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Sostenibilità sociale e ambientale

AraBat, scarti di agrumi per riciclare batterie ed estrarre metalli

AraBat è una start up promossa da cinque giovani laureati pugliesi che punta ad impiegare gli scarti degli agrumi, in modo inedito e sostenibile, per riciclare le batterie esauste e recuperarne i metalli preziosi, come litio, nichel, manganese e cobalto

di Emiliano Moccia

“AraBat è una start up pugliese per l’economia circolare che punta ad offrire un processo innovativo per riciclare batterie al litio esauste attraverso gli scarti degli agrumi e recuperare metalli preziosi, come litio, nichel, manganese, cobalto e altri materiali per rioffrirli in cicli produttivi diversi". Raffaele Nacchiero è l’amministratore unico di AraBat, un’impresa nata a Foggia su iniziativa di cinque giovani laureati pugliesi che hanno deciso di scommettere sulle loro competenze e professionalità per “rappresentare un unicum rivoluzionario in tutta Europa” e “per favorire una crescita verde, circolare, sostenibile ed economica del nostro territorio”. La start up è composta da Nacchiero e Giovanni Miccolis, entrambi ingegneri gestionali, Vincenzo Scarano e Leonardo Renna, economisti, Leonardo Binetti, ingegnere dei materiali e professore, con il supporto di Gian Maria Gasperi, biologo ed esperto di green economy. “Siamo una comunità per l’economia circolare, un network promosso dall’associazione NemicoRe che coinvolge anche altri attori locali come l’Università di Foggia, il Politecnico di Bari e la Marchionni SRL”.

Arancia e batterie, dunque, non sono solo gli elementi che compongono l’acronimo di AraBat ma sono alla base del processo innovativo e del business di impresa. “Secondo il Global E-waste Monitor 2020” dice Nacchiero, che insieme al suo team ha presentato l'impresa presso la Regione Puglia, “il numero di RAEE, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, prodotto in tutto il mondo cresce tre volte di più rispetto alla popolazione mondiale. Ed i dati che provengono dalla nostra regione non sono incoraggianti: nel 2019 sono state prodotte in Puglia 8 milioni di RAEE e di questi più di 2 milioni e mezzo di tonnellate sono RAEE che contengono sostanze pericolose come il litio, che può causare incendi nelle discariche e nei luoghi di smaltimento. Tutto questo” evidenzia Nacchiero “rappresenta un problema ambientale ed economico immenso che AraBat propone di risolvere con la sua idea alternativa. Tutto parte dal considerare come risorsa queste batterie al litio esauste. Soltanto nel 2021 sono state prodotte oltre 150mila tonnellate di batterie al litio esauste, caratterizzate da una percentuale di crescita tra il 2019 ed il 2025 pari al 30%. Senza considerare i costi elevati di smaltimento e riciclo, che secondo una stima vanno da 4 euro al chilo per lo smaltimento a 55 euro a KWh ora per il riciclo. Numeri insostenibili per le filiere attuali”.

Di qui, l’intuizione dei giovani innovatori che hanno tratto ispirazione da un lavoro di ricerca di un team della Nanyang Technological University di Singapore “che aveva previsto l’utilizzo degli scarti degli agrumi, di questo mix tra acido citrico e buccia di arancia, per effettuare la cosiddetta lisciviazione verde all’interno di un processo idrometallurgico per riciclare batteria al litio esauste e recuperare i metalli preziosi in un modo più efficiente e sostenibile” prosegue Nacchiero. “I metalli preziosi che intendiamo reinserire nel mercato dopo averli recuperati dai corpi esausti di batterie al litio sono: il carbonato di litio e l’idrossido di cobalto, manganese e nichel, ed altre sostanze in via di studio, come rame, alluminio, grafite”.

Il prossimo step sarà la “costruzione di un prototipo dimostrativo per affermare con certezza quante batterie si possono processare in un determinato periodo di tempo e quanti metalli preziosi si possono recuperare con il nostro trattamento. Puntiamo a processare 50 tonnellate di batterie l’anno, per cominciare, ed intendiamo costruire qui in Puglia il nostro impianto industriale per contribuire alla transizione circolare nella nostra regione. E’ necessario per la filiera italiana l’introduzione di un impianto come quello che abbiamo immagino noi, perché non esistono in Italia impianti che riciclano in modo idrometallurgico le batterie al litio esauste”. Anche perché “stando alle stime europee, entro il 2030 sulle strade dell’Unione Europea circoleranno almeno 30 milioni di veicoli elettrici a emissioni zero. Per far fronte alla crescente richiesta di litio, cobalto, nichel e manganese, materie prime fondamentali per l’industria degli accumulatori, occorrerà imparare a recuperarne quantità sempre maggiori dalle batterie a fine vita” conclude Nacchiero.