo passo nel dietro le quinte della raccolta fondi, dai colloqui con i suoi tutor si scoprono trucchi ed espedienti del mestiere, il linguaggio e soprattutto il cinismo di alcuni personaggi. Insomma Salvi ha voluto narrare, partendo dai Dm il mondo del Terzo settore «fuggendo la narrazione sensazionalistica dei media. Né eroi né ladri, in Buone cause» spiega «troverete persone normali, con le loro ambizioni, dubbi, difficoltà. Sono persone in crisi o che faticano a trovare il loro posto nel mondo. Su di loro aleggia però onnipresente il denaro, che nello strumento del dono sembra quasi emanciparsi dall’alone di colpa che si porta dietro, ma che nonostante tutto continua a manifestare tutta la potenza e l’ambiguità di quell’oggetto simbolico e culturale peculiare che è».

Marta è la nostra guida alla scoperta di questo mondo, una guida che all’inizio è nella nostra stessa condizione: non conosce i meccanismi e i termini, un mestiere che aiuta il lettore a scoprire pagina dopo pagina. Ed è lei che con ironia e disincanto, senza cedere al cinismo, alla fine ci fa appassionare al mondo del fundraising.

Immagine da Pixabay


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