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Cooperazione & Relazioni internazionali

Una tregua tra Russia e Ucraina grazie a San Nicola di Bari?

Non la speranza di un miracolo, ovviamente, ma l’indubbia immensa devozione per San Nicola, venerato da tutte le chiese ortodosse e dalla chiesa cattolica. Nelle chiese russe quella di Nicola è la terza icona insieme a Gesù e Maria col bambino. Il suo culto è esteso da Oriente ad Occidente. Uscire dalla guerra e costruire un nuovo ordine mondiale ispirandosi al grande santo?

di Nino Sergi

Di fronte a crisi e guerre insensate e difficilmente risolvibili ho pensato spesso alla necessità di iniziative di carattere straordinario, capaci di generare la più ampia attenzione, impressionare, disorientare, scuotere, aprire a nuove prese di coscienza e quindi a nuove prospettive. Difficili, certo, quasi impossibili ma forse proprio per questo con qualche possibilità di influire su situazioni di stallo. Stallo che non significa immobilità ma, come ho troppo spesso potuto vedere, ferocia, scontri, morti, distruzioni, macerie, denutrizione, ferite difficilmente rimarginabili, attacchi a popolazioni civili inermi compresi i bambini.

Ne scrivevo già il 7 marzo scorso in un articolo su VITA. Ci ritorno ora perché la guerra di aggressione all’Ucraina rischia di non fermarsi così presto come potevamo sperare ma solo dopo ulteriori devastazioni fisiche e umane, con la costante minaccia di passare ad armi non convenzionali di distruzione di massa.

Cosa potrebbe colpire nel profondo le popolazioni russe e ucraine, compresi i combattenti, a tal punto da fare sospendere i combattimenti, almeno per qualche giorno o qualche settimana? A mio avviso la domanda potrebbe non essere campata totalmente per aria. San Nicola di Bari potrebbe favorire una tregua tra Russia e Ucraina. Non parlo ovviamente della speranza di un miracolo ma della certezza dell’immensa devozione per San Nicola, venerato da tutte le chiese ortodosse e dalla chiesa cattolica. Nelle chiese russe quella di Nicola è la terza icona insieme a Gesù e Maria col bambino. Il suo culto è esteso da Oriente ad Occidente.

Fantasticheria? Forse sì. Ma la presenza della reliquia di San Nicola potrebbe rappresentare quell’iniziativa di carattere straordinario e sconvolgente che potrebbe dare risultati se mai potesse realizzarsi. La reliquia sarebbe accolta e venerata, molto verosimilmente con una sospensione dei combattimenti, sia dai russi che dagli ucraini. Basterebbe ricordare le immagini della presenza della reliquia a Mosca e San Pietroburgo nel 2017. A seguito dell’accordo fra papa Francesco e il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, il 21 luglio di quell’anno la reliquia del santo è stata accolta dallo stesso Kirill ed è stata solennemente portata in processione a Mosca (anche con gli onori militari) nella Basilica del Salvatore, dove 20 mila persone ogni giorno si sono messe in fila per 10 ore per poterla baciare. Compreso Putin.

Le fotografie riprese dal sito dell’Arcidiocesi di Bari Bitonto e la videoclip di EuroNews parlano da sole. E l’intensità di quella devozione potrebbe, negli animi di russi e ucraini, superare l’intensità dello scontro e non sarebbe facile nemmeno per Putin contenerla.

Fantasticheria o audace scelta politica? Si tratterebbe di un gesto profetico che non cambierebbe le sorti della guerra ma che lascerebbe il segno. Forse anche decisivo per la conclusione dei negoziati. Solo i negoziati diplomatici e politici possono infatti condurre ad una soluzione che porti al definitivo silenzio delle armi ed al ristabilimento della pace, disegnando inoltre l’inizio di una nuova fase della storia dell’umanità

La pace dovrà infatti anche significare la premessa per un più ampio, globale e inclusivo negoziato nell’ambito delle Nazioni Unite che definisca un nuovo ordine multipolare nel rispetto e nell’interesse di tutti i Paesi. Una nuova Jalta, dopo ben 77 anni da quella conferenza; e con 30 anni di ritardo perché avrebbe dovuto realizzarsi nel 1992 dopo l’implosione dell’URSS. L’Occidente si è fermato a godere di questa implosione, cercando di conservare i propri privilegi, perfino contribuendo a debilitare l’autorevolezza dell’ONU, senza più alcuna volontà e capacità di guardare avanti, lontano, contribuendo seriamente a governare i cambiamenti globali.

Non è l’odio per l’Occidente, come spesso viene frettolosamente rimproverato, ma l’amore per l’Occidente, i suoi valori e le sue libertà che impone ora una seria valutazione di questi ultimi trent’anni, per trarne insegnamenti e per continuare – in particolare noi Unione Europea che ancora non esistiamo come dovremmo – a vivere meglio questi valori e queste libertà con la coerenza che è mancata nei tre ultimi decenni e che ci ha reso, purtroppo, sempre meno cedibili.

* presidente emerito di Intersos e policy advisor di LINK 2007


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