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Nei disegni la guerra vista con gli occhi dei più piccoli

Colori sbiaditi, narrativa interrotta, confini che scompaiono e città immerse negli abissi: le bambine e i bambini italiani e ucraini ci parlano di come percepiscono la violenza del conflitto in atto. Per la Giornata internazionale del disegno, che si celebra il 27 aprile, Sos Villaggi dei Bambini lancia l’appello: #NonLasciamoIlFoglioBianco. «Non conta la distanza per essere vittime di situazioni traumatiche», osserva lo psichiatra e psicoanalista Emanuele Caroppo

di Redazione

Lo scorso anno al centro dell’attenzione c’era la pandemia e come i bambini e le bambine portassero il proprio inconscio allo scoperto attraverso il disegno (ne avevamo scritto qui). Esattamente 12 mesi dopo c’è un’altra emergenza: la guerra. E come accaduto con la pandemia da Covid-19 l’eccesso delle immagini di tragedie rischia di generare, negli occhi di chi non ha tutti gli strumenti per comprendere ed elaborare la violenza, sentimenti di preoccupazione, ansia e paura.

Il 24 febbraio ha segnato un cambiamento soprattutto in quei bambini che hanno perso la loro casa, i giochi e i sogni ritrovandosi, all’improvviso, costretti ad allontanarsi dai loro padri e cercare un posto sicuro. Ma non solo. La guerra è anche negli occhi dei bambini che guardano da lontano ai quali arrivano immagini, foto e video di violenza e devastazione.
Il disegno è da sempre uno “strumento” attraverso il quale i bambini riescono a esprimere in maniera immediata e senza filtri le loro emozioni e i loro stati d’animo.

Tutto questo traspare dai disegni realizzati, in occasione della Giornata internazionale del disegno, dai bambini accolti da Sos Villaggi dei Bambini, che in questo periodo sta accogliendo nei Villaggi Sos in Europa le persone che scappano dalle zone di guerra.

Per Emanuele Caroppo, coordinatore del Comitato scientifico di Sos Villaggi dei Bambini e psichiatra e psicoanalista della Società psicoanalitica italiana e internazionale:«Non conta la distanza per essere vittime di situazioni traumatiche. Questo lo mettono ben in evidenza i disegni dei bambini.

«Confrontando i disegni fatti da bambine e bambini dell’Ucraina e quelli fatti dall’Italia, vediamo che in quelli italiani sicuramente l’impatto emotivo della guerra è più diluito, ma comunque lo si osserva. Vi è una difficoltà a trovare una trama narrativa nel disegno (l’immagine in apertura), qualche cosa si è interrotto. I colori sono presenti, ma non in una dimensione armonica: il foglio è come se fosse suddiviso in blocchi, uno contro l’altro».

«Nei disegni delle bambine e dei bambini ucraini, il foglio è utilizzato in modo più unitario, ma il contenuto risente della perdita di vitalità» continua Caroppo. «Sono tempi in cui il sapore e il cuore della vita si perdono. Non è un caso che troviamo questi disegni un po’ poveri di colore, viene disegnata solo una sagoma. Sono dei disegni immobili: una bicicletta ferma, un panda triste. Emergono quindi emozioni negative».


Il coordinatore del Comitato scientifico di Sos Villaggi dei Bambini prosegue nella sua analisi in cui trova segnali che potrebbero sfuggire come nel disegno (nell’immagine) realizzata da un/a bambino/a ucraino e osserva: «Un altro disegno mette in evidenza come i confini non riescono più a proteggere. Un vaso con dei fiori che escono non solo dal foro principale, ma anche attraverso i confini del vaso stesso. Il confine quindi non conta più, è un tratto di matita che può essere cancellato, proprio come una invasione di una nazione nei confronti di un’altra».

L’analisi prosegue con i disegni in basso: «Vediamo che alcuni elementi, anche fisici, servono per proteggere: caschi enormi di capelli, che appesantiscono la testa ma che contemporaneamente la proteggono; cuffie sulle orecchie, che invece di emettere canzoni sembrano impedire l’ascolto dei rumori bellici; città che non sono piantate sulla salda terra, ma che addirittura sono immerse negli abissi, mentre sulla terra c’è soltanto devastazione bellica: da una parte un carro armato, dall’altra un incrociatore di guerra».



«Interessante è il disegno di un/a bambino/a italiano/a che elabora una sorta di tifone, di tromba d’aria che sembra strappare i colori dall’ambiente circostante (immagine in basso). Una tromba d’aria con i colori dell’arlecchino e attorno un mondo che ha perduto le sfumature, gli odori, i sapori e la vita» continua Caroppo.


«È difficile in questo momento immaginare che le bambine e i bambini, indipendentemente dalla distanza dal fronte, non risentano dell’impatto della guerra. La cosa importante però è notare che, accanto a tutti questi elementi che abbiamo messo in evidenza, sono comunque presenti anche disegni di un sole che splende, delle nubi che si diradano, di un topolino allegro che ritrova un trancio di formaggio per poterlo mangiare, di un gelato sulla spiaggia d’estate.
Il dolore della guerra, l’inquietudine e l’angoscia del conflitto, ma anche la speranza di tornare a vedere brillare il sole riflesso anche nell’acqua del mare di una spiaggia, mentre si degusta un buon gelato.
È fondamentale» insiste lo psichiatra e psicoanalista «lasciare ai bambini la libertà di espressione, soprattutto attraverso il disegno che ci può aiutare a comprendere le loro emozioni, le loro paure e i loro sogni». L’invito di Caroppo è: #NonLasciamoIlFoglioBianco.


Gli ultimi due disegni (in basso) sembramo prefigurare sogni e speranze, come spiega Caroppo: «Questi due bambini ucraini fanno questi due disegni che sono un desiderio, hanno un’atmosfera onirica. Un arcobaleno di pace che sovrasta i firoi che tornano a sbocciare, dalla terra escono i fiori dopo che sono cadute le bombe. Nell’altro disegno prevalgono i colori della bandiera ucraina, blu e giallo. La cosa importante è che c’è colore, che è la matrice delle forme e che potrà tornare a rimettere in piedi la vita. Sembra quasi prestare i colori al quadro della mamma che da adulta individua un futuro di pace».


Tutti i disegni sono da Ufficio stampa