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Riforma non autosufficienza: il governo mandi un testo in parlamento

L'appello di Gianmario Gazzi, presidente del Cnoas: «La riforma della non autosufficienza va fatta adesso, insieme a quella della assistenza territoriale e della disabilità. Una proposta di testo per la legge delega c’è, quella della commissione Turco. È migliorabile? Sì, ma non migliorerà stando ferma in un cassetto»

di Sara De Carli

Abbiamo due leggi di bilancio che hanno rafforzato i servizi sociali del territorio, una riforma della disabilità in corso e una riforma dell’assistenza territoriale – ispirata dal nuovo Patto per la Salute e aggiornata con le indicazioni e i progetti del Pnrr, a cominciare dalle Case di Comunità – disegnata in quel DM 71 appena inviato alle Regioni: all’appello manca la riforma della non autosufficienza. Ecco allora che nel dibattito di cui Vita sta dando conto, si alza un’altra voce a chiedere che si smuovano le acque e che anche la riforma della non autosufficienza si faccia e si faccia presto. Ad intervenire questa volta è Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali (Cnoas).

«La riforma della non autosufficienza va fatta adesso, per renderla coerente con le altre riforme in corso. Sono quattro tematiche che devono andare insieme, altrimenti si rischia di buttare soldi. Mettiamoci nei panni di chi deve organizzare i servizi sociali, sanitari e sociosanitari con quanto indicato in legge di bilancio e nel DM 71… poi tra un certo numero di mesi arrivano le novità legate alla riforma della disabilità e poi dopo un tot di tempo quelle legate alla riforma della non autosufficienza… Non ha senso. Serve un disegno organico minimo», dice Gazzi.

Che invece, al contrario, vede «il rischio di una riforma messa in stand by perché non si trova un accordo», «con un proliferare di commissioni», con l’alta probabilità che «si rimandi si rimandi e poi si faccia una legge minima a fine legislatura, senza possibilità per il Parlamento di lavorarci seriamente perché a quel punto i tempi previsti dal Pnrr saranno stringenti». È vero, la riforma deve essere fatta entro il 2023, «ma non manca poi tanto e comunque rimandando al 2023 avremmo un nuovo governo, un nuovo parlamento… che facciamo, ripartiamo da zero?», si chiede Gazzi.

La sua proposta, nell’ottica di «una riforma possibile e giusta, non per forza la migliore», è – usa proprio questi termini – di real politik, mettendo prima di tutto gli obiettivi concreti: «Una proposta di testo per la legge delega c’è, quello elaborato dalla commissione coordinata da Livia Turco a cui hanno lavorato per diversi mesi molti esperti, fatto proprio dal Ministero delle Politiche Sociali e concertato con il Ministero della Sanità, che però giace alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Governo la integri come meglio ritiene, la mandi in Parlamento e il Parlamento ci lavori. Questo testo prende solo un pezzo del problema? La proposta è migliorabile? Certamente, ma non può migliorare restando chiusa in un cassetto o illudendoci che sia così semplice rivedere tutto il sistema. Governo e parlamento, a un anno dalla fine della legislatura, sono davvero così pronti e disponibili ad affrontare la revisione dell’indennità di accompagnamento? O il tema di un eventuale obbligo di assicurazione per la long term care? O un impianto complessivo che significherebbe rivedere il Titolo V della Costituzione? Mi sembra più realistico fare ciò che è realisticamente fattibile, che non per forza sarà il meglio. Oppure si dica chiaramente al Paese che non si è in grado di trovare la quadra e che la tanto attesa riforma della non autosufficienza non si farà. Serve che ognuno, a cominciare dal Governo, si assuma il proprio pezzo di responsabilità: il governo di fare una proposta, il parlamento di migliorarla. Sono riforme che toccano la carne viva delle persone, sono temi delicati e difficili, ma questo non può essere un alibi per non farle».

Foto Pexels


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