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Piano Minori: sono tutti «non accompagnati»?

Il Commissario Ferrandino ha messo a punto un piano con una governance istituzionale molto forte, centrata sul dovere di segnalazione e avvio di tutela per tutti i minori che non hanno un rappresentante legale valido per la legge italiana. L'obiettivo è dare garanzie ed evitare fenomeni di tratta. Ma che succede nelle more delle indagini sui legami familiari dichiarati? I bambini potrebbero essere separati dagli adulti e collocati in comunità? Così non aumentiamo il rischio che i minori restino invisibili?

di Sara De Carli

Qualunque minore che si trovi in Italia senza almeno un genitore, rientra nella definizione di minore straniero non accompagnato e va segnalato in Questura: è questo l’orientamento dei Tribunali per i Minorenni successivamente alla pubblicazione del «Piano minori stranieri non accompagnati» messo a punto dal ministero dell’Interno per la gestione di un dossier così delicato, per numeri e per tema, quale quello dei minori arrivati dall’Ucraina. «Non accompagnato» è considerato infatti qualsiasi minore «privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano». Sono cioè esplicitamente considerati non accompagnati anche tutti i bambini e i ragazzini che in Italia sono arrivati e stanno vivendo con la nonna, la zia ma anche l’operatore o il direttore dell’istituto che li accoglieva in Ucraina e che non possano dimostrare di esserne legalmente responsabili per la legge italiana: adulti che – ammette il Piano – «si prendono cura della loro assistenza» ma che «non sono riconosciuti formalmente come loro tutori secondo la legge italiana».

Il Piano a firma del Commissario delegato Francesca Ferrandino prevede quindi che tutti questi minori vengano segnalati («accompagnati in Questura» – non ai servizi sociali, l’entry point è la Questura o al più i Carabinieri se il comune non ha una Questura – è un «dovere» per «chiunque sia a conoscenza» della presenza sul territorio italiano di un minore non accompagnato «nel senso indicato sopra») e che per loro venga aperta una tutela e nominato un tutore dal tribunale per i minorenni. Il tutore potrà essere un tutore volontario (lo prevede la legge 47/2017) o un tutore istituzionale (di solito il Comune, come ente gestore dei servizi sociali): l’orientamento in linea di massima sembra essere quello di non nominare in prima battuta la persona con cui i bambini sono arrivati dall’Ucraina, sia perché si tratta verosimilmente di persone che non conoscono l’italiano e non saprebbero come muoversi per l’esercizio dei diritti dei minori, per esempio per le iscrizioni a scuola, sia perché i Tribunali hanno necessità di verificare il legame dichiarato con il minore, onde evitare che si verifichino casi di abusi e (ipotesi niente affatto remota) di tratta di minori. La scelta del tutore per legge spetta al giudice, che deve scegliere valutando nella specifica situazione cosa risponde al migliore interesse del minore. Ma quando viene effettuata questa verifica e con che tempi? È possibile che nel frattempo adulto e minore vengano separati, aggiungendo trauma a trauma? Il Piano infatti esclude l’affido consensuale – ai minori non accompagnati non è applicabile la procedura di «affidamento familiare diretto» da parte dei servizi sociali, non essendoci un tutore riconosciuto – ma parla di accoglienza assicurata dal Comune, eventualmente anche nel SAI, per gli under14 e di una prima accoglienza in strutture governative ad alta specializzazione per 30 giorni e poi nel SAI per i minori con più di 14 anni.

Tutto il Piano è evidentemente caratterizzato dalla scelta di una governance istituzionale molto forte, volta a bloccare possibili fenomeni di tratta o sparizione di minori e a ridimensionare la tentazione di singoli e associazioni, sull’onda dell’emotività, di “scavalcare” le istituzioni. È una necessità che abbiamo evidenziato anche noi, fin dall’inizio. Bene il censimento centrale nel SIM-Sistema Informativo Minori del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e male che molti Comuni ancora non lo alimentino. Ma alcune domande, leggendo il Piano, vengono. Se l’obiettivo è quello di dare garanzie a tutti i minori, siamo certi che questo iter sia il migliore per far emergere situazioni che ad oggi sono per la grandissima parte ignote al sistema, se è vero che i minori non accompagnati censiti sono circa 500 su 30mila e più minori entrati da 24 febbraio ad oggi? Non si rischia al contrario che le persone scelgano di rimanere nel limbo? Perché si dà alla Questura un ruolo che normalmente è dei servizi sociali? Perché non riconoscere tutele – è il caso in particolare dei direttori degli orfanotrofi o case-famiglia cui erano affidati i minori in Ucraina – che sono valide davanti alla legge ucraina?

