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Al via la campagna #unasolasquadra per i diritti delle donne afghane

Lo sport insegna ad aiutare i compagni sul campo. Lo sanno bene le giovani calciatrici di Herat che Cospe ha messo in salvo in Italia dopo il ritiro delle truppe occidentali dal paese e il ritorno del regime talebano. Con la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi #Una sola squadra, l'organizzazione racconta la loro storia – e quella di altre sportive come di avvocate, insegnanti, attiviste per i diritti umani che stanno vivendo un momento drammatico in Afghanistan, dove si sta giocando una partita fondamentale per i loro diritti

di Redazione

Se lo sport insegna a compiere sacrifici, a rialzarsi dopo una caduta, lo sport insegna, soprattutto, ad aiutare i compagni sul campo. Lo sanno bene le giovani calciatrici di Herat che COSPE ha messo in salvo in Italia dopo il ritiro delle truppe occidentali dal paese e il ritorno del regime talebano. Con la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi #Unasolasquadra, COSPE racconta la loro storia – e quella di altre sportive come di avvocate, insegnanti, attiviste per i diritti umani che stanno vivendo un momento drammatico in Afghanistan, dove si sta giocando una partita fondamentale per i loro diritti – e invita tutti ad attivarsi con una donazione – dal 24 gennaio al 13 febbraio, chiamando da rete fissa o inviando un sms solidale al numero 45583 – per supportare progetti e iniziative in loro difesa.

La campagna "#Unasolasquadra” ha avuto il sostegno dell'Associazione Italiana Calciatori, avrà anche, dal 24 al 30 gennaio, il supporto informativo di Rai per il Sociale attraverso i canali Rai. COSPE è una ONG internazionale impegnata dal 2008 in Afghanistan nell'aiuto alle donne, alle ragazze e alle bambine, alle persone LGBTI+, agli attivisti per i Diritti Umani (giornalisti, avvocati, insegnanti, studenti).

Due i programmi portati avanti a fianco della popolazione afghana. Uno è il progetto "Vite preziose”, che ha creato due centri di assistenza legale e socio-psicologica a Kabul e Herat per donne e ragazze vittime di violenza e ha rafforzato le iniziative della "casa protetta” di Kabul, che ha ospitato più di 100 bambine e giovani donne e che ancora oggi funge da rifugio per chi è minacciato dai talebani. Nel secondo programma COSPE ha lavorato con i difensori dei diritti umani in 34 province del Paese attraverso una campagna di advocacy per chiedere al governo afghano la realizzazione dell'uguaglianza di genere: dall'accesso all'educazione al miglioramento della partecipazione politica con la reintroduzione della quota rosa, per la percentuale del 25% dei seggi in Parlamento e nei distretti.

Nell'agosto 2021, con la presa del potere da parte dei Talebani e il rapido ritiro delle truppe occidentali dal Paese, COSPE si è attivata immediatamente, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Difesa, per organizzare l'evacuazione delle donne e attiviste minacciate e delle loro famiglie, e ha portato in salvo decine di persone, tra cui le giocatrici della squadra femminile di calcio di Herat che sono state anche supportate dall'Associazione Italiana Calciatori insieme alla Figc, e all'Associazione Italiana Allenatori Calcio (AIAC onlus).

Per me il calcio è come l’ossigeno. Non potrei farne a meno”, ha racconato Susan, 22 anni, che gioca nel ruolo di difensore e corre come una pazza dietro la palla. “È nutrimento per la vita, come il cibo o l’acqua”, le fa eco la centrocampista Fatima, di 19 anni. Dopo una lunga sessione di riscaldamento, veniva approntata la partitella di metà allenamento. Alcuni ostacoli mobili erano usati come pali per segnare le porte perché alle ragazze non era permesso giocare sul terreno vero e proprio: sia il match sia l’allenamento si svolgevano in uno spazio dietro la rete, a bordo campo. “Non avevamo gli scarpini e non ci facevano stare sul manto erboso. Lo stadio era nuovo e scintillante. Il prato, curatissimo. Rinnovato con fondi di donatori internazionali – in parte anche della cooperazione italiana, come indica una targa proprio all’ingresso – l’impianto era però per lo più destinato ai maschi. Relegate a giocare a queste ore antelucane in uno spicchio del campo, le ragazze sembravano far parte di una squadra semiclandestina. E in un certo senso era proprio così. “Convocavamo gli allenamenti via sms. E ogni volta cambiavamo il giorno. I talebani e gli altri islamisti radicali odiavano – già prima del ritorno del regime – quello che facevamo e, dunque, preferivamo non esporci troppo” affermano nel video realizzato da Stefano Liberti e Mario Poeta, Herat Football Club.

“Non era l’hijab o la calza lunga il problema. Piuttosto, il fatto di non poter giocare liberamente. A volte era come se avessimo dovuto nasconderci”, lamenta Maryam. Tutte sognano oggi – ora che si trovano al sicuro in Italia – di poter un giorno partecipare a tornei agonistici. Di confrontarsi con altre squadre. “Quando abbiamo giocato contro l’Italia è stato divertentissimo”, dice una di loro, mostrando le foto dell’evento sul cellulare. Si riferisce alla partita che hanno disputato contro le soldate italiane del contingente Isaf, all’interno della base di Camp Arena. “È stato un giorno di festa. Non solo perché la nostra squadra ha vinto, ma perché abbiamo mostrato al mondo che un altro Afghanistan è possibile”, dice ancora Susan. Oggi tutte queste conquiste, faticosamente raggiunte tra mille difficoltà, non esistono più in Afghanistan.

Con il ritorno dei talebani al potere, queste fortunate calciatrici sono potute fuggire e venire in Italia, insieme ad altre sportive, pallavoliste, cicliste e altre attiviste, avvocate, insegnanti giunte in Italia e ora libere di studiare, giocare ed esprimere loro stesse. Ma, purtroppo, molte altre ragazze e bambine sono rimaste in patria, vittime silenziose di un regime oscurantista. Quelle che si sono maggiormente esposte e hanno lottato per i propri diritti e per un Afghanistan democratico sono quelle che rischiano adesso di più, costrette a nascondersi ogni notte in una casa diversa e ad accettare di uscire sempre accompagnate da un maschio, anche solo per fare la spesa. Le scuole sono state chiuse per le ragazze e il futuro negato a migliaia di loro.

Per continuare a sostenere le attività in Afghanistan, Cospe lancia la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi #Unasolasquadra per restituire diritti e dignità alle donne afghane e per vincere insieme la partita più importante, quella contro le discriminazioni, la violenza e le ingiustizie. Alla campagna aderisce anche l'Associazione Nazionale Calciatori.

Tutti possono dare il proprio contributo per la tutela e i diritti delle ragazze afghane: per sostenere la campagna #Una sola squadra sarà possibile donare al numero solidale 45583 per il periodo 24 gennaio – 13 febbraio 2022.

Foto apertura: arrivo delle ragazze in Italia


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