Economia & Impresa sociale 

Commercio equo, il Made in Dignity ora ha la sua impronta sociale

Altromercato vara il suo primo bilancio di sostenibilità. Le botteghe equosolidali, in 30 anni, sono diventate 225 in 74 province italiane e oggi il fatturato complessivo arriva a 34 milioni. Creando valore soprattutto per i produttori del Sud del mondo e facendo bene all'ambiente. Il presidente Franceschini: "Siamo nativi sostenibili"

di Giampaolo Cerri

“Siamo nativi sostenibili da 30 anni”: non è solo una battuta quella di Alessandro Franceschini, trevigiano, classe 1971, presidente di Altromercato, che arriva in coda al suo intervento alla presentazione del primo Bilancio di impatto, non è solo una battuta, dicevamo, ma anche è una grande verità.

Negli anni ‘90, Altromercato con le sue botteghe, oggi 225 in 74 provincie in Italia, teorizzava e praticava la sostenibilità quando nel mondo profit la nozione era del tutto sconosciuta, e non esistevano bilanci sociali ma, tutt’al più, le prime confuse “relazioni di impatto ambientale”, in genere stilate in fretta e furia. Quelli di Altromercato erano “nativi sostenibili” quando la “corporate social responsibility” era un concetto nebuloso, patrimonio di qualche corporation illuminata degli States o del Regno Unito. “Per anni siamo andati avanti pensando di non dover fare un bilancio di impatto”, dice Franceschini ai giornalisti presenti a Milano, giovedì 31 marzo, in una bellissima chiesetta sconsacrata di Viale Palmanova, a due passi da una sede della Cgil lombardia, imbandierata di rosso e di iridato.

Ora Altromercato ha deciso di dotarsi di una rendicontazione sociale, non solo perché con lo status di impresa sociale assunto è un obbligo di legge, ma perché gli antichi militanti del commercio responsabile hanno sentito il bisogno di documentare l’impatto del loro lavoro.

“Che ci siano tante aziende che ora operano secondo criteri di ESG”, dice il presidente, “è un fatto importante e positivo, ma per noi la sostenibilità è una filiera”. E sciorina, con la responsabile sostenibilità, Valeria Calamaro, numeri importanti, a cominciare dai 34 milioni di fatturato, gli 87 soci e i 3mila volontari di cui 87% donne. I numeri di una organizzazione che “mira a favorire il mercato equosolidale senza marginalizzazione né sfruttamento, e a proteggere e rispettare il nostro pianeta”

“Chi ci conosce, sa che la sostenibilità non è per noi un bel vestito ma bensì quello che c’è sotto il vestito”, ha proseguito, “un insieme di valori che hanno dato vita ad Altromercato e che da oltre 30 anni ci spronano a operare ogni giorno per attuare un piccolo cambiamento lungo le filiere produttive. Raccontare il risultato complessivo di questi piccoli cambiamenti, serve a dimostrare un modello economico realmente capace di cambiare l’economia lungo le filiere sia produttive che distributive”.

Concetti che ad Altromercato si declinano attraverso le tre parole con cui la Commissione europea sintetizza l’impegno sostenibile: Prosperity, People e Planet.

“Scegliamo di non parlare di profitto ma di Prosperity”, spiegano Franceschini e Calamaro, “che significa benessere condiviso: realizzare un commercio sostenibile che crea valore e lo distribuisce, portando un impatto positivo concreto per tutti gli attori della filiera, dal produttore al consumatore”.

Una perdita nella crescita

E con "Prosperity" ad Altromercato intendono anche “trasparenza nelle azioni commerciali, a partire da un compenso equo riconosciuto ai produttori e un prezzo trasparente spiegato con chiarezza al cliente finale”.

Trasparenza che significa esporre, per l’esercizio 2020/2021, ossia gli anni più colpiti da pandemia e lockdown, “una perdita di 779 mila euro, in linea con quanto previsto in sede di presentazione di budget – come necessità di investimenti iniziali per l’avvio del Piano Industriale stesso”. Il valore della produzione netta però, osservano fieramente, “è cresciuto del 13% rispetto al 2020 passando dai 30,245 milioni di euro dell’anno precedente ai 34,258 dell’ultimo anno sociale, andando ad impattare positivamente sull’acquisto ai produttori. Una crescita che ha interessato la gran parte dei canali di vendita, con risultati particolarmente positivi nel canale delle Botteghe Altromercato (gestite dalle cooperative socie) e dei partenariati industriali”.