Le due legislazioni sono differenti, il tutore ucraino non conosce il sistema italiano e quindi non può cogliere appieno le opportunità offerte al minore, c’è la necessità di garantire una tutela in tempi rapidi, il tutore nominato dall’Italia sarà un sostegno per la persona con cui il minore è arrivato e vive, senza conflittualità, assicura la presidente del Tribunale per i Minorenni di Brescia, Cristina Maggia. Chi ospita nonna e minori, ad esempio, si può presentare insieme a loro, al momento della segnalazione, e dare la propria disponibilità ad essere nominato tutore e certamente che se ne terrà conto, è buon senso. Come è buon senso dire che non ci saranno interruzioni delle relazioni, ma solo supporto, rassicura. C’è chi come la presidente Maggia a fronte di elenchi molto poveri di tutori volontari si è già attivato per raccogliere la disponibilità di avvocati specializzati in giustizia minorile per svolgere questo ruolo, trovando grande disponibilità. Ma chi assicura che tutto questo accadrà in tutti i territori, se la lettera del Piano Minori lascia spazio anche ad altre prassi operative?

«Deve certamente essere salutato con favore lo sforzo di dare linee guida all'accoglienza di bambini ucraini così da assicurare uguale livello di protezione su tutto il territorio nazionale. Proprio per la loro protezione, è importante che si ricordi l’obbligo di segnalazione della loro presenza nel nostro Paese e che ci siano un accurato censimento e monitoraggio. Apprezzabile è poi la sottolineatura, nel testo, che non tutti i minori ucraini che giungono sul nostro territorio privi di genitori sono minori stranieri non accompagnati: solo quelli privi di un rappresentante legale, cioè di qualcuno che dimostri di essere tale per la legge italiana», afferma la professoressa Joëlle Long, esperta di diritto minorile che per l’Università di Torino e del Piemonte orientale coordina un progetto di formazione e sostegno per i tutori volontari di minori stranieri non accompagnati. Qualche «dubbio e perplessità» rispetto al Piano lo nutre. «Il piano afferma che devono considerarsi minori stranieri non accompagnati quei minori che sono accompagnati da persone che non possano dimostrare di esserne i legali rappresentanti. Sarebbe stato auspicabile, proprio nell'intento di meglio proteggere i bambini e di evitare prassi difformi, dare indicazioni su quando ricorre la situazione di non poter dimostrare di essere rappresentante legale. La Convenzione dell’Aja del 1996 – che l'Ucraina e l'Italia hanno entrambe ratificato – all’articolo 43 prevede che “i documenti trasmessi o rilasciati in applicazione della Convenzione sono esentati dall’obbligo di legalizzazione o di ogni analoga formalità”. Da qui la non necessità di apostille, legalizzazioni etc. Dovrebbe bastare una comunicazione in una lingua veicolare, ad esempio l’inglese, dalle competenti autorità ucraine o una traduzione certificata del documento che conferisce la tutela. Richiedere formalità onerose rischia di accomunare nel gruppo dei minori stranieri non accompagnati anche minori in situazioni diverse, senza considerare la specificità di chi arriva sì in Italia senza i genitori ma non privo di assistenza e di rappresentanza legale. In particolare, privare i direttori degli istituti ucraini dei poteri tutelari, oltre a complicare i rapporti con l'Ucraina e rendere più difficile l'arrivo di altri minori, potrebbe anche portare a nascondere questi minori, con tutti i rischi che questo comporta».

Un sistematico non riconoscimento dei provvedimenti di tutela validi per la legge ucraina, insomma, sarebbe un rischio per i bambini stessi: l’invisibilità, con tutto ciò che ne consegue. Diverso il caso in cui i bambini siano stati affidati a nonne e parenti, fosse anche con uno scritto: qui non c’è una tutela, ma anche in questo caso – sottolinea Long, «sarebbe, a mio avviso, stato opportuno dare qualche indicazione in più, dicendo che nelle more della valutazione della prova della qualità di legale rappresentante dell’adulto di riferimento, l’allontanamento del minore dallo stesso dovrebbe avvenire solo se ci sono elementi per far ritenere il rischio di traffico di minori o comunque di un pregiudizio al minore dalla convivenza. E contemporaneamente ribadendo però che affidatari possono essere componenti della famiglia allargata del minore, altri conoscenti o famiglie affidatarie volontarie, ma che anche in questa situazione valgono le regole (e le garanzie!) previste per tutti i minori, prime tra tutte la valutazione dei presupposti (ad esempio l’idoneità degli affidatari) e il monitoraggio da parte delle competenti autorità giudiziarie e amministrative».

Insomma, ogni situazione è diversa – lo sa bene chi si occupa di minori – e come tale va trattata. Anche in emergenza.

In foto, i rifugiati dall'Ucraina arrivano alla stazione ferroviaria di Przemysl in Polonia. Foto di © Thomas Krych/Avalon/Sintesi


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