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Fondi sull’autismo, l’emendamento fa discutere

Con un emendamento alla legge di conversione sulla fine dello stato di emergenza per il Covid, si tenta di sbloccare i 60 milioni già stanziati per l'autismo. Hanau: «Si destinano la metà dei fondi all'assunzione di neuropsichiatri infantili: 400, per un anno. Ma quei professionisti devono già essere assunti perché previsti dai Lea»

di Carlo Hanau

È in discussione alla Commissione Affari sociali della Camera l’emendamento al comma 402 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 all’interno della conversione in Legge del DL 24/2022 “Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza ” e andrà in votazione nella prossima settimana.

Per quanto riguarda l’autismo, si cerca di sbloccare i 50 milioni di euro già destinati che vanno ad aggiungersi a quelli non ancora spesi, pari a circa 10 milioni.

La proposta attualmente in discussione prevede che la metà della somma di questi fondi finalizzati all’autismo (quini la metà di 60 milioni, pari a 30 milioni), siano dedicati all’assunzione di personale sanitario già previsto dalla legislazione vigente (Art.60 dei LEA del 2017). La cifra in questione coprirebbe le spese correnti per meno di 400 neuropsichiatri infantili, per un anno soltanto. Si tratta di una modalità impropria e inefficace per compensare le carenze del Fondo Sanitario Nazionale, che dovrebbe già coprire le spese per questi professionisti per far fronte alle esigenze dettate dai LEA.

A parte la difficoltà o l’impossibilità di trovare questi sanitari, questo intervento sarebbe soltanto momentaneo e non potrebbe certamente coprire le carenze enormi esistenti a fronte di 43.000 minori con autismo in età 6-14 in Italia (dati ISTAT). Se poi si considerano tutte le altre classi d’età, appare ancor più evidente che 30 milioni di euro sono una goccia nel mare.

Anche la destinazione del 15% dei 60 milioni per la ricerca di base, applicata, nonché su modelli clinico-organizzativi e le buone pratiche terapeutiche ed educative, da parte di enti di ricerca e strutture pubbliche e private accreditate del SSN è decisamente insufficiente per inserirsi con un minimo di autorevolezza nella ricerca internazionale. Si suggerisce di ampliare questa voce ed inserirla come contributo alla attivazione del Patto stabilito nel settembre 2021 tra Ministro della Salute italiano e omologo degli USA, dove lavorano attivamente i nostri ricercatori. Si potrebbero rinverdire i fasti del Decennio del Cervello di fine millennio con Dulbecco e Levi-Montalcini.

La formazione deve essere finanziata molto di più, per attivare corsi di laurea universitari triennali e magistrali e relativi albi professionali sanitari per Assistenti agli analisti del comportamento e per Analisti del Comportamento, in analogia a quelli di cui alla legge sulla LIS (lingua italiana dei segni) recentemente approvata https://www.facebook.com/APRI.ONLUS/posts/311867044384770. Occorre fare riferimento alle due mozioni recentemente approvate all’unanimità dalla Camera dei Deputati https://www.facebook.com/APRI.ONLUS/posts/288447346726740 che seguono le indicazioni delle due associazioni scientifiche degli analisti del comportamento italiani: AIAMC, accreditata secondo la legge Gelli-Bianco, AARBA, (unica società scientifica di Behavior Analysis in FISM) e della loro federazione denominata IACABAI – Italy Associate Chapter of ABA International. Alla formazione iniziale, inoltre, occorre aggiungere quella permanente, per cui alla formazione si devono destinare maggiori finanziamenti.

IACABAI ha partecipato ai lavori della comunità scientifica internazionale ABAI che ha deliberato i criteri per la formazione di questa specifica figura professionale (analista del comportamento) per il mondo intero. Formazione che secondo la comunità scientifica internazionale di riferimento deve essere esclusivamente accademica universitaria e fondata su programmi scientifici identici nel mondo. Escludiamo che possa essere attuata l’ipotesi ventilata negli emendamenti in oggetto, di affidare incomprensibilmente a enti privati la formazione di personale sanitario di tale alta specializzazione e tanto meno di limitare la residuale formazione universitaria a personale già assunto e in ruolo.

*Prof. Carlo Hanau, presidente A.P.R.I. OdV

Foto Unsplash


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