"Prosperity" è anche “maggiore facilità di accesso al credito per le piccole realtà con limitate dimensioni commerciali”. Nel biennio in questione, fa notare Calamaro, “Altromercato ha accolto il 100% di richieste di prefinanziamento (pagamento anticipato su ordine di acquisto) erogando un valore pari a quasi 5,2 milioni di euro, a favore dei produttori nel Sud del mondo in incremento significativo rispetto all’anno precedente, in un anno delicato di tempesta perfetta come quello della pandemia”.

Se sulla voce “Planet” si gioca facile, essendo la produzione biologica per l’82%, il 36% produzione naturale o a lotta integrata, di cui il 30% in conversione verso biologico, ma anche l’efficienza energetica (100% green) e le scelte di packaging verso materiali riciclabili (differenziabile il 99% dell’imballaggio food), per “People”, Altromercato può rivendicare il fatto d'essere nata, come tutto il commercio equo, proprio per dare dignità alle persone: a quelle che dall’altro capo del mondo, appunto, coltivavano caffè o cacao o banane in condizioni disperate, con una remunerazione tragicamente bassa e senza le tutele minime. Un processo che si è cercato di invertire, coinvolgendo altre persone: i consumatori, facendo appello alla loro coscienza critica.

People per davvero

Dal Bilancio e dall’analisi della soddisfazione di questi specialissimi portatori di interesse che sono i produttori, emerge che “il 59% degli intervistati riporta migliori condizioni di vita, aumento del reddito e del tasso di impiego, grazie alle attività con Altromercato”, e “il 67% delle organizzazioni ritiene di dare lavoro a fasce deboli della popolazione arrivando a toccare punte dell’82% in Asia”. Non solo, il 67% delle organizzazioni riesce a offrire servizi sanitari e di salute, il 95% ha programmi di sicurezza sul lavoro e di coinvolgimento dei soci e lavoratori e di nuovo il 95% di queste coinvolge lavoratori nei processi decisionali sulle questioni che li riguardano direttamente. Progetti di formazione professionale coinvolgono poi i lavoratori del 69% delle aziende fornitrici e 82 produttori su 100 vantano progetti per l’empowerment femminile mentre il 58% offre loro ruoli di responsabilità.

Si tratta, nel 65% dei casi, di lavoratori appartenenti alle fasce deboli come “le donne in difficoltà – considerata la fascia più fragile socialmente – e nel caso dei produttori in Africa viene indicato il 100%”. Fatti che danno un senso ancor più concreto al marchio dei prodotti: Made in Dignity.

Anche il versante italiano della filiera espone, sulle differenze di genere, numeri incoraggianti: “Il 54% del personale di Altromercato è donna, le assunzioni nuove sono state per il 62% donne e vi sono agevolazioni per la maternità e la flessibilità nel lavoro. Le donne sono il 29% del consiglio di amministrazione e il 40% dei responsabili di area e unità”.

Per assicurare il consumatore finale della veridicità dei dati, vale a dire della bontà dei principi affermati, Altromercato sta approdando all’utilizzo della blockchain, il sistema digitale diffuso che consente la gestione autonoma e protetta dei dati.

Clienti, il contagio buono

E proprio sulla blockchain si basa proprio il "Progetto cacao" di Esselunga, cliente storico, intervenuta con Laura Bacchiega (a sinistra nella foto, ndr), category manager. Il gigante della grande distribuzione, anche grazie ad Altromercato, renderà sostenibile tutto il cacao venduto a marchio e prodotto sia direttamente, sia attraverso terzi.

E sempre grazie ad Altromercato, anche Loacker, noto marchio altoatesino di pasticceria/biscotteria, si approvvigiona di cacao in Costa d’Avorio e in Ecuador dalle cooperative del commercio equo, come ha spiegato Martina Postal (foto a destra, ndr).

Due testimonianze che dicono come il rapporto commerciale possa, nel tempo, creare un contagio positivo fra operatori, per cui anche le aziende clienti intraprendono scelte di responsabilità.


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